Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19348 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. I, 22/09/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 22/09/2011), n.19348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI FERMO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 58, presso

l’avvocato MEDUGNO LUIGI, rappresentato e difeso dall’avvocato

CALZOLAIO ANDREA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.R.;

– intimata –

sul ricorso 30818-2005 proposto da:

M.G. (C.F. (OMISSIS)) vedova I.,

I.F., I.C., nella qualità di eredi di

I.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BENACO 5,

presso l’avvocato MORABITO MARIA CHIARA, rappresentati e difesi dagli

avvocati OLIVIERI LUCIO e PROPERZI PATRIZIA, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI FERMO I.M., G.M., I.

L., I.R.;

– intimati –

sul ricorso 3211-2006 proposto da:

COMUNE DI FERMO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 58, presso l’avvocato MEDUGNO LUIGI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CALZOLAIO ANDREA, giusta procura

in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

M.G. (C.F. (OMISSIS)) vedova I.,

I.F., I.C., nella qualità di eredi di

I.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BENACO 5,

presso l’avvocato MORABITO MARIA CHIARA, rappresentati e difesi dagli

avvocati OLIVIERI LUCIO e PROPERZI PATRIZIA, giusta procura a margine

del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

contro

G.M., I.L., I.M., I.

R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 555/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 19/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato CALZOLAIO che ha chiesto

l’accoglimento dei propri ricorsi, rigetto del controricorso;

udito, per i ricorrenti M. + altri, l’Avvocato GROSSI CARLA,

per delega, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi e accoglimento dei

proprio ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

M. ed altri, limitatamente al primo motivo, inammissibilità

del secondo e assorbimento del terzo; inammissibilità del ricorso

del Comune e assorbito il secondo ricorso del Comune.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione notificato il 29.10.1982, i signori I. V. e I.I., quest’ultimo anche quale procuratore di I.R., chiesero la determinazione dell’indennità di esproprio relativamente a terreni di loro proprietà, situati in località (OMISSIS), assoggettati a procedura espropriativa da parte del Comune di Fermo. La sentenza della Corte d’Appello di Ancona, depositata l’8.6.1987, con cui l’indennità di esproprio era determinata in L. 825.720.000, fu impugnata dal Comune di Fermo, per questioni sostanzialmente attinenti all’edificabilità dei terreni e alla rivalutazione dell’indennità.

2. La Corte di Cassazione, con sentenza 29.11.1989 n. 5215, cassò la pronuncia di merito, rinviando, per un nuovo giudizio, alla Corte d’appello di Bologna.

3. La sentenza pronunciata il 16.2.1995 all’esito del giudizio di rinvio applicò il nuovo criterio di cui alla L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis e sulla base di una nuova consulenza rideterminò l’indennità di espropriazione in L. 953.459.990, e dichiarò il Comune tenuto al risarcimento del danno per il ritardo nella misura del 10% annuo dal 19.7.1983 al saldo.

4. La sentenza fu cassata da questa corte con la sentenza 19 gennaio 1999 n. 465. Con essa fu respinto il ricorso incidentale dei proprietari, che verteva sulla concreta individuazione di un indice di edificabilità da applicare a tutto il compendio espropriato, e accolto il primo, il terzo e, per quanto di ragione, il quarto motivo del ricorso proposto dal Comune di Fermo, che denunciava la reformatio in pejus a suo danno.

5. Riassunta la causa in contraddittorio tra tutte le parti dei gradi precedenti, la corte di Bologna, con sentenza 19 maggio 2005, ha determinato il valore venale dell’area espropriata in 92.865.192 con riguardo alla porzione inedificabile, e in L. 148.860.000, ridotta a L. 74.609.556 in applicazione del criterio previsto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, con riguardo alla porzione edificabile, basandosi sul valore di L. 60.000 al mq accertato dalla corte anconetana. Sull’importo totale di 167.474.748, diminuito della somma di L. 113.289.200 già a disposizione dal 19 luglio 1983, la corte ha riconosciuto un danno da ritardata corresponsione pari al 10% fino alla data di pubblicazione della sentenza di Ancona 8 giugno 1987, che attribuendo agli espropriati assai più di quanto loro spettante aveva fatto venir meno la causa di quel danno. La corte ha attribuito in conclusione al Comune di Fermo la restituzione di quanto da esso corrisposto ad ogni titolo in più di quanto dovuto, con gli interessi legali dal giorno del versamento, condannando peraltro solo gli eredi di I.V. e di I.I. al relativo pagamento in proporzione delle rispettive quote ereditarie.

6. Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorre il Comune di Fermo con atto notificato il 25 novembre 2005 a I.R., per un unico motivo. La parte intimata non ha svolto difese.

