Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2754 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2020, (ud. 27/06/2019, dep. 05/02/2020), n.2754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16222-2018 R.G. proposto da:

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOEZIO 6,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VALERIO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MAZZINI SRL, S.C.E.R. – SOCIETA’ COSTRUZIONI EDILIZIA RESIDENZIALE

SRL, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA DI SPAGNA 35, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI PAOLETTI, che le rappresenta e

difende;

– resistenti –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

VELLETRI, emessa il 3/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SCRIMA

ANTONIETTA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI CARMELO, che chiede che

la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, accolga il riscorso

indicato in premessa e disponga la prosecuzione del giudizio dinanzi

al Tribunale di Velletri.

Fatto

CONSIDERATO

che:

T.G. ha proposto ricorso per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del Tribunale di Velletri emessa il 3 maggio 2018, con la quale, nel proc. N. R.G. 5365/2017, instaurato dal T. nei confronti delle attuali resistenti, quel Giudice ha dichiarato la propria incompetenza, ritenendo sussistente la competenza del Giudice del Tribunale di Roma – Sezione specializzata in materia di impresa e ha condannato la parte attrice alle spese di lite;

in particolare l’attore, promissario acquirente nel 2009 di un immobile di futura costruzione dalla S.C.E.R. – Società Costruzioni Edilizia Residenziale S.r.l. (di seguito indicata, per brevità, SCER), con contratto non perfezionatosi in definitivo di vendita per mancanza dei requisiti di legge (polizza fideiussoria, D.Lgs. n. 122 del 2005 ex art. 2), premesso di aver già instaurato nel 2013 altro giudizio pendente a quel Tribunale – Sezione distaccata di Albano Laziale, al fine di ottenere la declaratoria di nullità del già ricordato contratto preliminare e la condanna della SCER alla restituzione di quanto da lui versato alla stessa, ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Velletri la SCER e la Mazzini S.r.l. proponendo domanda ex art. 2901 c.c., per ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto del 10 febbraio 2016, rep. (OMISSIS), racc. (OMISSIS), redatto dal notaio F.A., di scissione parziale della società da ultimo indicata, attuata con assegnazione di parte del relativo patrimonio in favore della Mazzini S.r.l.;

alla prima udienza del 3 maggio 2018 SCER ha eccepito l’incompetenza del Tribunale ordinario di Velletri, in favore del Tribunale di Roma – Sezione specializzata in materia di impresa e il Tribunale adito ha declinato la propria competenza come si è già detto;

la SCER S.r.l. e la Mazzini S.r.l. hanno depositato in questa sede un’unica memoria difensiva ex art. 42 c.p.c.;

il P.G. ha concluso chiedendo che questa Corte accolga l’istanza di regolamento di competenza e disponga la prosecuzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Velletri;

le resistenti hanno depositato memoria ex art. 380- ter c.p.c..

Diritto

RILEVATO

che:

il ricorrente in questa sede ha contestato l’ordinanza del Tribunale di Velletri sotto vari profili, lamentando: a) l’errata individuazione del foro esclusivo; b) l’infondata applicazione della competenza funzionale; c) l’errata qualificazione del petitum e della causa petendi; d) errato esercizio del potere officioso del giudice di rilevare l’incompetenza; e) l’omessa considerazione della decadenza dall’eccezione di incompetenza per materia; f) l’errato riferimento giurisprudenziale contenuto nel provvedimento impugnato; g) l’errata e ingiusta condanna alle spese;

il ricorso è ammissibile, trattandosi di questione di competenza, implicante l’individuazione della competenza non solo materiale ma anche territorialmente differenziata (Cass., ord., 3/12/2018, n. 31134; v. pure Cass., sez. un., 23/07/2019, n. 19882 pubblicata nelle more tra la decisione e la pubblicazione della presente ordinanza);

