Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21463 del 17/10/2011
Cassazione civile sez. I, 17/10/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 17/10/2011), n.21463
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.M.A., + ALTRI OMESSI
con
domicilio eletto in Roma, Via Andrea Doria n. 48, presso l’Avv.
ABBATE Ferdinando Emilio, che li rappresenta e difende come da
procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma rep. n.
3605 depositato il 15 giugno 2009;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
giorno 30 settembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio
Zanichelli;
sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;
Udito l’Avv. Daniele Roda per delega dell’Avv. Abbate.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Le parti in epigrafe ricorrono per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello che, liquidando Euro 7.000,00 per ciascuno per anni sette di ritardo, ha accolto parzialmente il loro ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR del Lazio dal giugno 1995 al giorno 11.11.1998 e avanti al Consiglio di Stato dal 25.1.1999 al 22.1.2007.
L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.
Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 1173 c.c., per avere il giudice del merito liquidato gli interessi a far tempo dalla data della pronuncia e non da quella della domanda.
La censura è fondata in quanto è principio già affermato dalla Corte quello secondo cui “Atteso il carattere indennitario dell’obbligazione nascente dall’accoglimento della domanda di danni conseguenti alla irragionevole durata del processo (ex L. n. 89 del 2001) gli interessi legali sulla somma liquidata decorrono dalla data della domanda di equa riparazione, stante la regola che gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il carattere di incertezza e di liquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria” (Cassazione civile, sez. 1^, 17 giugno 2009, n. 14072).
Il secondo motivo con il quale su censura la liquidazione delle spese è assorbito, dovendosi procedere a nuova liquidazione sul punto.
Il ricorso deve dunque essere accolto e cassato il decreto impugnato.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito e pertanto determinata la data di decorrenza degli interessi da quella della presentazione della domanda.
Le spese della fase di merito seguono la soccombenza, tenuto conto del principio enunciato in tema di abuso del processo (Cass. civ., 3 maggio 2010, n. 10634). Quelle del giudizio di legittimità possono essere compensate per due terzi in considerazione dell’oggetto del ricorso.
PQM
la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, determina dalla domanda la data di decorrenza degli interessi sulla somma liquidata; condanna l’Amministrazione alla rifusione delle spese dei giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 3.651,00 di cui Euro 1.321,00 per diritti e Euro 2.280,010 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge e di un terzo di quelle della fase di legittimità che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 600,00 di cui Euro 500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, compensato il residuo; spese di entrambi i gradi distratte in favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2011