Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3136 del 11/02/2020
Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 12/09/2019, dep. 11/02/2020), n.3136
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7949-2018 proposto da:
M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI
36, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARTUCCELLI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO TIGANI SAVA;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SAS, in persona del Curatore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAZZARO SPALLANZANI 22/A,
presso lo studio dell’avvocato MARIO BUSSOLETTI, che lo rappresenta
e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5917/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 20/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO
VINCENTI.
Fatto
RITENUTO
che, con ricorso affidato a due motivi, M.L. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Roma, resa pubblica in data 20 settembre 2017, che ne rigettava il gravame e per l’effetto confermava, pur con motivazione diversa, la sentenza del Tribunale della medesima Città, il quale, a sua volta aveva respinto la domanda dalla medesima proposta nei confronti del Fallimento della società (OMISSIS) S.a.s. per l’accertamento dell’intervenuto giudicato sul capo della sentenza n. 5011/04 con cui il Tribunale di Roma aveva disposto la nullità del lodo arbitrale e in base al quale la società aveva ottenuto in bonis dal medesimo Tribunale il decreto ingiuntivo n. 20573/00, poi da tale Ufficio revocato, per poi essere riconfermato dalla Corte d’appello solo per la tardività dell’opposizione spiegata dalla stessa M., con conseguente insussistenza del credito oggetto del decreto ingiuntivo;
che la Corte d’appello di Roma, nel rigettare il gravame e per quanto ancora in questa sede rileva, segnatamente riteneva infondata la domanda di accertamento negativo del titolo oggetto del decreto ingiuntivo giacchè: a) per un verso, si era formato giudicato sulla sentenza della Corte d’appello n. 1581/2009 riformante la decisione di primo grado per inammissibilità dell’opposizione in quanto tardiva; b) per altro verso, evidenziato che il titolo esecutivo fatto valere ex adverso non era il lodo, ma il decreto ingiuntivo – autonomo rispetto alla vicenda sottostante -, dichiarava l’intervenuta definitività dello stesso con la pronuncia n. 1581/2009, con cui statuiva la tardività dell’opposizione al decreto ingiuntivo e la cristallizzazione del credito monitorio;
che resiste con controricorso Fallimento (OMISSIS);
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.
Diritto
CONSIDERATO
che:
a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli art. 633 e 634 c.p.c., per aver erroneamente la Corte territoriale ritenuto infondato l’accertamento negativo sulla sussistenza del titolo creditorio in assenza di opposizione tempestiva al decreto ingiuntivo, divenuto, per l’effetto, definitivo, senza rilevare il venir meno del suo presupposto, ossia il titolo di credito (lodo arbitrale) in quanto dichiarato nullo con sentenza n. 5011/04, passata in giudicato;
b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per aver erroneamente il giudice di gravame fondato la sua decisione sul presupposto dell’esistenza, per un verso, del giudicato su quanto stabilito da essa nella sentenza n. 1581/2009, per altro verso, del giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo non tempestivamente opposto, omettendo, così, di considerare che il titolo posto a fondamento del decreto ingiuntivo è stato dichiarato nullo con sentenza passata in giudicato;
a1.-b.1) i motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente in quanto strettamente connessi (prospettando, sotto diversi profili, la medesima censura di violazione del giudicato sulla inesistenza del titolo posto a fondamento del decreto ingiuntivo tardivamente opposto), sono inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, giacchè è principio consolidato – non contrastato dalla ricorrente e al quale la sentenza impugnata si è conformata, limitando la propria decisione al rilievo assorbente dell’intervenuto giudicato sulla inammissibilità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo – quello per cui “l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico, e che trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda” (cfr. ex plurimis: Cass. n. 18725/2007, Cass. n. 28318/2017, Cass. n. 22465/2018);
che la memoria di parte ricorrente (in cui peraltro: a) si fa riferimento a proposta ex art. 380 bis c.p.c. di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, mentre in essa è chiaramente richiamato l’art. 360 bis c.p.c., n. 1; b) non si coglie ancora una volta che il giudicato sulla tardività dell’opposizione al decreto ingiuntivo si è formato dopo quello sulla nullità del lodo e, dunque, fa aggio su di esso, che doveva farsi valere nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo) non fornisce argomenti idonei a scalfire i rilievi che precedono;
che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020