Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24596 del 22/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 22/11/2011), n.24596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11990/2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

Alessandro, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO Giuseppe Sante, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6497/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/11/2006 R.G.N. 7556/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Roma, P.G. chiedeva la condanna dell’Inps alla riliquidazione della pensione in godimento, chiedeva cioè che la pensione gli venisse calcolata sulla base di 2334 settimane lavorative contro le 2080 prese in riferimento dall’Inps e che venisse tenuto conto del mezzo punto di aumento percentuale a lui dovuto per ogni anno di lavoro in più oltre i 60 anni. Il Tribunale, in contraddittorio con l’Inps, accoglieva la domanda, condannando l’Istituto al pagamento di Euro 64,077 oltre accessori.

Su appello dell’Istituto, la locale Corte d’appello, all’esito di consulenza tecnica, confermava la statuizione di primo grado. La Corte territoriale premetteva che il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 3, prevede che, nei caso di permanenza in servizio oltre l’età pensionabile, la percentuale di commisurazione della pensione per ogni anno di anzianità contributiva acquisita per effetto dell’opzione esercitata ai sensi della L. n. 903 del 1977, art. 4 e del D.L. n. 791 del 1981, art. 6, convertito in L. n. 54 del 1982, è incrementata di un punto percentuale fino al compimento dei 60 anni per le donne e dei 65 anni per gli uomini. Soggiungeva la Corte che l’Inps aveva eccepito che, avendo il P. già raggiunto la massima anzianità contributiva, non aveva diritto alla maggiorazione. A fronte del gravame, non avendo l’Istituto depositato i conteggi richiesti, la Corte effettuava consulenza tecnica, la quale, non venendo contestata dalle parti, aveva accertato che l’Inps, oltre alle 2080 settimane già acquisite, nel liquidare la prestazione, non aveva tenuto conto delle 254 settimane lavorate dal P. in virtù della opzione esercitata; pertanto, avendo egli già raggiunto l’anzianità contributiva utile, si doveva tenere conto della maggiorazione della pensione dovuta ai sensi della L. n. 407 del 1990, art. 6, per la quale il CTU aveva accertato un credito dell’appellato ancora superiore rispetto a quanto richiesto e liquidato in primo grado.

Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con tre motivi, resiste il P. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disattesa la eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dal P. per non essere stata prodotta la consulenza tecnica, prescrivendo l’art. 369 cod. proc. civ., n. 4, la produzione, unitamente al ricorso, degli atti e documenti su cui il medesimo si fonda.

In primo luogo, infatti, la consulenza fa parte degli atti del fascicolo d’ufficio del giudizio in cui viene pronunciata la sentenza impugnata, di cui è onere del ricorrente chiedere la trasmissione, e quindi per essa non vale il disposto del citato art. 369, che prescrive il deposito solo di atti e documenti che non fanno parte del fascicolo d’ufficio (cfr. Cass. 4898/2010). In ogni caso il ricorso dell’Istituto non si fonda sugli accertamenti di cui alla consulenza tecnica.

Con il primo mezzo l’Inps denunzia violazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 3, perchè l’incremento dei punti percentuali di commisurazione della pensione stabilito da detta disposizione varrebbe solo per coloro che sono rimasti in servizio in forza dell’opzione esercitata ai sensi del D.L. n. 791 del 1981, art. 6, convertito in L. n. 54 del 1982, non già per il ricorrente, il quale, nel 1993, aveva già acquisito l’anzianità contributiva massima di 40 anni (2080 contributi settimanali complessivi) che quindi non poteva essere in alcun modo incrementata, poteva giovarsi solo del diritto ai supplementi di cui alla L. n. 407 del 1990, art. 6, comma 6.

Con il secondo motivo, denunziando violazione della L. n. 153 del 1969, art. 11, della L. n. 407 del 1990, art. 6 e del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, l’Inps insiste nel sostenere che il trattenimento in servizi non poteva determinare il calcolo della pensione oltre il limite massimo dei 40 anni di contribuzione, come desumibile dall’ari 11 legge 153/69; alla pensione “base” così determinata si doveva poi aggiungere la maggiorazione di cui alla L. n. 407 del 1970, art. 6, di importo pari al supplemento.

Con il terzo mezzo si censura la sentenza per difetto di motivazione, non avendo i Giudici d’appello espresso l’iter logico giuridico seguito per pervenire alla decisione.

Tutti e tre i motivi sono fondati.