ogni eventuale vizio di integrità del contraddittorio nel presente procedimento, dedotto dalle resistenti, per non essere stato il ricorso introduttivo dello stesso notificato alla Mazzini S.r.l., risulta ormai sanato con la costituzione di tale società nel procedimento in parola;

va disattesa, perchè priva di ogni fondamento, anche l’ulteriore eccezione, proposta dalle resistenti, di inammissibilità del ricorso all’esame per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, essendo stata in tale atto riportata l’esposizione sommaria dei fatti di causa rilevanti in questa sede;

le doglianze relative alla tempestività del rilievo dell’incompetenza per materia vanno rigettate, in quanto, se è pur vero che l’eccezione di incompetenza non è stata sollevata dalla convenuta SCER con comparsa di risposta tempestivamente depositata, e pertanto tale eccezione di parte è stata tardivamente proposta, è altrettanto vero che le società convenute risultano non comparse alla prima udienza del 9 novembre 2017, in cui il Giudice, constatata l’assenza delle parti e l’inoperatività del processo telematico, ha disposto un rinvio per la verifica delle notifiche telematiche e, dopo un mero rinvio fuori udienza per ragioni organizzative, all’udienza del 3 maggio 2018, essendosi già tardivamente costituita la parte convenuta sollevando l’eccezione di incompetenza, il Tribunale si è riservato sulla questione preliminare, per essa dovendosi intendere – a parere di questo Collegio – la questione sulla competenza in generale, sicchè risulta evidente che il rilievo officioso dell’incompetenza deve ritenersi tempestivo, perchè effettuato non oltre l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. (Cass., ord., 7/02/2017, n. 3220; Cass. ord., 19/03/2018, n. 67349);

non possono essere accolte le doglianze del ricorrente con cui si deduce che il Tribunale di Velletri avrebbe erroneamente qualificato il petitum e la causa petendi del giudizio, sostenendo il T. che l’azione da lui proposta non si riferirebbe – come ritenuto da quel Giudice – al trasferimento delle partecipazioni sociali ma si fonderebbe sul contratto preliminare stipulato dal consumatore attuale ricorrente e la SCER, non onorato dallo controparte, sicchè l’oggetto del giudizio sarebbe costituito non dalle partecipazioni sociali ma dall’importo corrisposto dall’attore prima della stipula dell’atto definitivo di compravendita immobiliare; pertanto, ad avviso del ricorrente, l’azione revocatoria, pur facendo riferimento all’atto di scissione, sarebbe fondata sulla richiesta di nullità del contratto preliminare tra un consumatore e la società convenuta il cui oggetto non sarebbe costituito dalle partecipazioni sociali, se non in via mediata, sicchè il criterio di collegamento della competenza dovrebbe necessariamente considerare la disposizione di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, lett. u), e, comunque, il foro dove l’obbligazione principale – quella derivante dal contratto preliminare – deve essere tutelata;

va osservato al riguardo che l’atto pregiudizievole che l’attore chiede di dichiarare inefficace nei propri confronti è – come già evidenziato – un atto di scissione parziale, con l’assegnazione di quota del patrimonio immobiliare della società scissa in favore di una terza società (la Mazzini S.r.l.), quale atto potenzialmente idoneo ad impedire al creditore il positivo esito della pretesa creditoria da lui azionata, unitamente alla declaratoria di nullità negoziale, in altra causa;

al riguardo si osserva che, pur non rinvenendosi un orientamento univoco nella giurisprudenza di merito circa l’ammissibilità o meno dell’azione revocatoria in relazione ad atti di scissione societaria e difettando specifiche pronunce di legittimità al riguardo, tale questione non rileva in sede di competenza ma dovrà essere affrontata e risolta dal giudice chiamato a decidere sulla domanda ex art. 2901 c.c., trattandosi di questione di merito;

