Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17755 del 29/08/2011
Cassazione civile sez. lav., 29/08/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 29/08/2011), n.17755
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2120/2008 proposto da:
D.G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA
STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO
ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA Giuseppe,
giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO
Alessandro, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in
atti;
– controricorrente –
e contro
COMUNE DI GALLIPOLI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1739/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 10/07/2007 r.g.n. 600/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/06/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;
udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI per delega RICCIO ALESSANDRO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità e in subordine
rigetto.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Lecce, previa rinnovazione della consulenza tecnica di ufficio, ha accolto la domanda di D.G.A., respinta in primo grado, e le ha riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento, sebbene non dalla data della domanda amministrativa, bensì a far tempo dal mese di settembre 2006.
Per la cassazione di questa sentenza la D.G. ha proposto ricorso fondato su due motivi, nonchè memoria ex art. 378 c.p.c..
L’INPS ha depositato la procura ai difensori, che hanno, poi, partecipato all’udienza di discussione.
Il Comune di Gallipoli, anch’esso intimato, non ha svolto attività difensiva.
MOTIVAZIONE SEMPLIFICATA.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nel primo motivo, denunciando omessa e insufficiente motivazione in relazione alla L. n. 18 del 1980, art. 1, della L. n. 508 del 1988 e del D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 6, la ricorrente sostiene che la Corte di merito ha sottovalutato l’incidenza invalidante del “decadimento cognitivo e dello stato di depressione cronicizzata” accertato nel (OMISSIS) con visita neuropsichiatrica e trascurato il complessivo quadro patologico, quale risultante dalla documentazione prodotta in appello.
2. Nel secondo motivo, sempre con denunzia di violazione delle indicate norme di legge, si addebita alla sentenza impugnata di non aver tenuto conto della loro “ratio”, ravvisata, dalla giurisprudenza di legittimità, nella persistente difficoltà, per il soggetto inabile, di deambulare e di attendere autonomamente agli atti della vita quotidiana, compresi quelli della c.d. “vita sociale o di relazione.
3. Il primo motivo non è fondato.
4. Questa Corte ha ripetutamente affermato che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali fondate sull’invalidità dell’interessato, la valutazione relativa alla entità delle varie malattie ed alla loro incidenza sulla capacità lavorativa (ovvero, quando si tratti, come nella specie, di indennità di accompagnamento, sulla capacità del soggetto di deambulare o di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita) costituisce un tipico accertamento in fatto, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione. Vizi che, qualora il giudice di merito abbia fondato la sua decisione sulle conclusioni del proprio CTU, possono dirsi sussistenti e censurabili, solo se il ricorrente in cassazione deduca – fornendo, al riguardo, obiettivi elementi di riscontro – l’esistenza, nell’indagine medico-legale, di palesi carenze o deficienze diagnostiche, ovvero di affermazioni illogiche o scientificamente errate, ovvero ancora l’omissione di accertamenti imprescindibili per la formulazione di una corretta diagnosi, non essendo sufficiente, ai fini della cassazione della sentenza impugnata, la pura e semplice contrapposizione di una difforme valutazione della parte circa l’entità e l’incidenza del dato patologico rispetto a quella ritenuta corretta dal giudice, configurando tale difforme valutazione un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile richiesta di revisione del merito (tra tante, da ultimo, Cass. ord. n. 8417 del 2010, sent. nn. 9988 e 4254 del 2009, 9869 del 2004, 7341 del 2004, 11054 del 2003).
5. Nella specie, le censure della ricorrente si risolvono in un mero dissenso rispetto alla valutazione operata dalla CTU (cui la Corte di merito ha prestato adesione) relativamente alla incidenza invalidante del complessivo quadro patologico accertato a carico della D. G., essenzialmente limitandosi le dette censure a definire “riduttiva” tale valutazione e a porre in dubbio l’avvenuta considerazione di una serie di infermità (artrosi, diabete, mioardia ischemica ipertensiva, deficit visivo, cefalea), viceversa tutte valutate dall’ausiliare tecnico, che proprio alla loro accertata presenza in sede di visita peritale del (OMISSIS) (nella quale si erano rilevate, a carico dell’appellante, un grave deficit nella deambulazione e nella sfera cognitiva in quanto associato a diabete, una vasculopatia cerebrale e una gonartrosi, oltre a un difetto di coordinazione di origine cerebrale, a un visus ridotto, a una facile dispnea) ha collegato l’insorgere di uno stato invalidante tutelabile ai fini del beneficio azionato.
6. Altrettanto privo di fondamento è il secondo motivo alla stregua del principio, espresso dalla più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. sent. n. 12521 del 2009 e numerose altre successive conformi) per cui “Le condizioni previste dalla L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (nel testo modificato dalla L. 21 novembre 1988, n. 508, art. 1, comma 2) per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento consistono,alternativamente, nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza; ai fini della valutazione non rilevano episodici contesti, ma è richiesta la verifica della loro costante inerenza al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, ovvero della necessità di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana, rilevando, quindi, requisiti diversi e più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di compimento degli atti della vita quotidiana e configuranti impossibilità”.
7. In conclusione il ricorso va rigettato.
8. La soccombente non è condannata al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile ratione temporis.
9. Nulla deve disporsi per le spese nei confronti del Comune di Gallipoli, in difetto di una sua qualunque attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011