Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1228 del 21/01/2020
Cassazione civile sez. trib., 21/01/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 21/01/2020), n.1228
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3526/2016, proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,
rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio
legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
B.C., rappresentata e difesa dall’avv. Arrigo Valraro,
presso lo studio del quale in via Sebino, 29 – Roma – è
elettivamente domiciliata.
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 39/02/2015 emessa inter partes il
18 febbraio 2015 dalla Commissione Tributaria Regionale del Molise,
avente ad oggetto silenzio – rifiuto di rimborso IRPEF della
Direzione Provinciale di Campobasso.
Fatto
RILEVATO
CHE:
B.C., dipendente fino al 31 marzo 2005 dell’Agenzia del Demanio, ha ottenuto la liquidazione dell’indennità di fine rapporto, erogata dal Fondo di Previdenza per il Personale del Ministero delle Finanze di cui al D.P.R. n. 211 del 1981, decurtata della trattenuta IRPEF;
la stessa, ritenendo che l’indennità non fosse soggetta ad IRPEF, ne ha domandato il rimborso;
avverso il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso, che lo ha rigettato;
la Commissione Tributaria Regionale del Molise, riformando la sentenza di primo grado, lo ha accolto;
per la cassazione di questa sentenza ricorre l’Agenzia delle Entrate per un unico motivo;
la contribuente resiste con controricorso;
Per la trattazione è stata fissata l’adunanza in camera di consiglio del 17 settembre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. n. 168 del 2016.
CONSIDERATO
CHE:
Nella sentenza impugnata l’inapplicabilità dell’IRPEF è immediatamente collegata al fatto che il fondo di previdenza istituito dal D.P.R. n. 211 del 1981 è alimentato da “proventi derivanti dalle contravvenzioni, dalle sanzioni pecuniarie, da tasse e imposte indirette sugli affari, trattenute sulle vincite del lotto”, connessi “all’attività di accertamento posta in essere dai dipendenti del suddetto ministero e dunque… alla attività lavorativa dei dipendenti specificati”; con la conseguenza che risultando detti proventi “ad esclusivo carico del personale in oggetto, l’indennità di TFR dal medesimo percepita non risulta soggetto all’imposta IRPEF”.
L’Agenzia ricorrente denuncia “violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17 e art. 19, nonchè del D.P.R. n. 1034 del 1984, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, ritenendo che i proventi che alimentano il fondo non possono essere ritenuti ad esclusivo carico dei dipendenti, dipendendo dall’attività d’istituto da essi esercitata. Critica, inoltre, l’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza 9430/2003, nel solco della quale si inserirebbe la sentenza impugnata.
Come già chiarito da questa Corte nelle sentenze n. 19859/2016, 2458/17 e 25396/17, dalle quali non v’è motivo per discostarsi, il Fondo di previdenza per i dipendenti del Ministero delle Finanze, alimentato (D.P.R. n. 1034 del 1984, art. 2) dai proventi della vendita di beni confiscati, sanzioni pecuniarie e percentuali delle vincite al gioco del lotto, oltre ad altre indennità perequative pensionabili, e dunque, in massima arte, da premi di produttività e da incentivi legati all’attività dell’istituto, eroga, alla cessazione del rapporto, un’indennità che costituisce forma di retribuzione differita, come tale assimilabile alle “indennità equipollenti” alle indennità di fine rapporto ed assoggettabile quindi a tassazione separata.
Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, cassata la sentenza impugnata, la controversia può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, ultima parte, con il rigetto del ricorso della contribuente.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Compensa fra le parti le spese dei giudizi di merito.
Condanna B.C. alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.
Depositato in cancelleria il 21 gennaio 2020