Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2951 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, (ud. 11/10/2019, dep. 07/02/2020), n.2951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25408/2018 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in Genova, via Dante n. 2,

int. 209, presso lo studio dell’avv. D. Fiorato, che lo rappresenta

e difende per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/10/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Bologna ha respinto il ricorso proposto da D.M., cittadino del Senegal, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il richiedente ha riferito di aver abbracciato la religione cristiana pur essendo mussulmano, grazie a un amico con il quale aveva iniziato a frequentare una chiesa. Il padre non aveva accettato tale conversione e lo aveva, quindi, cacciato di casa e denunciato alla polizia. Allora, dopo essersi trasferito dall’amico cristiano, questi gli aveva consigliato di partire per sottrarsi alle pratiche magiche del padre e, quindi, dopo aver attraversato diversi paesi era giunto in Libia e da qui si era imbarcato per l’Italia.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, commi 1 e 2, art. 8 comma 1, art. 3, comma 5, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver il tribunale correttamente applicato la normativa in tema di riconoscimento dello status di rifugiato e di perseguitato religioso; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in combinato con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il tribunale correttamente applicato la normativa in materia di protezione sussidiaria, in relazione alla situazione del paese di provenienza, del credo religioso del ricorrente e delle di lui effettive condizioni personali; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere il tribunale correttamente applicato la normativa in materia di protezione umanitaria, in relazione alla situazione personale del ricorrente.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto,(non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata basata sul giudizio di fatto di non credibilità del ricorrente, che esonera, in tal caso: il giudice dall’obbligo di cooperazione istruttoria (cfr. tra le altre, Cass. n. 16925/18).

Il secondo motivo è inammissibile, perchè solleva censure di merito all’accertamento di fatto del tribunale, in riferimento alla situazione generale del Senegal, che si è basato su autorevoli e aggiornate fonti informative che il ricorrente contesta.

Il terzo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanta, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione; infatti, nel caso di specie, il giudice del merito ha accertato l’assenza di situazioni di vulnerabilità “individualizzata e specifica”, ed ha evidenziato come le attività svolte dal richiedente nel periodo di accoglienza (formative e di lavoro) non costituiscono prova di una particolare situazione di vulnerabilià.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte del (ricorrente, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020

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