1. Va premesso, ai sensi della L. n. 153 del 1969, art. 11, comma 2, che l’importo massimo, non superabile, della pensione si consegue con i 40 anni di contribuzione (cui corrisponde la percentuale dell’80% di commisurazione della pensione alla retribuzione).

L’ordinamento attribuisce ai lavoratori dipendenti che hanno compiuto l’età prescritta per la pensione di vecchiaia due distinte e diverse facoltà per incrementare l’anzianità assicurativa e contributiva, con conseguenti vantaggi sull’ammontare della pensione:

a) La prima è sancita dal D.L. n. 791 del 1981, art. 6, convertito in L. n. 54 del 1982, che è riservata (esclusivamente) a coloro che, pur avendo maturato il diritto a pensione, non la conseguirebbero però nella misura massima, perchè hanno una anzianità contributiva inferiore ai 40 anni; costoro possono esercitare l’opzione, cioè scegliere di rimanere in servizio per incrementare la provvista contributiva fino al raggiungimento appunto del limite massimo dei 40 anni (non oltre comunque i 65 anni di età). Il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 3, prevede che la anzianità contributiva acquisita a seguito di detta opzione si incrementa di un punto percentuale fino al compimento dei 65 anni per gli uomini, e “comunque fino al raggiungimento dell’anzianità contributiva massima utile”, ossia fino ai 40 anni;

b) L’altra facoltà di incremento della pensione è invece prevista dalla L. n. 407 del 1990, art. 6, che la riserva a coloro che hanno già conseguito l’anzianità massima utile dei 40 anni. Costoro, se scelgono di rimanere in servizio (fino ai 65 anni, dal momento che l’originario limite dei 62 è stato elevato a 65 dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 2) non possono aumentare la pensione base, avendo già raggiunto il limite insuperabile, ma per il periodo di trattenimento in servizio maturano solo una maggiorazione di importo pari ai supplementi di pensione, previsti dalla L. n. 155 del 1981, art. 7. Inoltre, anche in caso della opzione sub a), il lavoratore, dopo avere conseguito l’anzianità massima utile dei 40 anni, matura, per il periodo successivo, la medesima maggiorazione (cfr. del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 3, ultimo periodo).

2. Nella specie, il P., avendo già conseguito nel 1993, data del compimento dell’età pensionabile, i 40 anni di contribuzione (pari alle 2080 settimane) non aveva possibilità di incrementare la pensione con l’aggiunta dei punti percentuali avvalendosi dell’opzione sub a), perchè questa è riservata, come sopra precisato, a coloro che non hanno ancora raggiunto i 40 anni.

Nel periodo di continuazione dell’attività lavorativa, dal 1993 al 1995, la sua pensione non era , quindi passibile di aumento, con l’aggiunta di punti percentuali, ma per il medesimo periodo poteva solo ottenere la maggiorazione sub b), ossia la maggiorazione di importo pari ai supplementi.

3. La sentenza impugnata ha affermato che l’Inps non aveva tenuto conto delle 254 settimane di contribuzione, oltre le 2080 già conseguite. La pronuncia non è però chiara: in primo luogo non si comprende il conteggio, giacchè la prosecuzione del rapporto di lavoro dal dicembre 1993 al luglio 1985 è di 84 settimane, non di 254. In secondo luogo non si comprende se la maggiore anzianità contributiva di 254 settimane, riconosciuta oltre le 2080, sia stata calcolata ai fini della retribuzione pensionabile, così erroneamente superando il limite massimo dei 40 anni, oppure, come si doveva, sia stata calcolata ai fini della maggiorazione di cui alla L. n. 407 del 1970, art. 6, comma 6. E’ quindi fondato anche l’ultimo motivo di ricorso concernente il difetto di motivazione, giacchè i Giudici, affidandosi alla consulenza tecnica, hanno omesso di enunciare le regole di diritto seguite per pervenire alla decisione.

Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa nella medesima Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale deciderà la causa attenendosi al principio di diritto per cui il lavoratore che esercita l’opzione per il proseguimento dell’ attività lavorativa dopo avere compiuto l’età pensionabile, consegue gli aumenti della pensione di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 3, solo se, al compimento dell’età, non ha raggiunto l’anzianità contributiva massima di 40 anni di contribuzione; se invece la ha già raggiunta, può solo esercitare l’opzione di cui alla L. n. 407 del 1970, art. 6, con gli effetti di cui al comma 6 del medesimo articolo, e cioè non già l’aumento della pensione, ma la maturazione di supplementi.

Il Giudice del rinvio provvederà anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2011

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