Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7693 del 06/04/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/04/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 06/04/2020), n.7693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22006-2012 proposto. da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FADE DI F.E. & C SNC, F.E., A.M.;

– intimati –

Nonchè da:

FADE DI F.E. & C SNC, F.E., A.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA A. PAPA 21, presso lo studio

dell’avvocato LUCA GIORDANO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MAURIZIO LASCIOLI;

– ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, F.E., A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 31/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 16/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/12/2019 dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK.

Fatto

RILEVATO

che:

– l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, depositata il 16 febbraio 2012, di accoglimento dell’appello proposto da Fa.De. & c. snc Di F.E. e A.M. (di seguito, la contribuente o la società) avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso dei contribuenti per l’annullamento degli avvisi di accertamento relativi all’anno di imposta 2003 per Iva, Irpeg e Irap;

– la CTR ha dichiarato la nullità degli avvisi di accertamento, compensando le spese;

– dall’esame della sentenza di appello si evince che l’Ufficio aveva rettificato il reddito d’impresa e recuperato a tassazione i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti della società e, per trasparenza, dei soci, in relazione ad acquisti di autovetture dalle società Automobil Srl e Auroconf;

– ad avviso della CTR, la motivazione dell’avviso di accertamento era carente in quanto l’ufficio aveva elevato gli accertamenti solo sulla base di un PVC delle dogane di Trento e sulla segnalazione dell’ufficio di (OMISSIS), senza compiere “ispezioni e verifiche, acquisito verbali e questionari per suffragare le presunzioni e le omissioni o dichiarazioni inesatte”;

– inoltre, l’agenzia non aveva evidenziato le ragioni per cui gli acquisti di autovetture sarebbero frutto di operazioni soggettivamente inesistenti, trascurando la correttezza della documentazione prodotta dalla contribuente dalla quale risultava che le vetture erano state acquistate e rivendute con margini diversi a seconda della tipologia ed erano state annotate nelle scritture contabili;

– la società non era stata implicata nell’indagine penale che aveva coinvolto le cartiere e non vi era prova di una frode carosello nè era dimostrato un collegamento societario o di interessi della contribuente con le società venditrici o un vantaggio economico diverso da quello della vendita a prezzi maggiorati;

– l’ufficio non aveva fornito la prova dell’inesistenza delle operazioni, sicchè, non essendo stati sottoposti a procedimento o indagati, era credibile la buona fede;

– il ricorso è affidato a quattro motivi;

– la contribuente si è costituita con controricorso e ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso l’agenzia denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, per aver la CTR ritenuto insufficiente a sostenere la rettifica il PVC emesso dalla direzione generale delle dogane, richiamato per relationem nell’avviso di accertamento, atteso che legittimamente l’ufficio aveva utilizzato gli elementi acquisiti nell’ambito delle procedure riguardanti Automobil srl e Autoconf srl;

– osserva che nessuna norma impone all’ufficio di compiere controlli diretti sui contribuenti, qualora gli elementi delle false dichiarazioni emergano da controlli su terzi;

– sussisteva il vizio di motivazione denunciato in quanto nell’avviso di accertamento erano indicati i presupposti di fatto sufficienti per l’adozione del metodo accertativo impiegato;

– il motivo è infondato;

– nessuna violazione di legge è riscontrabile, in quanto la CTR ha fatto corretta interpretazione delle norme che regolano la motivazione degli avvisi di accertamento e ha ritenuto che fosse carente la motivazione quanto al coinvolgimento della contribuente negli illeciti posti in essere dalle “cartiere” Automobil srl e Autoconf srl;

– la CTR, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, non ha contestato la validità della motivazione per relationem, ma ha ritenuto che gli elementi acquisiti a carico delle “cartiere”, riportati nell’avviso di accertamento, non erano sufficienti a provare il coinvolgimento della contribuente, indicando gli elementi, nei termini soprariportati, che suffragavano questo convincimento;

– la CTR ha reso, quindi, un giudizio di fatto, non censurabile in questa sede.

