Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7837 del 15/04/2020

Cassazione civile sez. un., 15/04/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 15/04/2020), n.7837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35135/2018 proposto da:

AZIENDA AGRICOLA S.A.S. DI C.C. e R.F., in

persona dei legali rappresentanti pro tempore R.F. e

C.P., che agiscono anche in proprio, elettivamente domiciliatisi

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dagli avvocati PIETRO RICCIO e ANGELO RICCIO;

– ricorrenti –

contro

REGIONE TOSCANA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliatosi in ROMA, PIAZZA BARBERINI, 12, presso lo studio

dell’avvocato MARCELLO CECCHETTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE VINCELLI;

– controricorrente –

e contro

PROVINCIA DI PRATO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 139/2018 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 03/08/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. ANGELINA MARIA PERRINO.

Fatto

RILEVATO

che:

– C.C. e R.F., in proprio e quali esercenti l’omonima azienda agricola, convennero in giudizio dinanzi al Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d’appello di Firenze la Regione Toscana e la Provincia di Prato per sentirle condannare al risarcimento dei danni patiti dai fondi di loro proprietà in dipendenza degli episodi di apertura delle casse di espansione di (OMISSIS) e di (OMISSIS) avvenuti il 25 dicembre 2009 e il 22-23 dicembre 2010, ritenendo configurabile un esproprio di fatto per le modalità di esercizio della servitù di allagamento;

– le convenute si costituirono, contestando ciascuna la propria legittimazione passiva ed eccependo il giudicato, in virtù delle sentenze di quello stesso Tribunale regionale nn. 9/99 (non definitiva) e 23/02 (definitiva), che avevano – tra l’altro – riconosciuto agli attori un risarcimento di oltre 250.000 Euro per la riduzione del valore del fondo conseguente ai possibili allagamenti passati ed anche futuri, derivanti appunto dall’utilizzo delle casse di espansione;

– il Tribunale regionale adito rigettò tutte le domande proposte, che classificò in tre gruppi, poichè escluse sia la presenza di un abuso nella gestione dell’allagamento delle casse, sia la configurabilità di un aggravamento di servitù riconducibile alla semplice maggior ricorrenza dell’esercizio delle facoltà che ne costituivano oggetto, sia la rilevanza dello scostamento delle previsioni poste a base della liquidazione dei danni nelle pregresse sentenze, ormai passate in giudicato;

– il Tribunale superiore delle acque pubbliche rigettò poi il successivo appello, e ricostruì la pretesa degli appellanti come volta a far valere le diminuzioni patrimoniali subite per i danni arrecati ai fondi da loro coltivati o detenuti o posseduti, dovute alle concrete modalità di esercizio delle servitù relative alle due casse di espansione (e concretantesi nei due allagamenti del 2009 e del 2010), dedotte come sensibilmente differenti, nel senso di una notevole maggior gravità, rispetto a quanto originariamente previsto dai progetti posti a base della realizzazione dei manufatti;

– ciò posto, confermò la decisione di primo grado, pur con un’integrazione relativa alle casse di (OMISSIS), giacchè sottolineò che la quantificazione preventiva e forfettaria dei danni futuri contenuta nelle sentenze passate in giudicato, in relazione alle casse di (OMISSIS), e nell’accordo volontario con la Regione, quanto a quelle di (OMISSIS), non fosse in alcun modo scalfita dalla eventuale inferiorità del danno previsto rispetto a quello effettivamente verificatosi, rientrando nell’alea normalmente insita in una valutazione prognostica e probabilistica quale quella necessitata in casi consimili, salvo il solo caso dell’aggravamento imprevedibile, che escluse;

– il TSAP escluse altresì l’abuso del diritto di allagamento, ritenendo pienamente legittimo l’operato degli enti gestori, nonchè l’aggravamento della servitù di allagamento, osservando che, da un lato, non di tutti i fondi gli appellati si professavano titolari di diritti reali e, d’altro lato, una maggiore o minore frequenza nell’esercizio delle facoltà concesse al titolare del diritto di servitù di per sè non rileva ai fini dell’aggravamento della servitù stessa;

– ritenne poi satisfattivo, quanto al dedotto esproprio di fatto, per i motivi esposti, l’indennizzo già corrisposto e indicò una sostanziale coincidenza tra le persone dei soci e la società agricola;

– contro questa sentenza C.C. e R.F. hanno proposto sia ricorso per cassazione, rigettato da queste sezioni unite con sentenza 11 gennaio 2019, n. 542, sia ricorso per revocazione, che il TSAP, con sentenza n. 139/18, ha dichiarato inammissibile escludendo che quelli proposti fossero errori di fatto revocatori;

– in particolare, il Tribunale superiore ha ritenuto che i ricorrenti in realtà abbiano contestato il giudizio formulato sugli atti di causa e le relative argomentazioni;

– contro questa sentenza C.C. e R.F., nelle indicate qualità, hanno proposto ricorso per ottenerne la cassazione, che hanno affidato a un unico motivo, cui la Regione Toscana replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in quanto, sostengono, benchè abbiano sia in primo, sia in secondo grado denunciato l’inadempimento del progetto idraulico del 13 marzo 1998 approvato dalla Regione Toscana, con riguardo alle modalità di esercizio e d’uso della cassa di espansione e della servitù di allagamento e in relazione al diritto al risarcimento dei danni alle colture danneggiate dall’apertura della cassa di espansione in base al suddetto progetto, nè il Tribunale regionale, nè quello superiore lo hanno considerato; sicchè la sentenza impugnata che, invece, ha escluso la sussistenza del vizio revocatorio sarebbe incorsa nella violazione della norma indicata;

– il ricorso è inammissibile in base alla stessa prospettazione che vi si offre;

– sono gli stessi ricorrenti ad affermare, e su quest’affermazione fondano il ricorso, che l’inadempimento del progetto idraulico faceva parte dei punti controversi;

– difatti si legge nella sentenza impugnata che il Tribunale superiore delle acque pubbliche, nell’esporre in modo articolato le conclusioni, e i motivi di appello, aveva riferito di quella doglianza proposta dai ricorrenti;

– e anche queste sezioni unite, con la sentenza n. 542/19, hanno puntualizzato che “Al punto 5.1. della sentenza qui impugnata il TSAP ricostruiva l’articolata pretesa degli appellanti come volta a far valere le diminuzioni patrimoniali subite per i danni arrecati ai fondi da loro coltivati o detenuti o posseduti, dovute alle concrete modalità di esercizio delle servitù relative alle due casse di espansione (e concretantesi in due allagamenti, del 2009 e del 2010), dedotte dagli appellanti come sensibilmente differenti, nel senso di una notevole maggior gravità, rispetto a quanto originariamente previsto dai progetti posti a base della realizzazione dei manufatti”;

– a fronte di questa censura, quindi, puntualmente percepita dal Tribunale superiore, la soluzione giuridica è stata resa facendo leva sul giudicato per un verso e sul contenuto dell’accordo raggiunto dalla Regione per l’altro;

– la questione ha allora costituito un punto controverso oggetto della decisione, sicchè la pronuncia del giudice non si configura come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (vedi, tra varie, Cass., sez. un., 2 novembre 2018, n. 28055; 26 luglio 2018, n. 15149 e anche 8 giugno 2018, n. 14929);

– le spese seguono la soccombenza nei confronti della parte costituita.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare le spese sostenute dalla parte costituita, che liquida in Euro 6000,00 per compensi, oltre a Euro 200,00 per esborsi e al 15% a titolo di spese forfetarie.

Sussistono i presupposti processuali previsti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2020

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