Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10762 del 16/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/05/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 16/05/2011), n.10762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore Centrale

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO D’ITALIA

19, presso lo studio dell’avvocato PAPARELLA FRANCO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PARLATO ANDREA, giusta

procura speciale ad litem per atto notaio Leoluca Crescimanno di

Palermo, in data 23.9.08, n. rep. 93386, che viene allegata in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di PALERMO del 14.4.08, depositata il 30/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CENICCOLA

Raffaele.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di A.R. (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione del silenzio sull’istanza di rimborso della ritenuta effettuata sull’indennità di espropriazione percepita dal contribuente, la C.T.R. Sicilia confermava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso del contribuente), rilevando che ai fini del prelievo fiscale stabilito dalla L. n. 413 del 1991, art. 11 occorre che nel triennio anteriore all’entrata in vigore della legge si verifichino sia la percezione della somma sia l’emissione degli atti o provvedimenti in forza dei quali la somma medesima viene corrisposta.

2. Preliminarmente, in relazione alle corrispondenti eccezioni del controricorrente, è da rilevare che deve ritenersi ammissibile il ricorso proposto per l’Agenzia delle Entrate senza indicare l’Ufficio di essa titolare della pretesa impositiva, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la nuova realtà ordinamentale è caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici dell’Agenzia, in via concorrente ed alternativa rispetto al direttore (v. tra le altre SU 3118 del 2006, le quali hanno anche affermato che la notifica della sentenza di merito, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, e quella del ricorso possono essere effettuate, alternativamente, presso la sede centrale dell’Agenzia o presso i suoi uffici periferici). E’ inoltre da rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice dì legittimità, quando l’Agenzia delle entrate si avvalga, nel giudizio di cassazione, del ministero dell’avvocatura dello Stato, non è tenuta a conferire a quest’ultima una procura alle liti, essendo applicabile a tale ipotesi la disposizione del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 1, comma 2 secondo il quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato (v.

cass. n. 11227 del 2007).

E’ infine da escludere la sussistenza degli ulteriori profili di inammissibilità evidenziati dal controricorrente in relazione all’unico motivo di ricorso, essendo in proposito da sottolineare che nella sua prospettazione il motivo esplicita sia l’errore di diritto nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata sia le ragioni di tale errore, senza che possa rilevarsi difetto di autosufficienza, risultando pacifici gli elementi di fatto rilevanti in relazione al suddetto motivo, e senza che possano farsi valere sotto il profilo dell’inammissibilità del motivo eventuali riserve sulla fondatezza del medesimo.

Tanto premesso, l’unico motivo di ricorso (col quale si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, dell’art. 11 commi 5, 6, 7 e 9), oltre che ammissibile, risulta manifestamente fondato alla luce della giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per dìscostarsene) , secondo la quale, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11 ogni pagamento che realizzi una plusvalenza in dipendenza di procedimenti espropriativi e sia conseguito dopo l’entrata in vigore della norma citata è assoggettato a tassazione, ancorchè il decreto di esproprio sia intervenuto in epoca anteriore al 1 gennaio 1989, in quanto la disciplina transitoria di cui al cit. art. 11, comma 9 – che consente, con una parziale retroattività, la tassazione di plusvalenze percepite prima dell’entrata in vigore della legge, condizionandola, però, al fatto che nel triennio successivo al 31 dicembre 1988 siano intervenuti sia il titolo, fonte della plusvalenza, sia la percezione della somma- non si riferisce anche alle riscossioni di plusvalenze successive all’entrata in vigore della legge, le quali sono assoggettabili ad imposizione ai sensi dei commi 1, lett. f), e 5 della medesima disposizione, indipendentemente dalla data degli atti ablativi che ne hanno determinato la percezione (v. da ultimo cass. n. 10811 del 2010 -che, in applicazione del principio suesposto, ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto non tassabile l’indennità di espropriazione corrisposta nel 1997 all’esito di cessione volontaria di un terreno avvenuta nel 1977- e, tra le altre, cass. n. 12706 del 2004).

Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito col rigetto del ricorso introduttivo. Atteso lo sviluppo della vicenda processuale nel merito, si dispone la compensazione delle spese dei relativi giudizi. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la soccombente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2011

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