Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32472 del 11/12/2019
Cassazione civile sez. VI, 11/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 11/12/2019), n.32472
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11336-2018 proposto da:
T.B., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE
MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato CARLANTONIO NARDI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;
– intimato –
avverso la sentenza n. 6168/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 03/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA
ESPOSITO.
Fatto
RILEVATO
CHE:
La Corte d’appello di Roma confermava la decisione del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da T.B. per l’ammissione al passivo della società in via privilegiata, ex art. 2751 bis c.c., n. 1, del proprio credito derivante da rapporto di lavoro;
la Corte territoriale aveva rilevato che il giudice di primo grado aveva accertato la mancanza di prova della natura subordinata del rapporto e che sul punto l’atto d’appello era del tutto carente;
avverso la sentenza propone ricorso per cassazione T.B. sulla base di due motivi;
controparte è rimasta intimata;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla L. 5 gennaio 1953, n. 4, art. 1, osservando che la prova del rapporto di lavoro subordinato emergeva per tabulas in ragione della documentazione (lettera di assunzione e buste paga) allegate al ricorso;
con il secondo motivo deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 3), rilevando che la Corte territoriale non aveva speso neppure una parola in ordine al secondo motivo d’appello, avente ad oggetto l’accertamento dei presupposti legittimanti il diritto del T., prestatore ceduto, di rivendicare nei confronti dell’impresa cedente la quota di TFR maturata alla data del trasferimento del ramo di azienda;
il primo motivo non è pertinente al decisum, poichè, proponendo una valutazione del materiale probatorio difforme da quella offerta dai giudici di merito, ripercorre le risultanze esaminate nel giudizio di primo grado senza investire il fondamento della decisione, costituito dalla carenza dell’atto di appello in relazione all’accertamento in primo grado della mancanza di prova della subordinazione;
il secondo motivo è del pari inammissibile, poichè, a fronte di sentenza che non contiene alcun riferimento alle pretese vantate dal lavoratore nei termini indicati, il ricorso, in difetto di localizzazione e trascrizione dei passi salienti dello specifico atto in cui la questione è stata prospettata, deve ritenersi privo di autosufficienza e la questione prospettata nuova, non trattata nella fase di merito e non deducibile per la prima volta in sede di legittimità (in tal senso Cass. n. 20694 del 09/08/2018: “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile, perchè non proposta nei precedenti gradi, la qualificazione, in termini di obbligazione “propter rem” anzichè di obbligazione di natura personale, del vincolo di inedificabilità assunta dal venditore all’interno di un contratto di compravendita)”;
in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile;
nessun provvedimento deve essere adottato con riguardo alle spese di lite, in mancanza di espletamento di attività difensiva ad opera del Ministero.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019