deve, invece, ritenersi sussistente la competenza del Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di impresa, in quanto, al di là della pertinenza o meno del precedente della giurisprudenza di legittimità richiamato, nell’atto impugnato, dal Tribunale di Velletri (ordinanza emessa il 25/07/2016 dal Tribunale di Napoli Nord nel procedimento avente NRG 798/2016), nel caso all’esame trattasi di azione ex art. 2901 c.c. che, nella specie, è sicuramente inerente a rapporti societari, espressione, questa, da intendersi in senso ampio anche alla luce della ratio sottesa all’istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa e, quindi, rientra tra le cause di cui al D.Lgs. 27 giugno. 2003, n. 168, art. 3, comma 2, lett. a);

ed invero l’istituzione delle sezioni specializzate in parola ha avuto il dichiarato obiettivo – con la previsione di un giudice specializzato in materia di impresa e con la concentrazione delle cause presso un numero limitato di uffici giudiziari – di ridurre i tempi di definizione delle controversie in cui è parte una società di medie/grandi dimensioni, aumentando la competitività sul mercato, avendo ritenuto il legislatore che, con riferimento a controversie attinenti a settori in cui è maggiormente avvertita la necessità che il giudice sia dotato di competenze specialistiche non solo giuridiche, ma anche economiche e finanziarie, l’obiettivo della riduzione dei tempi della risposta giudiziaria fosse raggiungibile con la concentrazione delle controversie in un numero ridotto di sedi giudiziarie e con la specializzazione del giudice;

nel caso di specie viene in rilievo la formulazione del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, comma 2, lett. a), là dove individua l’esistenza della competenza per materia del giudice specializzato riferendola alle “cause e (a)i procedimenti (…) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario”;

tale formulazione, là dove allude alle cause concernenti l’accertamento di un rapporto societario, si presta a ricomprendere il caso in cui, come nella fattispecie, sia esercitata un’azione revocatoria in ordine ad un atto di scissione societaria, in quanto: a) l’azione è diretta ad accertare, secondo la tipica funzione della revocatoria, il modo di essere del negozio di scissione, sebbene in termini di inopponibilità verso chi esercitata la revocatoria e, dunque, è riconducibile alla nozione generale delle azioni di accertamento; b) l’azione deve coinvolgere le società fra cui risulta intervenuto l’atto di scissione e, quindi, è azione che coinvolge in via diretta le società, di modo che ricorre certamente quello che appare il fondamento della competenza del giudice specializzato, che risiede nell’attribuire ad esso le controversie che lato sensu coinvolgono l’assetto e l’operare della società; c) la controversia inerisce, nel contempo, all’accertamento, sebbene verso il creditore che la esercita, di un fenomeno di modificazione ed estinzione dell’assetto delle società coinvolte; d) la posizione di tale creditore è, del resto, nel caso di specie (in ragione del contratto preliminare) rilevante come tale almeno nei confronti di una delle società coinvolte, il che evidenzia che potrebbe essere oggetto di tutela riguardo al mutamento dell’assetto di essa secondo le azioni spettanti ai creditori di fronte a vicende della compagine sociale;

che a diverse conclusioni, invece, si dovrebbe pervenire rispetto all’ipotesi in cui si eserciti una revocatoria contro un atto di cessione di quote sociali, atteso che, se astrattamente l’ipotesi potrebbe apparire ricompresa nella previsione di competenza di cui al menzionato comma 2, lett. b), là dove allude alle cause e ai procedimenti “relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti”, tuttavia, non coinvolgendo l’azione direttamente la società, ma riguardando il creditore del cedente, il cedente ed il cessionario, si deve escludere che ricorra la ragione giustificativa della competenza del giudice specializzato, atteso che la controversia, in ragione di tale mancato coinvolgimento, è inidonea ad incidere sulla “vita” della società, che resta estranea alla sua soluzione, potendo una controversia riconducibile alla competenza speciale immaginarsi solo se, all’esito della revocatoria insorga una contestazione fra il cessionario e la società o fra il cedente e la società;