– Con il secondo motivo di ricorso, l’agenzia denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17,19 e 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”;

– evidenzia che il giudice di appello, nel ritenere che l’ufficio non aveva provato il coinvolgimento della società nella cd. frode carosello, si era posto in contrasto con la giurisprudenza di legittimità in tema di ripartizione dell’onere probatorio, secondo cui, in materia di operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, in presenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, incombe al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni e della propria buona fede;

– nella specie, venendo in rilievo operazioni soggettivamente inesistenti, la contribuente non aveva fornito la prova rigorosa di essere entrata in contatto con un soggetto esistente ed aveva prodotto documenti privi di valore probatorio, laddove nel PVC era stata fornita la prova che Automobil Srl e Auroconf Srl erano mere cartiere. – con il terzo motivo di ricorso, l’agenzia denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, sul rilievo che spettava al contribuente e non all’ufficio dimostrare la prova dell’effettiva esistenza dell’operazione commerciale.

– con il quarto motivo di ricorso, l’agenzia denuncia “omessa motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”, non avendo la CTR spiegato in base a quali elementi, e per quali motivi, avesse ritenuto che le fatture erano state emesse a fronte di operazioni, oggettivamente o soggettivamente, vere, in contrasto con le risultanze del PVC e con la specifica dichiarazione dell’amministratore di fatto di Automobil Srl, in esso contenuta, secondo cui la società agiva come mera cartiera;

– i motivi, che per la loro intima connessione, concernendo il tema delle fatture soggettivamente inesistenti, possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati;

– infatti, pur deducendo plurime violazioni di legge, le censure dell’agenzia in realtà attaccano il merito della motivazione della CTR che ha applicato correttamente i principi sull’onere probatorio e le cui valutazioni si pongono in linea con l’orientamento di legittimità secondo cui:

– “In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili” (Sez. 5, Sentenza n. 428 del 14/01/2015, Rv. 634233 – 01);

– è superfluo precisare, trattandosi di principi generali in tema di prova, che la prova dell’inesistenza delle operazioni può ben consistere in presunzioni semplici, poichè la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. n. 9108 del 2012, cit.);

– pertanto, nel caso in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, cioè sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno o siano intercorse tra soggetti che non siano le genuine controparti, e quindi contesti l’indebita detrazione dell’IVA e/o deduzione dei costi, ha l’onere di fornire elementi probatori del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata (ad esempio, provando che la società emittente la fattura è una “cartiera”, quali ad es. la mancanza di sede, la mancanza di iscrizione, l’omesso versamento delle imposte) o è stata emessa da chi non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, e a quel punto passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate;

– in relazione al tema delle fatture per operazioni (solo) soggettivamente inesistenti, sorge, tuttavia, l’esigenza della tutela della buona fede del contribuente, anche in applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (cfr. sentenze 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C- 439/04 e C- 440/04; 21 giugno 2012, Mahagè ben e David, C- 80/11 e C- 142/11; 6 settembre 2012, Toth, C324/11; 6 dicembre 2012, Bonik, C- 285/11; 31 gennaio 2013, Stroy Trans, C642/11);

– in applicazione della citata giurisprudenza, questa Corte ha avuto occasione recentemente di affermare che “in tema di Iva, l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta”;

– “la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente”;

– “incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi”.

– nella specie, la CTR ha ritenuto che non vi era la prova che “la Fa.De. non potesse essere in buona fede” e che “non era dimostrabile un collegamento societario o di interessi tra i soci e amministratori della Fa.De. snc” con i titolari delle cartiere o che abbia tratto un vantaggio diverso dalla vendita a prezzi maggiorati;

– il giudice d’appello, dunque, si è attenuto ai principi sopra esposti poichè ha ritenuto non dimostrato che l’operazione posta in essere dalla contribuente si inseriva in una evasione dell’imposta, ed ha ritenuto insufficiente a tale fine la sola prova che i venditori (Automobil Srl e Auroconf Srl) fossero cartiere.

– Con il ricorso incidentale la società deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1 e dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per aver la CTR compensato le spese del giudizio per giusti motivi e non già, come previsto dalla norma, per gravi ed eccezionali ragioni;

– il motivo è infondato avendo la CTR esplicitato in motivazione la ragioni, non illogiche nè erronee, della propria statuizione, collegata alla “complessità della materia trattata”;

In conclusione i ricorsi devono essere respinti; la reciproca soccombenza induce a compensare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso principale e quello incidentale; spese compensate.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2020

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