Ricorrono altresì gli eredi di I.V. con atto notificato il 9 dicembre 2005 al Comune di Fermo, per tre motivi. Il Comune di Fermo resiste con controricorso e ricorso incidentale per due motivi, notificato il 21 gennaio 2006 anche agli eredi di I.I..

Al ricorso incidentale resistono M.G., C. e I.F. con controricorso notificato il 25 febbraio.

Sia il comune e sia M.G., C. e I. F. hanno depositato memorie.

I ricorsi proposti contro la medesima sentenza devono essere riuniti.

7. Il ricorso principale proposto dal Comune di Fermo, con il quale si censura l’omessa pronuncia sulla domanda, che era estesa non solo agli eredi di V. e di I.I., ma anche a I.R., che aveva partecipato al giudizio in tutti i precedenti gradi e anche in quello di rinvio in cui è stata pronunciata la sentenza impugnata, è fondato e comporta la cassazione sul punto della sentenza medesima. L’omessa pronuncia di condanna di una parte, ancorchè del tutto ingiustificata dalla motivazione del provvedimento, costituisce, infatti, un vizio di legittimità della sentenza, suscettibile del rimedio impugnatorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., e non è qualificabile in termini di errore materiale, correggibile senza limiti di tempo (cfr. Cass. 8 luglio 2010 n. 17152).

8. Il ricorso incidentale proposto dal Comune di Fermo, già in precedenza autore di ricorso in via principale nei confronti di I.R., è inammissibile, secondo il costante insegnamento di questa corte, per il quale la consumazione del diritto d’impugnazione, a seguito della proposizione di ricorso principale per cassazione, osta a che la stessa parte, ricevuta la notificazione del ricorso di altro contendente, possa introdurre nuovi e diversi motivi di censura con un successivo ricorso incidentale, il quale resta di conseguenza esaminabile come controricorso nei limiti in cui sia rivolto a contrastare l’impugnazione avversaria (cfr. Cass. Sez. un. 28 marzo 1985 n. 2186;

conformi le successive sino alla più recente 29 gennaio 2007 n. 1825).

9. Con il ricorso proposto da M.G., C. e I.F. si censura innanzi tutto l’applicazione da parte della Corte territoriale della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis.

9.1. In proposito si deve rilevare che il giudice di merito ha fatto applicazione della normativa vigente al momento della decisione, che imponeva, ai fini della determinazione del danno risarcibile a seguito della cosiddetta occupazione espropriativa, il criterio del calcolo di base della semisomma del valore venale e di quello catastale del bene. La norma in questione (D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359) è stata tuttavia successivainente dichiarata incostituzionale con sentenza n. 348 del 2007 della corte delle leggi.

In conseguenza di ciò, la statuizione impugnata -e per ciò stesso non divenuta irrevocabile – deve essere cassata, non potendo più trovare applicazione nel giudizio la norma dichiarata incostituzionale, e dovendo l’indennità per l’espropriazione dell’area edificabile essere determinata in relazione al suo valore venale, senza falcidie.

10. Con il primo motivo del ricorso, poi, si censura più specificamente la violazione di un giudicato interno, per il fatto che la corte territoriale ha utilizzato una consulenza tecnica, assunta nel primo giudizio, che aveva stimato il valore dell’area fabbricabile in ragione di L. 60.000/mq, sebbene il conforme accertamento della corte di Ancona fosse stato poi cassato.

10.1. Va premesso che la cassazione della prima sentenza della corte di Ancona fu disposta, sul ricorso del Comune di Fermo, in considerazione del fatto che la stima non aveva considerato gli elementi incidenti negativamente sul valore edificatorio dell’area, come la notevole pendenza (circa il 15%) e il ridotto soleggiamento per l’esposizione a nord ed ai freddi venti boreali.

Ora, la cassazione per vizio di motivazione non crea una preclusione di giudicato, lasciando libero il giudice del rinvio di pervenire anche alla stessa conclusione, dando conto della valutazione degli elementi tralasciati, e che avevano dato luogo alla cassazione, escludendo in ogni caso una soluzione peggiorativa per la parte la cui impugnazione sia stata accolta. Conseguentemente, escluso che possa farsi questione di giudicato, il vizio denunciato sarebbe eventualmente riconducibile alla violazione delle norme sul giudizio di rinvio. Di ciò, tuttavia, non avrebbero interesse a dolersi gli odierni ricorrenti, che se ne sarebbero avvantaggiati, in mancanza di valida impugnazione in questa sede da parte del Comune di Fermo sullo stesso punto.

11. Con il secondo motivo si censura per violazione o falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 15, comma 1 e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, comma 1 e 4 nonchè sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 4, l’omesso esame della domanda di pagamento dell’indennità dovuta per l’esproprio dell’azienda agricola, nonchè l’omesso esame della consulenza d’ufficio del 1985 e l’omessa assunzione di nuova consulenza tecnica. Da ultimo si invoca, a sostegno della asserita edificabilità legale dell’area destinata a parcheggio pubblico, un precedente di questa corte.