che alla luce di quanto precede il ricorso risulta infondato in relazione alla questione di competenza in parola;

considerato altresì che:

quanto alla statuizione sulle spese operata dal Tribunale con l’ordinanza impugnata in questa sede, va richiamato il principio già affermato da questa Corte e che va ribadito in questa sede, secondo cui “Il regolamento (necessario) di competenza avverso la sentenza (o l’ordinanza) che ha pronunciato soltanto sulla competenza e sulle spese di lite comporta la devoluzione alla S.C. anche della decisione sul capo concernente le spese, non avendo il ricorrente l’onere di impugnare la pronuncia sulle spese, nè potendo ciò fare mediante un’impugnazione distinta, proposta nei modi ordinari – ammissibile soltanto qualora detta parte censuri esclusivamente il capo concernente le spese, ovvero nel caso in cui sia la parte vittoriosa sulla questione di competenza a censurare tale statuizione – in quanto siffatto regolamento costituisce un mezzo di impugnazione al quale sono applicabili le norme generali in materia di impugnazioni non derogate dalla specifica disciplina per esso stabilita e perchè la pronuncia sulle spese processuali non costituisce una statuizione autonoma e separata rispetto alla dichiarazione di incompetenza, sicchè la rimessione alla S.C. della questione di competenza, mediante l’istanza di regolamento, implica, in via consequenziale, anche la cognizione sulla pronunzia in tema di spese, destinata ad essere caducata, nel caso di suo accoglimento. Peraltro, qualora il regolamento sia accolto ed il giudizio debba proseguire innanzi al giudice dichiaratosi incompetente, la S.C. deve provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1, u.p., mentre sulle spese relative alla fase svoltasi innanzi al giudice erroneamente dichiaratosi incompetente deve provvedere quest’ultimo, all’esito del giudizio che, una volta riassunto, continua innanzi al medesimo e nel quale conservano rilevanza gli atti compiuti sino alla sentenza di incompetenza cassata, mentre, nel caso di mancata riassunzione, le spese, ai sensi dell’art. 310 c.p.c., u.c., restano a carico delle parti che le hanno anticipate” (Cass., sez. un., ord., 6/07/2005, n. 14205);

va disattesa la doglianza con cui è stata lamentata l’ingiustizia della condanna alle spese di lite inflitta dal Tribunale al T., avendo quel Giudice fatto corretta applicazione del principio della soccombenza e ritualmente provveduto alla liquidazione delle stesse senza rinviare la statuizione sulle spese alla decisione del merito, come invece auspicato dal ricorrente; inoltre va, evidenziato che, rientrando la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti nel potere discrezionale del giudice di merito, questi non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione (Cass., sez. un., 15/07/2005, n. 14989; Cass. 19/06/2013, n. 15317; Cass., ord., 31/03/2017, n. 8421);

questa Corte ha pure precisato che in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse; con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass., ord., 4/08/2017, n. 196139), minimi e massimi, a loro volta derogabili con apposita motivazione (Cass., ord., 31/01/2017, n. 2386; Cass., ord., 14/05/2018, n. 11601); pertanto non può dolersi il ricorrente che il Tribunale abbia liquidato le spese in misura massima senza alcuna motivazione al riguardo, precisandosi che il Collegio ritiene applicabili i principi affermati con le decisioni di legittimità appena richiamate anche con riferimento al D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, così come da ultimo modificato dal D.M. n. 37 del 2018, art. 1;

ritenuto che:

conclusivamente va dichiarata la competenza del Tribunale di Roma – Sezione specializzata in materia di impresa, dinanzi al quale il processo dovrà essere riassunto nei termini di legge;

tenuto conto della particolarità delle questioni esaminate e dell’assenza di specifici precedenti di legittimità, le spese del presente procedimento ben possono essere compensate per intero tra le parti;

va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Roma – Sezione specializzata in materia di impresa; compensa per intero tra le parti le spese del presente procedimento; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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