Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12376 del 07/06/2011
Cassazione civile sez. I, 07/06/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 07/06/2011), n.12376
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8055/2010 proposto da:
B.R. ((OMISSIS)) quale erede di B.A.,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 71, presso lo
studio dell’avvocato MARCHETTI Alessandro, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato LIPPI ANDREA, giusta procura speciale
a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE ((OMISSIS)), PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimati –
avverso il decreto n. 52831/05 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
20.3.06, depositato il 03/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
27/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO
VELARDI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.- B.R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi con il quali denuncia vizio di motivazione e violazione della L. n. 89 del 2001 – contro il decreto, emesso il 3 aprile 2009, con il quale la Corte d’appello di Roma ha rigettato la sua domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, proposta quale erede di B.A. in relazione al dedotto irragionevole protrarsi di un processo pensionistico promosso dal suo dante causa dinanzi alla Corte dei Conti il 25.2.1998 e definito con accoglimento del 21.1.2005.
Lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto che il successore non possa avvalersi dell’altrui diritto all’indennizzo ex lege Pinto.
Gli intimati – P.D.C.M. e Ministero dell’Economia – non hanno svolto difese.
1.1.- La presente sentenza è redatta con “motivazione semplificata” ai sensi del provvedimento del Primo Presidente in data 22 marzo 2 011.2.- Il ricorso proposto nei confronti del Ministero intimato è inammissibile perchè la domanda risulta proposta nel 2005, mentre solo con la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1225, è stata modificata la legittimazione passiva in materia di equa riparazione per processi dinanzi al giudice amministrativo e a quello contabile (Ministero dell’Economia anzichè P.D.C.M.).
2.1- E’ fondato il ricorso nei confronti della P.D.C.M. perchè secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (v., per tutte, Sez. 1, n. 2983/2008) in tema di equa riparazione prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, in caso di decesso di una parte, l’erede ha diritto a conseguire, “iure successionis”, l’indennizzo maturato dal “de cuius” per l’eccessiva protrazione di un processo che lo vide parte.
Il decreto impugnato, dunque, deve essere cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte può decidere nel merito la causa alla luce dei criteri enucleati dalla Corte EDU circa gli standard di durata dei processi, stabilita in tre anni per il primo grado di giudizio. Pertanto, essendosi il processo pensionistico presupposto protratto ulteriormente con un ritardo di circa tre anni e undici mesi rispetto alla durata ragionevole, deve essere liquidata, alla ricorrente, a titolo di danno non patrimoniale, la somma di Euro 3.163,00. Infatti, “in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, i criteri di liquidazione applicati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non possono essere ignorati dal giudice nazionale, il quale può tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, purchè motivate e non irragionevoli. Peraltro, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1000 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno” (Sez. 1, Sentenza n. 21840 del 14/10/2009).
Le spese processuali – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri a corrispondere alla ricorrente, nella qualità in atti, la somma di Euro 3.163,00 a titolo di indennizzo, oltre gli interessi legali dalla domanda e le spese del giudizio che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 378,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e, per il giudizio di legittimità, in Euro 665,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011