Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33731 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/12/2019, (ud. 07/03/2019, dep. 18/12/2019), n.33731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. NONNO Giacomo Mari – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancar – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10269 del ruolo generale dell’anno 2016

proposto da:

Jannone Tubi s.r.l., in liquidazione, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura

speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti Roberto Landolfi e

Sabrina Marotta, elettivamente domiciliata in Roma, via Ovidio, n.

20, presso lo studio Liccardo, Landolfi e Associati;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

è domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, n. 1760/14/2015, depositata in data 19

ottobre 2015;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 marzo 2019 dal

Consigliere Giancarlo Triscari;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore

generale Dott. Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo il

rigetto del ricorso;

uditi per la società gli Avv.ti Sabrina Marotta e Roberto Landolfi e

per l’Agenzia delle dogane l’Avvocato dello Stato Francesca Subrani.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Dalla esposizione in fatto contenuta nella sentenza si evince che: l’Agenzia delle dogane aveva emesso nei confronti della Jannone Tubi s.r.l. (già Tubisid s.p.a.) e della Enrico Jannone s.p.a. (già Cifin s.p.a.) degli avvisi di rettifica, aventi ad oggetto sei distinte importazioni di raccorderie di tubi di ghisa, con i quali era stato richiesto il pagamento del dazio antidumping, avendo rilevato che la merce importata non aveva origine argentina, ma brasiliana; avverso i suddetti atti impositivi era stato proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Livorno che lo aveva rigettato; avverso la pronuncia del giudice di primo grado era stato proposto appello che era stato rigettato dalla I Commissione tributaria regionale della Toscana; avverso la suddetta pronuncia era stato proposto ricorso per cassazione; la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando il giudizio alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione; il giudizio era stato riassunto dalla Enrico Jannone s.p.a. con distinti ricorsi, identici nel contenuto; la Commissione tributaria regionale della Toscana, previa riunione dei due ricorsi, trattandosi di giudizi relativi alle stesse parti ed alla medesima vicenda giuridica, ha rigettato l’appello, confermando la sentenza del giudice di primo grado.

In particolare, la Commissione tributaria regionale della Toscana, in epigrafe, ha ritenuto che, dovendo procedere secondo i limiti di giudizio segnati dalla pronuncia della Corte di cassazione, era necessario verificare se le considerazioni svolte dalla società importatrice, per dimostrare l’erroneità dell’accertamento, avessero una valenza probatoria tale da far perdere agli elementi presuntivi posti a fondamento della pretesa impositiva i caratteri della univocità e concordanza necessari per ritenere assolto l’onere probatorio gravante sull’amministrazione doganale.

Procedendo secondo la suddetta impostazione di fondo, ha quindi specificamente considerato gli argomenti in base ai quali, secondo la prospettazione di parte ricorrente, era possibile contrastare gli elementi indiziari dedotti dall’Agenzia delle dogane diretti a provare che la produzione della merce era avvenuta in Brasile senza, quindi, alcun intervento da parte della società esportatrice argentina che potesse giustificare la diversa provenienza della merce.

All’esito della specifica valutazione dei singoli elementi posti a fondamento dalle parti per sostenere le rispettive posizioni difensive, la pronuncia censurata ha ritenuto che gli elementi contenuti negli atti di accertamento impugnati, tratti dalle risultanze dell’atto ispettivo compiuto dall’OLAF, avevano la valenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, secondo quanto previsto dall’art. 2729, c.c..

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso la società contribuente affidato a tre motivi di censura. L’Agenzia delle dogane si è costituita depositando controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Ragioni della decisione

Preliminarmente, va disattesa l’eccezione della controricorrente di nullità del ricorso per essere stato proposto e notificato all’Agenzia delle dogane, piuttosto che all’Agenzia delle dogane e dei Monopoli, soggetto costituito nel giudizio di merito e, quindi, nei cui confronti soltanto doveva essere proposto il ricorso.

Va, infatti, osservato che la mancata completa indicazione del nominativo della controparte non comporta in alcun modo dubbi in ordine alla identificazione del soggetto nei cui confronti sono fatte valere le ragioni di censura della sentenza, senza che possa porsi questione di non corretta individuazione della giusta parte del giudizio.

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e dell’art. 132 c.p.c., per essere priva degli elementi essenziali, non essendo correttamente identificabili le parti processuali e non essendo stato fatto alcun cenno, in sede di svolgimento del processo, ai giudizi riassunti dalla ricorrente, con evidente scollamento con la parte motiva della pronuncia, sicchè non è possibile individuare a chi è riferibile il concreto contenuto nel dispositivo.

Il motivo è fondato.

Dall’esame dell’epigrafe della sentenza impugnata si evince che dinanzi alla Commissione tributaria regionale la Enrico Jannone s.p.a. aveva proposto quattro ricorsi in riassunzione (nn. 1547/2014, 1548/2014, 1550/2014 e 1551/2014), mentre due erano stati proposti dalla Jannone tubi s.r.l. (nn. 1552/2014 e 1554/2014).

