Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22077 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/10/2011, (ud. 17/06/2011, dep. 25/10/2011), n.22077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10062-2010 proposto da:

G.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA VENEZIA 11, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

GRIGOLETTO, rappresentato e difeso dall’avvocato SELLA ANTONIO

DOMENICO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato

MANZI ANDREA, rappresentato e difeso dagli avvocati LEONI ANDREA,

CONTI STEFANO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1664/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

4/05/09, depositata il 09/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato Manzi Federica (delega avvocato Manzi Andrea),

difensore del controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso per tardività.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Consigliere designato all’esame preliminare ha avviato il ricorso alla trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c. per le ragioni svolte nella relazione che qui di seguito si riporta:

“1) S.A. con atto in data 23.3.05 conveniva avanti al Tribunale di Verona G.G. e premesso che questi si era rifiutato di stipulare il contratto definitivo del terreno sito in (OMISSIS) f. 27 mapp. 9, da lui premesso in vendita, chiedeva al giudice adito la pronuncia ex art. 2932 c.c. e la condanna del G. al risarcimento dei danni subiti. Il convenuto costituendosi contestava la domanda sostenendo che inadempiente era invece l’attore che si era rifiutato di stipulare il definitivo senza giustificato motivo. L’adito giudice, dopo aver assunta la prova per testi, rimetteva con ordinanza la causa su ruolo per acquisire dalla P.A. ex art. 231 c.p.c. il certificato di destinazione urbanistica del terreno CDU), avendo il convenuto sollevato la relativa eccezione L. n. 47 del 1985, ex art. 18 solo in sede di comparsa conclusionale.

Il tribunale quindi, con sentenza 27-28.5.04 accoglieva la domanda attrice, sobordinandola al pagamento del relativo residuo prezzo al convenuto. La sentenza veniva confermata in sede d’impugnazione, anche dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza n. 1664/09, depositata in data 9.10.2009. Ricorre per la cassazione delle predetta decisione il G., sulla base di due mezzi; resiste con controricorso il S..

2 – Con primo motivo del ricorso l’esponente denunzia la nullità della sentenza o del procedimento. Lamenta che il certificato di destinazione urbanistica non era stato prodotto tempestivamente nel corso del giudizio, in cui si chiedeva la pronuncia ex art. 2932 c.c., ma soltanto dopo lo spirar del termine per la produzione di documenti, essendo maturate le preclusioni di cui agli artt. 183, 184 e 184 bis c.p.c..

La doglianza non sembra condivisibile. Invero la mancata produzione del CDU comporta L. 28 febbraio 1985, n. 47, ex art. 18 la nullità degli atti tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento di immobili e deve essere allegato per la conclusione del contratto definitivo o in sede di richiesta giudiziale della di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo (Cass. n. 13221 del 6.6.2006). Dalla specifica normativa relativa al certificato di destinazione urbanistica consegue il carattere assoluto di tale nullità e, quindi, la rilevabilità d’ufficio e la sua deducibilità da chiunque vi abbia interesse (Cass. Sez. 2, n. 4811 del 02/04/2001). Invero la rilevabilità d’ufficio dell’intrasferibilità del bene per difetto di tale specifico presupposto (che non è un fatto costitutivo della pretesa azionata), giustifica la sua acquisizione, anche officiosa, in forza dei poteri del giudice di cui all’art. 213 c.p.c. e si sottrae al principio dispositivo proprio del processo civile.

“Con il 2^ motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1385 c.c.); deduce l’esponente che il promissario acquirente non ha pagato il saldo del prezzo convenuto nel giorno stabilito per la stipula del definitivo, di talchè egli era inadempiente, ciò che legittimerebbe il S. ad esercitare il diritto di recesso con incameramento della caparra ex art. 1385 c.c.. Anche tale doglianza sembra priva di pregio. Invero la corte territoriale (peraltro con motivazione esaustiva e priva di vizi) ha correttamente interpretato le emergenze istruttorie, ritenendo giustificato il rifiuto ad adempiere dell’attore che aveva fatto tutto il possìbile per adempiere l’obbligazione di pagamento del prezzo, ed ottenere il trasferimento della proprietà dei terreni”.

Rileva il Collegio in premessa che il ricorso per cassazione è stato tempestivamente proposto, in quanto – come rilevato dallo stesso ricorrente – il termine per proporre il ricorso atteso che la sentenza era stata notificata in data 2.2.2010, scadeva sabato 3.4.2010, per cui, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., commi 4 e 5, slittava al 6.4.2002, in quanto i gg. 4 e 5 aprile erano giorni festivi (pasqua e lunedì dell’Angelo). Ciò premesso ritiene il Collegio di condividere le conclusioni cui è pervenuto il relatore, sebbene le ragioni della decisione necessitano di qualche puntualizzazione anche in considerazione della memoria di parte, che peraltro non apporta utili argomenti in senso contrario. Si reputa cioè di sottolineare come la mancata produzione del CDU non costituisca un presupposto della domanda, bensì una condizione dell’azione, che può intervenire anche in corso di causa e sino al momento della decisione della lite, come del resto statuito da questa S.C. con costante giurisprudenza, per cui “la carenza del relativo documento è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con l’ulteriore conseguenza che sia l’allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono quindi avvenire anche nel corso de giudizio di appello, purchè prima della relativa decisione”. (Cass. Sez. U, n. 23825 del 11/11/2009).

Si ritiene pertanto di rigettare il ricorso, ponendo le spese processuali a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 3.400,00, di cui Euro 3.200,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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