Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21395 del 17/10/2011

Cassazione civile sez. I, 17/10/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 17/10/2011), n.21395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19493/2007 proposto da:

CO.GE.DI.R. DI AGOSTINO CIOTOLI S.N.C. (c.f./p.i. (OMISSIS)), in

persona del socio pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI 109, presso l’avvocato GAGLIARDO SALVATORE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ZAPPALA’ Francesco Maria, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO N. (OMISSIS) DI AURORA S.R.L., in persona del Curatore

Avv.

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

BERTOLONI 14, presso l’avvocato TERRANOVA Antonella, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3806/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/09/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato TERRANOVA che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Curatela del Fallimento Aurora s.r.l. agiva nei confronti della s.n.c. Cogedir, per la revoca l. Fall., ex art. 67, comma 2, del contratto di cessione immobiliare dell’11/7/1994, per atto notaio Spingacci.

Il Tribunale accoglieva la domanda.

L’appello proposto dalla Cogedir veniva respinto dalla Corte d’appello, con sentenza dell’11/9/2006, che riteneva la sussistenza della scientia decoctionis, atteso che l’atto di cessione,avente ad oggetto un intero complesso immobiliare per civili abitazioni, non interamente completato, per come attuato, denunciava di per sè la grave situazione di sofferenza patrimoniale della Aurora, che alienava il complesso immobiliare non potuto terminare, il cui prezzo, per larga parte, era costituito da accolli da parte della Cogedir di debiti della cedente Aurora verso le banche; inoltre, dal bilancio di verifica di quattro giorni successivo all’atto di cui si discute, risultava a carico della Aurora lo sbilancio negativo di oltre L. 5 miliardi, situazione questa che, a prescindere dalla redazione da parte di organi succedutisi nella gestione della cessionaria, costituiva un fatto obiettivamente negativo, conseguente ad andamento certamente risalente, noto al socio amministratore della Cogedir D.P.A., già amministratore e quotista della Aurora.

Ricorre Cogedir con unico articolato motivo.

Il Fallimento ha depositato controricorso, nonchè la memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con l’unico motivo di ricorso, la s.n.c. Cogedir denuncia violazione, omessa e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza gravata, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, censurando la ritenuta sussistenza ex lege dello stato di insolvenza e la motivazione tautologica della corte del merito, in relazione alla scientia decoctionis, avulsa da ogni elemento di fatto o concettuale, basata sulla considerazione degli accolli da parte della Cogedir, che si riferiscono a contratti di mutuo, come è prassi normale, e del tutto irragionevolmente sul bilancio di verifica successivo all’atto, e sull’asserita, ma indimostrata, coincidenza di funzioni amministrative o assetti proprietari tra le due società.

2.1.- Il ricorso deve ritenersi inammissibile.

Ed invero, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto, con decorrenza dal 2/3/2006 dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5), allorchè il ricorrente denunzi la sentenza impugnata per i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, che, come ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte, “deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa o affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame” (così la sentenza delle sezioni unite, n. 20360 del 2007, e in senso conforme, la successiva ordinanza n. 2658 del 2008 e la sentenza resa a sezione semplice, n. 20360 del 2007).

Quanto alla denuncia del vizio di motivazione, la norma processuale richiede, sempre a pena di inammissibilità,che l’illustrazione del motivo deve contenere “la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”: la giurisprudenza di questa Corte, come tra le ultime ribadito nella pronuncia 27680/2009, ha affermato che “ciò importa che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603)… non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata”.

Ebbene, nel caso di specie è di palese evidenza la carenza del quesito di diritto e del momento di sintesi, essendosi limitato il ricorrente ad una mera espositiva di censure, ora prospettate come violazione di legge, ora come vizio di motivazione, all’interno dell’unico motivo fatto valere.

Le spese di lite del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la società ricorrente a rifondere al Fallimento Aurora s.r.l. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per spese; oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2011

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