11.1. Nell’impugnata sentenza, come del resto nelle precedenti sentenze di questa corte pronunciate nel giudizio, non v’è alcuna traccia della questione della espropriazione di un’impresa agricola, e pertanto nessuna violazione delle norme invocate dai ricorrenti a questo riguardo è configurabile, anche trascurando il fatto che il D.P.R. n. 327 del 2001, invocato, è inapplicabile alla fattispecie (infatti, l’art. 57 del predetto Decreto 8 giugno 2001 n. 327, nel testo risultante dalla modifica apportata al D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, art. 1, dispone che le disposizioni del testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data della sua entrata in vigore sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, continuando in tal caso ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data: Cass. 8 maggio 2008 n. 11480 e succ. conf.). La supposta violazione di legge non si riferisce pertanto al contenuto della sentenza impugnata. La domanda che si assume pretermessa, in realtà, non figura neppure nelle conclusioni degli odierni ricorrenti, riportate nell’impugnata sentenza; peraltro non è stato proposto il mezzo d’impugnazione della violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Il mezzo è pertanto inammissibile.

12. Il terzo motivo verte sul vizio di motivazione sulla domanda di risarcimento dei danni da ritardo. Nell’individuare la data di cessazione del maggior danno la corte territoriale sarebbe incorsa in errore, perchè il pagamento da parte del comune sarebbe successivo di tre anni alla sentenza in forza della quale esso ebbe luogo.

12.1. Il motivo è manifestamente infondato. In materia di maggior danno da ritardo, a norma dell’art. 1224 cpv. c.c., trova applicazione l’insegnamento di questa corte, per il quale la svalutazione monetaria non è – di per sè – sufficiente a fondare il diritto del creditore al risarcimento del maggior danno verificatosi dopo la mora debendi, rispetto a quello già coperto dagli interessi legali. A tal fine si richiede, da parte del creditore, un’attività di allegazione, nella specie neppure riferita (nel senso che occorra quanto meno dimostrare che, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali, v.

la recente Cass. Sez. un., 16 luglio 2008 n. 19499).

13. Alla cassazione della sentenza, in relazione all’accoglimento del ricorso principale e alla accertata illegittimità dell’applicazione della norma successivamente dichiarata incostituzionale, segue la decisione nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori indagini in fatto. Pertanto sostituendo il valore venale della sola area edificabile all’indennità determinata dalla corte territoriale per la stessa area in applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, l’indennità di espropriazione deve essere determinata in L. 148.860.000 (Euro 76.518,25).

Ferme restando tutte le altre statuizioni in tema di indennità per l’area inedificabile, interessi legali, maggior danno da ritardato pagamento, detrazione della somma già corrisposta , la condanna alla restituzione delle somme ricevute dal Comune di Fermo in più del dovuto deve essere pronunciata, in proporzione delle rispettive quote ereditarie, a carico di M.G., C. e F. I., tutti eredi di I.V., dell’eredità beneficiata di I.I., e di I.R..

14. Le spese del giudizio svoltosi davanti alla corte d’appello di Ancona restano compensate tra le parti. Quelle dei successivi gradi di giudizio sono compensate in ragione della metà tenuto conto dell’esito della lite, e poste per la rimanente frazione a carico del comune di Fermo. Esse sono liquidate, per l’intero, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale, e dichiara inammissibile il ricorso incidentale del Comune di Fermo.

Decidendo sul ricorso di M.G., C. e I.F. eredi di I.V., cassa la sentenza impugnata in relazione alla determinazione dell’indennità di espropriazione dell’area edificabile, e rigetta il ricorso nel resto.

Decidendo nel merito, determina l’indennità di espropriazione dell’area fabbricabile in Euro 76.518,25, oltre agli accessori come in motivazione.

Condanna gli eredi di I.V. e I.I., e I.R., in proporzione delle rispettive quote di pertinenza, a restituire al Comune di Fermo quanto percepito in eccedenza di detto importo a titolo d’indennità, anche di occupazione, risarcimento danni e spese di lite.

Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio davanti alla Corte d’appello di Ancona. Compensa in ragione del cinquanta per cento le spese degli altri gradi del giudizio, e pone le rimanenti spese a carico del Comune di Fermo, liquidandole per l’intero come segue:

per ciascuno dei pregressi giudizi svoltisi davanti alla corte di legittimità, in complessivi Euro 2.750,00, di cui Euro 2.500, per onorari;

per ciascuno dei giudizi di rinvio, in Euro 6.000,00, di cui Euro 4.500,00 per onorari, e Euro 1.300,00 per diritti;

per il presente giudizio di legittimità in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari;

oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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