Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3677 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/02/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 13/02/2020), n.3677

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18827-2018 proposto da:

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso la sede dell’AVVOCATURA CAPITOLINA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ENRICO MAGGIORE;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASQUALE REVOLTELLA 35,

presso lo studio dell’avvocato DANILO DE ANGELIS, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 23636/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 15/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI

MARCO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Roma Capitale impugna l’epigrafata sentenza con la quale il Tribunale di Roma rigettandone il gravame, ha confermato l’accoglimento in prima istanza dell’opposizione del Condominio di (OMISSIS) avverso la cartella di pagamento emessa a fronte della mancata corresponsione del Cosap dovuto dal condominio in relazione alle griglie e alle intercapedini poste lungo il perimetro del fabbricato e ne chiede la cassazione sulla base di un unico motivo di ricorso, cui replica l’intimato con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso – alla cui disamina non si frappongono le pregiudiziali in punto di rito fatte valere dal resistente, non ricorrendo nella specie le condizioni di cui all’art. 360-bis c.p.c. e risultando totalmente appagante ai fini della loro cognizione l’illustrazione degli antefatti processuali a cui il ricorso provvede dalla pag. 2 alla pag. 9 – non incorre per vero neppure nell’eccepita preclusione di giudicato, dovendo qui osservarsi, come già si è fatto altrove – in relazione a vicenda del tutto analoga a quella in giudizio, ancorchè riguardante un diverso sodalizio condominiale – che “nel giudizio di legittimità il principio della rilevabilità del giudicato esterno deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa” (Cass., Sez. III, 17/10/2019, n. 26290). Nel caso di specie, al di là del “profluvio” di citazioni di pronunce di merito (tutte, peraltro, riprodotte, solo per stralci), il resistente si limita, in calce al controricorso a dare atto della produzione “sentenze AG”, senza darsi cura di trascriverne il contenuto sicchè l’assunto dispiegato non soddisfa il prescritto onere dell’autosufficienza non ponendo il collegio in condizione di scrutinarne ex actis la veridicità prima ancora della sua fondatezza.

3. Ciò, nondimeno, il ricorso non può essere ritenuto ammissibile. Invero come si evince dalla motivazione del provvedimento impugnato il dictum tribunalizio è retto da una duplice ratio decidendi.

La prima di esse, con cui il Tribunale ha inteso rimarcare, richiamando i presupposti per l’applicazione del D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 446, art. 63, che non risulta nella specie “essere stata rilasciata alcuna specifica concessione in relazione all’occupazione di suolo pubblico”, è fatta oggetto di contestazione dal ricorrente con l’argomento che si tratterebbe di area soggetta a servitù di pubblico passaggio, onde è in ragione di tale sua destinazione che essa va assoggettata al canone di occupazione.

La seconda ratio, con cui il Tribunale rivendica la mancata dimostrazione che l’area in questione è soggetta all’allegata servitù di pubblico passaggio, “perchè l’ente creditore non ha fornito la prova che la servitù di pubblico passaggio sia stata “costituita nei modi di legge””, è rimasta invece miscononosciuta dal ricorso che nessuna contestazione muove infatti all’impugnato deliberato in parte qua.

4. La specie va pertanto regolata in piana applicazione del principio secondo cui “in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa” (Cass., Sez. I, 18/09/2006, n. 20118).

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

6. Spese alla soccombenza. Doppio contributo ove dovuto.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 1100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ove dovuto il raddoppio del contributo, si applicherà il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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