Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32446 del 11/12/2019

Cassazione civile sez. II, 11/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 11/12/2019), n.32446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22948/2015 proposto da:

MINISTERO INTERNO UFFICIO TERRITORIALE GOVERNO DI AVELLINO,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AUTO OK ASSISTANCE SRL, elettivamente domiciliata in SALERNO, V.

FRANCESCO CANTARELLA 7, presso lo studio dell’avvocato GIAN MARIA

FRATTINI, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO GAMBARDELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3846/2015 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 16/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Ministero dell’Interno conveniva innanzi al giudice di pace di Grottaminarda la Auto Ok Assistence srl a fine di ottenere la revoca di alcuni decreti ingiuntivi emessi nei suoi confronti aventi ad oggetto il pagamento delle spese di custodia di veicoli sottoposti a sequestro.

2. Il Giudice di pace di Grottaminarda ritenuta ammissibile la proposizione di un’unica opposizione avverso tutti i diversi decreti ingiuntivi, l’accoglieva parzialmente, solo con riferimento alle spese del giudizio monitorio che riteneva non giustificate a causa dell’illegittimo frazionamento del credito.

3. Il Ministero degli Interni proponeva appello deducendo l’improponibilità della domanda per abusiva parcellizzazione del credito, inesigibilità del credito e violazione del D.P.R. n. 571 del 1982, artt. 11 e 12, oltre alla carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno.

4. Il giudice dell’appello rigettava il gravame.

A parere del giudicante nella specie non ricorreva l’ipotesi di abusivo frazionamento del credito. Con i decreti ingiuntivi oggetto del giudizio, infatti, l’Auto Ok assistence aveva richiesto il pagamento di compensi concernenti la custodia di veicoli diversi, svolta in tempi e per periodi diversi. Dagli atti di causa non risultava che l’incarico fosse stato conferito nell’ambito di un rapporto contrattuale unitario e nel quadro di una convenzione unica stipulata con l’appellante. Al contrario, tale circostanza risultava smentita dalla documentazione agli atti da cui si evinceva l’esistenza di rapporti contrattuali diversi, in quanto richiesti da diversi soggetti ed anche la prestazione resa era diversa per tempi, durata e modalità. Di conseguenza l’appellata aveva la possibilità di agire separatamente per il pagamento del compenso relativo ai plurimi e diversi incarichi.

4.1 Il Tribunale rigettava anche il secondo motivo di appello con il quale l’amministrazione aveva eccepito che il responsabile del pagamento deve essere il privato trasgressore e non l’amministrazione, evidenziando che tra le parti era pacifico che i veicoli oggetto di custodia erano stati rottamati e, dunque, in ragione di tale provvedimento era divenuto attuale il diritto del custode al pagamento del compenso D.P.R. n. 571 del 1982, ex art. 12. In base a tale ultima disposizione il pagamento del compenso grava non sul trasgressore ma sull’amministrazione che, quantomeno, deve anticipare le spese di custodia delle cose sequestrate, ai sensi dell’art. 11 del citato D.P.R., salvo poi il rimborso da parte del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido o di colui a favore del quale è disposta la restituzione della cosa sequestrata.

4.2 Il Tribunale dichiarava inammissibile il motivo di appello relativo alla carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno con riferimento ai casi in cui il sequestro era stato effettuato dai Carabinieri. Tale eccezione era generica in quanto a fronte della pluralità di crediti per i quali l’appellato aveva agito la parte appellante avrebbe dovuto specificamente indicare con riferimento a quali di questi si riferisse l’eccezione di carenza di legittimazione proposta, indicando di volta in volta l’autorità giudiziaria procedente, tanto più che, per sua stessa ammissione, solo parte dei sequestri era stata disposta dai Carabinieri. Il Tribunale accoglieva, invece, l’appello incidentale e dichiarava l’insussistenza di un illegittimo frazionamento del credito e, pertanto, confermava i decreti ingiuntivi numero 85/12, 87/12, 88/12, 91/12, 92/12, 93/12, e 94/12 emessi dal Giudice di Pace di Grottaminarda.