In sede di svolgimento del processo, la pronuncia in esame dà atto che la Jannone Tubi s.r.l. e la Enrico Jannone s.p.a. avevano proposto, dinanzi al giudice di primo grado, distinti ricorsi avverso sei avvisi di rettifica, e, quindi, precisa che sia la Commissione tributaria provinciale di Livorno che la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettavano il ricorso, e che, a seguito di ricorso per cassazione, la sentenza di secondo grado era stata cassata con rinvio.

Nella medesima sede, la pronuncia riporta la parte della motivazione della sentenza di questa Corte sopra indicata, nel cui contesto (punto 5.1.), si ricava unicamente il riferimento alla Enrico Jannone s.p.a..

Successivamente, la pronuncia in esame dà atto del fatto che il giudizio, a seguito della cassazione con rinvio, era stato riassunto dalla Enrico Jannone s.p.a. con distinti ricorsi, identici nel contenuto e, nella parte motiva, specifica di dovere preliminarmente riunire i due ricorsi trattandosi di giudizi nei confronti delle stesse parti e relativi ad una medesima vicenda giuridica, distinguendosi solamente in relazione alla bolletta che accompagnava la singola importazione.

Infine, nel contesto della motivazione della sentenza non vi è alcuna riferimento ad una o a entrambe le società contribuenti, mentre nel dispositivo si conferma la sentenza di primo grado.

Ciò posto, va precisato che l’art. 132, c.p.c., comma 2, n. 2), prevede che la sentenza deve contenere, tra l’altro, “l’indicazione delle parti e dei loro difensori”, e tale specifica indicazione ha la funzione di non generare incertezza circa i soggetti ai quali la decisione si riferisce, sicchè deve emergere dall’intestazione della sentenza o, quantomeno, dal contesto della medesima, con sufficiente chiarezza, l’identificazione di tutte le parti cui la decisione è riferibile, posto che solo in tal caso, infatti, la sentenza è in grado di raggiungere i fini cui tende.

Come già più sopra evidenziato, se, da un lato, l’epigrafe della sentenza ed il riferimento, contenuto nella parte iniziale dello svolgimento del processo, alla fase iniziale del giudizio di merito, sembrerebbe ricondurre la pronuncia sia alla Jannone Tubi s.r.l. che alla Enrico Jannone s.p.a., d’altro lato, nei successivi passaggi, tale identificazione risulta oltremodo incerta e imprecisata, in quanto si fa riferimento ad una sola pronuncia della Corte di cassazione, il cui contenuto per esteso è riconducibile unicamente alla Enrico Jannone s.p.a., ed alla presentazione da parte della medesima società di distinti ricorsi in riassunzione.

Ulteriore profilo di incertezza riguarda la parte motiva della pronuncia, dove si fa riferimento alla riunione di due ricorsi relativi alle stesse parti ed alla medesima vicenda giuridica, ma ciò contrasta con quanto evincibile dall’epigrafe della sentenza, dove, invero, risulta che la Enrico Jannone s.p.a. aveva proposto quattro appelli, mentre la Jannone tubi s.r.l. risulta avere proposto due appelli.

Nessuna ulteriore indicazione, infine, risulta dal dispositivo, ove si fa riferimento alla conferma della sentenza di primo grado, senza ulteriore specificazione.

Tali elementi non consentono, quindi, di identificare chiaramente a quale ricorso in riassunzione la pronuncia in esame è riferibile e, quindi, chi sia il soggetto destinatario della statuizione contenuta nel dispositivo.

In sostanza, risulta una evidente discrasia tra: l’epigrafe della sentenza, in cui si fa menzione di entrambi i soggetti, Enrico Jannone s.p.a. e Jannone tubi s.r.l., quali ricorrenti in riassunzione; lo svolgimento del processo, in cui si citano entrambe le parti ai soli fini della individuazionE dei soggetti che avevano proposto i ricorsi dinanzi al giudice di primo grado ed ove si fa riferimento solo alla Enrico Jannone s.p.a. quale destinataria della pronuncia della Corte di cassazione e quale soggetto che ha proposto i ricorsi in riassunzione; la parte motiva, ove si fa riferimento a soli due ricorsi in riassunzione proposti, in contrasto con la circostanza che la pronuncia aveva fatto unicamente riferimento alla Enrico Jannone s.p.a. quale soggetto che aveva riassunto il giudizio, nonchè con l’epigrafe della pronuncia, ove si evince che quest’ultima aveva proposto quattro ricorsi in riassunzione, non due, come invece indicato espressamente.

Nè può ragionarsi nel senso che, ove la sentenza fa riferimento alla presentazione di due ricorsi, abbia voluto fare riferimento al complesso dei ricorsi in riassunzione proposti sia dalla Enrico Jannone s.p.a. che dalla Jannone tubi s.r.l., posto che tale considerazioni è non conciliabile con l’affermazione che gli stessi potevano essere riuniti in quanto relativi alle stesse parti, essendo gli stessi soggetti distinti.

Dal quadro ricostruttivo sopra indicato, deve ricavarsi l’assoluta non identificabilità della parte nei cui confronti la pronuncia è stata resa e nei cui confronti è diretta la statuizione, con conseguente violazione della previsione di cui all’art. 132 c.p.c..

L’accoglimento del presente motivo di ricorso ha valore assorbente dei restanti motivi di ricorso.

Ne consegue l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, con cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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