Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19138 del 20/09/2011
Cassazione civile sez. lav., 20/09/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 20/09/2011), n.19138
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA
STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO
ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,
giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE NICOLA,
GIANNICO GIUSEPPINA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al
controricorso;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2320/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 20/11/2007 r.g.n. 1461/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/05/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;
udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega ALESSANDRO RICCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammisssibilità in
subordine rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell’8-20 novembre 2007, la Corte d’appello di Lecce accoglieva parzialmente l’appello proposto, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e dell’INPS, da D.L. S. avverso la sentenza del Tribunale di Lecce che aveva, a sua volta, rigettato la domanda diretta ad ottenere la condanna dell’Istituto a corrisponderle la pensione d’inabilità o, in subordine, l’assegno d’invalidità, richiesti con domanda amministrativa presentata nell’aprile 2000. La Corte d’appello riconosceva la prestazione con decorrenza novembre 2006. Avverso detta sentenza, la D.S. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su tre motivi. Resiste l’INPS con controricorso.
Il Ministero non si è costituito.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo d’impugnazione, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 149 disp. att. c.p.c. in quanto la Corte d’appello, nonostante le doglianze specifiche espresse nei confronti dell’elaborato peritale, avrebbe del tutto omesso di argomentare in ordine alle critiche svolte anche nell’atto di gravame, essendosi limitata ad affermare che dai rilievi critici di parte, non derivava alcuna necessità di disporre l’espletamento di nuovo esame. Con il secondo motivo si denuncia violazione ed erronea applicazione della L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 e contemporanea omessa motivazione, mentre con il terzo motivo si denuncia sotto altro profilo la omessa ed insufficiente motivazione in relazione alla L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13, lamentando, in particolare una apodittica adesione della pronuncia alle conclusioni del cTU. Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, è infondato.
Va, infatti, in primo luogo, osservato che, nel caso di specie, non sono state denunciate malattie o aggravamenti delle infermità che avrebbero imposto un’esplicita motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 149 citato, bensì una mera diversa valutazione del quadro patologico sottoposto all’esame del perito d’ufficio.
Riguardo agli altri motivi di doglianza, si rileva che le censure non consistono nella reale critica in punto di legittimità della sentenza impugnata, ma piuttosto nella proposizione all’attenzione di questa Corte della diversa valutazione della questione di merito prospettata, in corso di giudizio, già esaminata e decisa in senso sfavorevole sia dal Tribunale di prime cure che dalla Corte leccese.
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha fondato la propria statuizione sulle richiamate risultanze della consulenza tecnica espletata in giudizio, che hanno escluso l’incidenza delle patologie accertate in misura tale da compromettere la capacità di svolgere attività lavorativa del ricorrente fin dalla data della domanda amministrativa ai fini del riconoscimento del beneficio richiesto.
La Corte territoriale ha tenuto in proposito a puntualizzare che nominato il C.T.U., sulla base della documentazione sanitaria allegata, oltre che di una accurata visita personale, ha accertato a carico della D.S. le patologie riportate nella relazione scritta ed ha concluso nel senso che la stessa, avendo raggiunto un grado di invalidità pari al 76%, ha conseguito il diritto alla prestazione reclamata con decorrenza dall’1.11.06.
La stessa Corte ha ancora precisato che le valutazioni e conclusioni del C.T.U. risultavano ineccepibili sul piano tecnico-scientifico, oltre che logico, congruamente ed esaurientemente motivate e, pertanto, pienamente da condividere.
A ciò era da aggiungere che le osservazioni critiche formulate alla c.t.u. apparivano alquanto generiche e sembravano non tenere nel dovuto conto la complessità del quadro patologico d’assieme, quale correttamente evidenziata dal C.T.U..
In particolare, andava rilevato, in ordine alla decorrenza del beneficio, che questa era stata fissata al novembre 2006, tenuto conto del diabete mellito, documentato dal dicembre 2006 e dell’evoluzione in senso peggiorativo della PTI e della spondiloartrosi.
Non ravvisandosi nell’iter argomentativo della Corte di Lecce i lamentati vizi e le formulate violazioni di legge, il ricorso va rigettato.
Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, nella specie inapplicabile ratione temporis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2011