Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33791 del 19/12/2019
Cassazione civile sez. VI, 19/12/2019, (ud. 12/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33791
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27328-2018 proposto da:
D.V.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO hVII
n. 407, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DI VEZZA,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO TROIANI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 886/16/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA, depositata il 13/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO
DELLI PRISCOLI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Rilevato:
che il contribuente impugnava l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2008 per IRES, IRAP e IVA con il quale l’Ufficio aveva accertato un maggior reddito D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39;
che la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, escludendo dalla ricostruzione, in conformità all’insegnamento della Corte costituzionale, i prelevamenti effettuati;
che la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello del contribuente e – dopo aver osservato che, anche se il contribuente aveva tenuto una contabilità ordinaria, da un lato essa era tenuta in maniera tale da non permettere una ricostruzione dell’attività complessiva dell’impresa e dall’altro erano emerse diversità fra gli importi indicati nelle fatture, ricevute fiscali e gli importi derivanti dalle movimentazioni finanziarie – riteneva che “l’accertamento mediante presunzioni qualificate di attività non dichiarate non passa necessariamente per la previa contestazione di violazioni di carattere contabile”;
che il contribuente proponeva ricorso affidato ad un unico motivo di impugnazione mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente denuncia violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in quanto la CTR non avrebbe considerato che le presunte irregolarità contabili del contribuente non sarebbero ostative alla ricostruzione analitica della situazione contabile in quanto mancherebbero le gravi incongruenze che sole giustificherebbero il ricorso al metodo induttivo;
considerato che – a prescindere da una indagine circa una eventuale inammissibilità per avere il ricorrente surrettiziamente cercato di prospettare una situazione di fatto relativa all’affidabilità e alla completezza della contabilità del contribuente diversa da quella individuata dalla sentenza impugnata – secondo questa Corte, in tema di accertamento dei redditi di impresa, l’Ufficio può procedere a quello analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, anche in presenza di scritture formalmente regolari, ove la contabilità risulti complessivamente inattendibile sulla base di elementi indiziari gravi e precisi (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32129);
ritenuto che la CTR si è attenuta a suddetto principio laddove – dopo aver osservato che, anche se il contribuente aveva tenuto una contabilità ordinaria, da un lato essa era tenuta in maniera tale da non permettere una ricostruzione dell’attività complessiva dell’impresa e dall’altro erano emerse diversità fra gli importi indicati nelle fatture, ricevute fiscali e gli importi derivanti dalle movimentazioni finanziarie – ha ritenuto che “l’accertamento mediante presunzioni qualificate di attività non dichiarate non passa necessariamente per la previa contestazione di violazioni di carattere contabile”, perchè, dopo aver sostanzialmente affermato che la contabilità era solo formalmente corretta, ha individuato nello scostamento fra gli importi indicati nelle fatture, ricevute fiscali e gli importi derivanti dalle movimentazioni finanziarie quegli indizi gravi e precisi che giustificavano il ricorso all’accertamento induttivo ex citato art. 39;
ritenuto pertanto che il motivo di ricorso è infondato, che il ricorso va conseguentemente rigettato e che le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.500, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019