Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13075 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2011, (ud. 30/03/2011, dep. 15/06/2011), n.13075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.C. in persona del legale rappresentante pro tempore

della EUREDIL S.R.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI

43, presso lo studio dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 25/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 04/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato RANUCCI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato D’AYALA VALVA, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Lombardia dep. il 04/04/2005 che aveva, respingendo l’appello dell’Ufficio, confermato la sentenza della CTP di Milano che aveva accolto il ricorso di C.C. avverso l’avviso di rettifica Iva per l’anno 1994 con cui al C. erano state applicate le sanzioni di infedele dichiarazione e la società tenuta in solido. La CTR aveva ritenuto invece illegittimo l’avviso in quanto le sanzioni per infedele dichiarazione (nel caso in esame la dichiarazione iva con trasferimento di debito iva a società che non era più controllante di quella amministrata dal C.) erano riferibili alla società e non all’amministratore persona fisica, nella vigenza della L. n. 4 del 1929.

La ricorrente pone a fondamento del ricorso la violazione di legge e il vizio motivazionale. Il contribuente ha resistito con controricorso. La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico articolato motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 43, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5 e della L. n. 4 del 1929, artt. 10 e 12 assumendo che la violazione di infedele dichiarazione era direttamente imputabile al C. che aveva sottoscritto la dichiarazione e attestato il rapporto di controllo tra le società e che a norma della L. n. 4 del 1929 il responsabile della violazione era la persona fisica, mentre la persona giuridica rispondeva solo solidarmente.

Il C. col controricorso, pur non contestando l’attribuibilità materiale della condotta, assume che la disposizione della Legge Iva, art. 43 all’epoca in vigore, prevedeva un illecito a carico del soggetto passivo dell’imposta(ente) che non poteva estendersi solidarmente al rappresentante legale(persona fisica), mancando una norma analoga al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 27 che invece imputava la responsabilità alla persona fisica estendendola solidariamente all’ente; pertanto “chi presenta(o no)la dichiarazione a norma del predetto art. 43 è l’ente e non l’autore materiale della violazione, onde non poteva estendesi la responsabilità all’autore materiale.” Il motivo di ricorso è infondato.

La causa deve essere decisa alla stregua dei principi affermati da questa Corte (tra le altre Cass. n. 13998/01, Cass. n. 18041/2005) che ha osservato che alla luce dell’orientamento ormai consolidato, secondo il quale la L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12 in tema di repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, con riguardo alle infrazioni che comportano soprattassa o pena pecuniaria, commesse da persone fisiche che abbiano la rappresentanza di enti privati forniti di personalità giuridica, prevede la responsabilità solidale dell’ente, in aggiunta a quella dell’autore dell’illecito, mentre non contempla l’ipotesi inversa, con la conseguenza che, alla stregua della predetta disposizione, in caso di infrazioni direttamente imputabili all’ente quale soggetto passivo del rapporto tributario, sia pure in forza di atti o comportamenti del suo organo, resta esclusa la possibilità di affermare la responsabilità del rappresentante, in solido con quella del rappresentato. Il principio della identificazione del trasgressore, soggetto passivo della sanzione, con l’autore materiale della violazione risulta, invece, accolto più di recente dal legislatore con il D.Lgs. n. 472 del 1997, abrogativo, tra l’altro, della descritta normativa, che, all’art. 2, comma 2, considera la persona fisica che ha posto in essere il comportamento trasgressivo come unico centro d’imputazione della sanzione, e, all’art. 11, ha poi esteso la responsabilità dell’autore della violazione, in via solidale, al contribuente, che ben può essere un ente, con o senza personalità giuridica. Tale disciplina, peraltro, non è applicabile retroattivamente, in Virtù del principio fissato dall’art. 3 dello stesso decreto legislativo, che, al comma 1, esclude analogamente a quanto previsto per le sanzioni penali e per quelle amministrative rispettivamente all’art. 25 Cost. e all’art. 2 c.p., e dalla L. n. 689 del 1981, art. 1 – la retroattività della norma che introduce nuove sanzioni o aggrava quelle già previste” (Cass. Sez. Trib. Sent. n. 6258/2001). In effetti, l’amministratore di una società di capitali non può essere chiamato, in base alla normativa precedente a quella contenuta nel D.Lgs. n. 472 del 1997, puramente e semplicemente a rispondere del pagamento delle sanzioni comminate a carico della società che gestisce; una responsabilità nel suoi confronti può configurarsi solo se siano a lui direttamente ascrivibili omissioni colpose od attività tali che ne facciano l’autore della trasgressione in relazione alla quale è stata fatta applicazione della penalità (Cfr. Cass. sent. n. 3342/86).

Ora nel caso in ispecie, la dichiarazione infedele, seppur fisicamente redatta e presentata dal legale rappresentante, è, pur sempre, imputabile all’ente e non all’organo, in mancanza, al tempo, di fattispecie che prevedesse l’attribuibilità della condotta alla persona fisica. Nel medesimo ordine di idee, Cass. n. 22464/08, Cass. n. 19957/05, Cass. n. 18160/02, Cass. n. 4074/02, in tema di solidarietà di cui al D.P.R. n 602 del 1973, art. 98, comma 6 del hanno ritenuto che tale principio si applica alle sole sanzioni civili di cui al titolo 3^ che prevede comportamenti direttamente imputabili alle persone fisiche. Il ricorso deve essere rigettato e ricorrono giusti motivi, per la natura delle questioni trattate, per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso introduttivo e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sezione Tributaria il 30 marzo 2011 e il 04 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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