Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19538 del 23/09/2011
Cassazione civile sez. trib., 23/09/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 23/09/2011), n.19538
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,
nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi,12 e domiciliata;
– ricorrente –
contro
C.R. residente a (OMISSIS), rappresentato e difeso,
giusta delega a margine del controricorso, dagli Avv.ti DE CAPOA
Antonio ed Antonio Fusillo, elettivamente domiciliato nello studio
del secondo, in Roma, Via Marcello Prestinari, 15;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 147/17/2005 della Commissione Tributaria
Regionale di Bologna – Sezione n. 17, in data 24/11/2005, depositata
il 12 gennaio 2006.
Udita la relazione della causa svolta all’udienza del 09 giugno 2011
dal Relatore dott. Antonino Di Blasi;
Sentito l’Avv. Alessandro Maddalo, dell’Avvocatura Generale dello
Stato, per l’Agenzia Entrate;
Sentito, pure, per il controricorrente, l’Avv. Enrico Dante, delegato
del difensore;
Presente il P.M., Dr. LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto
del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La contribuente impugnava in sede giurisdizionale il silenzio rifiuto formatosi sulla domanda di rimborso, relativa all’IRAP, relativa agli anni dal 1998 al 2001. L’adita CTP di Bologna, accoglieva il ricorso, e la CTR, pronunciando sull’appello dell’Agenzia Entrate, lo rigettava, confermando la decisione di prime cure, e riconoscendo il diritto al rimborso dell’imposta. Con ricorso notificato il 27-02/05 marzo 2007, l’Agenzia Entrate ha chiesto la cassazione della decisione di appello.
L’intimato, giusto “controricorso incidentale”, ha chiesto il rigetto dell’impugnazione e, contestualmente, ha chiesto la riforma dell’impugnata sentenza, in punto spese del giudizio.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso, censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 4 ed 8, artt. 2 e 3 del medesimo decreto sotto altro profilo, nonchè per insufficiente motivazione su punto controverso e decisivo.
Trattasi di doglianze infondate, sia in base a quanto enunciato dalla Corte di Cassazione in pregresse condivise pronunce, nelle quali si è affermato il principio secondo cui “a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate” (Cass. n. 3680/2007, 3678/2007, n. 3676/2007, n. 3672/2007), sia pure rifacendosi al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui ricorre il vizio di motivazione della sentenza, “denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006), ovvero, rinvii alla motivazione di altra decisione, senza effettuare una autonoma e critica valutazione (Cass. n. 1539/2003, n. 985/2000, n. 10690/1999).
Nel caso, la decisione impugnata appare in linea con il richiamato orientamento giurisprudenziale, essendo pervenuta alle rassegnate conclusioni, sulla base di una concreta verifica e valutazione degli elementi indice indicati dalle richiamate pronunce (“svolge l’attività da solo”), e d’altronde, data la correttezza logico formale della motivazione, le doglianze non risultano specifiche e conferenti, non essendo, peraltro, indicati ulteriori elementi pretermessi, in ipotesi idonei a giustificare una diversa decisione.
L’unica doglianza, prospettata con il ricorso incidentale, va dichiarata inammissibile, in quanto assolutamente generica, non essendo esplicitate le ragioni poste a base della richiesta di riforma dell’impugnata sentenza, in ordine alle spese.
Conclusivamente, entrambe le impugnazioni, previa riunione, vanno rigettate.
Le spese del giudizio, avuto riguardo all’esito ed all’epoca del consolidarsi degli applicati principi, vanno compensate.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi; compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011