Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10741 del 16/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/05/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 16/05/2011), n.10741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8318/2008 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

BETTOLO 4, presso lo studio dell’avvocato BROCHIERO MAGRONE Fabrizio,

che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AUTOSTRADE ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso lo STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa

dagli

avvocati FAVALLI Giacinto, ZUCCHINALI PAOLO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 828/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/09/2007, R.G.N. 1967/06;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/04/2011 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato BROCHIERO MAGRONE FABRIZIO;

udito l’Avvocato ZUCCHINALI PAOLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata respinge la domanda proposta nel ricorso di primo grado da T.R. riformando totalmente la sentenza del Tribunale di Milano n. 4415 del 10 dicembre 2005, che aveva riconosciuto l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra il ricorrente e Autostrade per l’Italia s.p.a., a decorrere dal 1 luglio 1990.

La Corte d’appello di Milano, in primo luogo, rileva che il Tribunale ha accolto la domanda di retrodatazione dell’assunzione fin dal primo contratto stipulato a tempo determinato, ravvisando in questo l’assenza del nesso causale tra la prestazione resa e la causa giustificatrice del termine, non essendo provato che il T., nel ruolo di esattore a tempo pieno, avesse sostituito personale in ferie, data la sproporzione emergente dai tabulati prodotti dalla società, tra numero delle assenze e numero dei lavoratori assunti a termine, il che rendeva superfluo l’esame dei contratti a termine successivi.

Peraltro, secondo la Corte d’appello, il Tribunale non ha motivato la reiezione dell’eccezione della società (ritualmente riproposta in appello ex art. 345 cod. proc. civ.) riguardante le dichiarazioni liberatorie rilasciate dal lavoratore in occasione della cessazione dei contratti a termine in oggetto sia in dipendenza del rapporto di lavoro a termine sia per qualunque altro titolo, anche in via di rinuncia e di transazione generale, senza alcuna impugnazione al riguardo.

In particolare l’atto con il quale il rapporto è stato trasformato a tempo indeterminato con prestazione a tempo parziale (poi divenuta a tempo pieno) da rapporto a tempo parziale, con reciproche concessioni, contiene, ad avviso della Corte d’appello, una transazione novativa ai sensi dell’art. 1976 cod. civ., che rende non più scrutinabile la validità dei precedenti contratti a termine, ai lini di cui si tratta nel presente giudizio.

La suddetta transazione non ha, infatti, ad oggetto la nullità di una clausola del titolo – sanzionatole ai sensi dell’art. 1972 cod. civ. – ma solo i diritti che ne deriverebbero, sicchè, ai sensi dell’art. 2113 cod. civ., tali diritti non sono più azionabili. in difetto di impugnazione.

2. Il ricorso di T.R. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste con controricorso Autostrade per l’Italia s.p.a.. la quale deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.

2.- Con il primo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia – in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4 – nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (error in procedendo).

Si assume che la Corte d’appello abbia posto a base della propria decisione elementi di giudizio del tutto diversi rispetto a quelli contenuti nel ricorso in appello della società Autostrade per Italia, violando così il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, cui si collega l’effetto devolutivo dell’appello, di cui agli artt. 434 e 437 cod. proc. civ., oltre tutto dimenticando che l’eccezione di transazione novativa è un’eccezione in senso stretto, vietata in appello ex art. 345 cod. proc. civ..

Conseguentemente, si sostiene che questa Corte sia investita del potere-dovere di sindacato pieno, con possibilità di decidere la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ..

3. Con il secondo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia – in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1976 e 2113 cod. civ..

Si rileva che il richiamo fatto dalla Corte d’appello all’art. 1976 cod. civ., è erroneo sia perchè nella lettera di trasformazione del rapporto di lavoro (da tempo determinato a tempo indeterminato) noti è possibile ravvisare alcuna transazione di natura novativa, sia perchè l’articolo richiamato si riferisce alla diversa fattispecie della risoluzione della transazione per inadempimento.

4.- I motivi – che, data la loro intima connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono inammissibili.

Entrambi i quesiti che li illustrano risultano, infatti, mal formulati in quanto privi dei necessari specifici riferimenti alla fattispecie di cui si tratta, riferimenti che, peraltro, non si rinvengono neppure nell’illustrazione dei motivi stessi, nella quale, fra l’altro, non risultano riportati gli atti cui le censure si riferiscono, atti che non sono neanche allegati al ricorso, in contrasto con il principio di autosufficienza.

E’ noto infatti che, per consolidato e condiviso orientamento di questa Corte, il quesito di diritto, richiesto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. (applicabile ratione temporis) e formulato con il ricorso, deve essere conferente rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio e rilevante per la decisione della controversia e non può risolversi nell’enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia considerata, senza enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici di merito (vedi per tutte: Cass. 4 gennaio 2011, n. 80).

Ciò vale, ovviamente, anche nell’ipotesi in cui si lamenti un vizio del procedimento (art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4) per erronea violazione o falsa applicazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ. (vedi: Cass. 21 febbraio 2011, n. 4146).

In tutti i casi, poi, a pena di inammissibilità, il ricorrente è tenuto a rispettare il principio di autosufficienza dell’impugnazione, in base al quale tutte le volte in cui il ricorso per cassazione si basa sull’asseritamente mancata o erronea valutazione di atti processuali o documentali il ricorrente, ha l’onere di indicare – mediante o l’integrale trascrizione di detti atti nel corpo del ricorso oppure la loro ordinata e materialmente congiunta riproduzione in allegato al ricorso stesso – le risultanze che egli asserisce essere decisive e non valutate o insufficientemente considerate, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere effettuato dalla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative, non consentite ai fini del rispetto della garanzia del contraddittorio e del principio costituzionale di ragionevole durata del processo (vedi per tutte: Cass. 22 febbraio 2010, n. 4201; Cass. 30 luglio 2010. 17915;

Cass. 27 gennaio 2011, n. 2031; Cass. 17 maggio 2010, n. 12028; Cass. 19 maggio 2006. n. 11886).

E’, inoltre, necessario che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione degli atti medesimi è avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità, gli atti stessi sono rinvenibili.

5.- Per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 43,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2011

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