5. Il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso per Cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.

6. La società auto Ok assistenza ha restituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente all’esposizione dei motivi di ricorso il Ministero ricorrente evidenzia che, stante il rilevante contenzioso in materia, l’Avvocatura dello Stato ha reso due pareri secondo i quali ai sensi del D.P.R. n. 571 del 1982 (artt. 7,8,11 e 12) il corrispettivo per l’attività di custodia svolta da terzi privati sui veicoli oggetto di sequestro amministrativo posti in essere dalla p.a. non deve essere anticipato dall’amministrazione con possibilità di successivo recupero nei riguardi dei titolari dei veicoli ma è esclusivamente a carico del trasgressore senza alcun obbligo di anticipazione a carico della p.a..

L’avvocato dei controricorrenti nominato difensore di alcune ditte individuali e società che avevano svolto il servizio di custodia dei beni sequestrati, anzichè richiedere all’autorità giudiziaria un unico decreto ingiuntivo per ciascun assistito comprensivo della somma dei crediti oggetto delle fatture emesse per ciascun veicolo custodito, depositava numerosi ricorsi per decreti ingiuntivi ognuno riferito ad una singola fattura.

I giudici di pace aditi emettevano i singoli decreti ingiuntivi che erano notificati alla prefettura.

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 88 c.p.c. e degli artt. 1175 e 1375 c.c., per illegittimo frazionamento del credito in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

A parete del ricorrente il creditore di un’obbligazione pecuniaria nascente da un unico rapporto obbligatorio non può parcellizzare il proprio credito richiedendone adempimenti parziali con plurime domande giudiziali.

La richiesta in giudizio dell’adempimento frazionato di una prestazione originariamente unica provoca una scissione del contenuto dell’obbligazione che produce unilateralmente una modificazione peggiorativa della posizione del debitore. Tale unilaterale modificazione è in contrasto con il principio di correttezza e buona fede oltre che del giusto processo, traducendosi in un abuso degli strumenti processuali.

Il debitore ingiunto può far valere con un’unica azione l’improponibilità delle domande giudiziali aventi ad oggetto la frazione dell’unico credito e, dunque, con un unico atto di opposizione avverso più ingiunzioni emesse su ricorso del medesimo creditore nei confronti dello stesso debitore.

1.2 Il primo motivo è infondato.

Deve osservarsi l’intrinseca contraddizione in cui cade il ricorrente che con il presente motivo lamenta l’ingiustificato frazionamento del credito e con il terzo motivo, anche se in via subordinata, eccepisce la sua mancanza di legittimazione passiva con riferimento ad alcuni dei decreti ingiuntivi emessi dal Giudice di pace di Grottaminarda, in quanto il sequestro era stato effettuato dai Carabinieri, funzionalmente dipendenti dal Ministero della difesa.

Per aversi un ingiustificato frazionamento del credito, infatti, la domanda deve avere ad oggetto diversi e distinti diritti di credito relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le medesime parti.

Dunque, sulla base della stessa prospettazione del ricorrente, il rapporto debito – credito non è tra le medesime parti e, per ciò solo, nella specie non può trovare applicazione la giurisprudenza che si è formata in tema di illegittimo frazionamento del credito, che peraltro si è ulteriormente delineata, in senso restrittivo, con la recente pronuncia della Sezioni Unite n. 4090 del 2017.

