Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5200 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. I, 26/02/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 26/02/2020), n.5200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16509-2018 proposto da:

E.P., domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato CRISTINA

PEROZZI, giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI ANCONA n. 5644/2018, depositata

il 4.5.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28.11.2019 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

E.P. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione del provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Ancona aveva respinto il ricorso presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, e, in subordine, di protezione umanitaria, narrando di aver presentato tale richiesta “per ragioni prettamente economiche, riferendo che a causa delle condizioni di vita precaria in Nigeria avrebbe rischiato di non riuscire a sopravvivere se fosse rimasto nel suo paese” (pag. 2 del ricorso);

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. va disattesa la prima doglianza (mancata traduzione del provvedimento adottato dalla Commissione territoriale in lingua conosciuta) sulla base dei principi elaborati da questa Corte secondo cui la nullità del provvedimento amministrativo, emesso dalla Commissione territoriale, per omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato o in una delle lingue veicolari, non esonera il Giudice adito dall’obbligo di esaminare il merito della domanda, poichè oggetto della controversia non è il provvedimento negativo ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale comunque il Giudice deve statuire, non rilevando in sè la nullità del provvedimento ma solo le eventuali conseguenze di essa sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa (cfr. Cass. n. 7385/2017);

2.1. con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 11 e 17, art. 2 Cost. e art. 10 Cost., comma 3, nonchè difetto di motivazione in relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria, lamentando, in particolare, il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del provvedimento impugnato per omessa pronuncia nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa o insufficiente motivazione, in ragione della natura meramente apparente o tautologica della motivazione presente in sentenza, avendo, in tesi di parte ricorrente, il Tribunale erroneamente applicato le norme in materia, offrendo una ricostruzione dei fatti non corrispondente al vero o quanto meno contraddittoria, perchè le attuali condizioni sociali, politiche ed economiche della Nigeria, regione dell’Edo State, erano gravemente preoccupanti, come già avevano riconosciuto vari Tribunali e Corti di merito;

2.2. la censura è inammissibile;

2.3. il Tribunale ha infatti esposto le ragioni per le quali ha ritenuto insussistenti le condizioni di legge per il riconoscimento della protezione sussidiaria, trattandosi di vicenda di vita privata in relazione alle motivazioni che avevano indotto il ricorrente a fuggire dal Paese d’origine – Nigeria, Edo State – (avendo specificamente affermato il Tribunale, sul punto, che “gli aspetti evidenziati in ricorso integrano personali timori legati esclusivamente all’estrema povertà in cui vivrebbe il richiedente assieme al fratello (i genitori sono deceduti)”), escludendo inoltre la sussistenza di una situazione di violenza diffusa ed indiscriminata nella regione di provenienza del ricorrente, Edo State (“dall’esame delle fonti… non si ritiene che il territorio lungo il fiume Niger che riguarda anche l’Edo State ed il Delta State, sia interessato da un vero e proprio conflitto armato tale da comportare un grado di violenza talmente generalizzato e permanente da costituire per i civili, per la sola presenza nell’area in questione, il concreto rischio della vita o ai sensi dell’art. 14 cit., lett. a), b) e c); si tratta, in realtà, di una problematica connessa allo stato di povertà di quelle fasce della popolazione locale che non fruiscono dei benefici relativi allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi presenti sul loro territorio; ne deriva che le loro rivendicazioni possono sfociare in sabotaggi dei pozzi o in momenti di aggressione più o meno cruenti anche con vittime tra i civili o tra le forze di polizia”);

2.4. il ricorrente intende quindi nella sostanza sollecitare una valutazione di opposto segno della situazione esistente in Nigeria, nel senso più favorevole già indicato da alcuni Giudici di merito;

2.5. in questo modo tuttavia la censura non si correla con il contenuto del decreto del Tribunale, che fonda, come si è detto, in primo luogo il rigetto della domanda in considerazione del carattere privato della narrazione del richiedente asilo, e manca del carattere di riferibilità alla decisione impugnata che il ricorso per cassazione deve necessariamente avere;

2.6. nel contempo il mezzo, a fronte di un accertamento rientrante nel giudizio di fatto istituzionalmente demandato al Giudice di merito, si limita a deduzioni astratte e di principio, che non colgono la ratio decidendi e si limitano a sollecitare una nuova valutazione, nel merito, della domanda, malgrado la stessa non sia rinnovabile in questa sede;

3.1. il terzo motivo di ricorso prospetta la violazione degli artt. 353 e 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 17 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione della protezione umanitaria in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto insussistenti le condizioni necessarie per la concessione del permesso umanitario, nonostante il positivo percorso integrativo compiuto dal ricorrente, comprovato dai documenti prodotti, e della sua condizione di significativa fragilità;

3.2 Va premesso che secondo quanto affermato da questa Corte a Sezioni Unite con sentenza n. 24960/2019, “la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge”, la censura risulta parimenti inammissibile;

3.3. il Tribunale ha accertato l’inesistenza di ragioni di carattere umanitario tali da consentire il riconoscimento della forma di protezione residuale in questione per la mancata allegazione di differenti ragioni idonee a giustificare il riconoscimento di questa forma di protezionale residuale;

3.4. il motivo in esame sconta dunque il medesimo vizio del precedente, perchè trascura del tutto le ragioni addotte dal Tribunale e sollecita, nel merito, una diversa valutazione della domanda presentata, fra l’altro allegando a tal fine questioni – quali l’esistenza di un percorso integrativo nel paese di accoglienza-che viene del tutto escluso nel decreto impugnato con congrua motivazione;

4. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

5. la mancata costituzione in questa sede dell’Amministrazione intimata esime il Collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite;

6. deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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