In conclusione, a prescindere dal rilievo circa l’assolvimento dell’onere di indicazione dei decreti ingiuntivi rispetto ai quali vi era carenza di legittimazione passiva in ossequio ai precetti di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., che come si vedrà determina l’inammissibilità del terzo motivo, quel che risulta dirimente è che secondo il ricorrente la pluralità di iniziative giudiziarie promossa nei confronti del Ministero dell’Interno non sarebbe riconducibile ad un unico creditore e, dunque, non può essere accolta la domanda di abusivo frazionamento del credito e di abuso del processo.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 571 del 1982, artt. 11 e 12, dei principi generali in materia di titolarità del debito per la custodia dei beni sequestrati, in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

A parere del ricorrente il soggetto legittimato a pagare le spese di custodia dei veicoli oggetto di sequestro amministrativo non è l’amministrazione come affermato dalla Corte di Appello sulla base di un’erronea interpretazione dell’art. 11 del D.P.R. citato. Le spese di conservazione delle cose sequestrate sono regolate dal successivo art. 12, secondo cui il custode non ha diritto ad alcuna anticipazione ma solo al rimborso da parte del prefetto, tenuto conto delle tariffe e degli usi locali vigenti dopo che sia stata disposta la confisca o la restituzione del veicolo. Tali spese gravano sull’amministrazione in caso di confisca e sul proprietario della vettura sequestrata in caso di restituzione.

2.1 Il secondo motivo è infondato.

Questa Corte ha già affermato in numerose occasioni che le spese di custodia dei veicoli posti in sequestro ed affidati in custodia a un soggetto privato devono essere anticipate dall’amministrazione, ai sensi del D.P.R. n. 571 del 1982, art. 11. Si è detto, infatti, che all’esterno, nei confronti del custode, creditore delle spese, l’obbligo di pagamento grava, ai sensi del D.P.R. n. 571 del 1982, art. 11, comma 1, esclusivamente sull’Amministrazione di appartenenza, cioè su quella nel cui organico è posto il pubblico ufficiale che ha proceduto al sequestro amministrativo (Cass., Sez. 3, 12 luglio 2007, n. 15602; Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2009, n. 564; Cass., Sez. 6 2, 26 marzo 2015, n. 6067), mentre l’obbligo di rimborso a carico del trasgressore riguarda i rapporti interni tra l’Amministrazione che ha proceduto al sequestro, e che ha anticipato al custode le spese, e il trasgressore (i o soggetti con lui obbligati in solido) (v., Sez. 6 3, Ordinanza n. 26531 del 2017, ord. n. 14660 del 2016, Sez. 1, Sent. n. 9394 del 2015; nello stesso senso, Sez. 6-2, Ord. n. 6067 del 2015).

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 571 del 1982, art. 11, difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’interno, essendo invece legittimato il Ministero della Difesa.

In via subordinata il ricorrente chiede la riforma della sentenza per erronea applicazione del D.P.R. n. 571 del 1982, art. 11, ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. citato le spese di custodia delle cose sequestrate sono anticipate dall’amministrazione cui appartiene il pubblico ufficiale che ha eseguito il sequestro. Le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto che in merito alle domande per il riconoscimento delle spese sopportate per la custodia di veicoli sottoposti a sequestro amministrativo da parte dei Carabinieri nell’esercizio di attività istituzionale loro conferita dalla legge sia legittimato passivo il Ministero della Difesa da cui i predetti pubblici ufficiali dipendono organicamente e al quale spetta l’obbligo di anticipazioni di dette spese e non al Ministero degli interni.

A prescindere dalla rilevabilità d’ufficio del difetto di legittimazione passiva l’eccezione era stata sollevata dal Ministero ricorrente con riguardo ai crediti per i quali risultava dalle fatture espressamente indicato che il sequestro era stato operato dai carabinieri. Tale criterio di individuazione era da considerarsi sufficiente e l’eccezione non poteva dirsi generica come ritenuto dal Tribunale che, invece, avrebbe dovuto controllare le fatture per verificare l’esatta individuazione di quelle il cui sequestro era stato operato dai carabinieri.

3.1 Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non indica quali decreti ingiuntivi avevano ad oggetto i veicoli sequestrati dai carabinieri rispetto ai quali legittimato passivo era il ministero della difesa. Peraltro, questa stessa lacuna aveva caratterizzato il giudizio di merito tanto da determinare una pronuncia di inammissibilità dell’eccezione per genericità. Dunque, il motivo risulta inammissibile per genericità e, giova evidenziare, che per gli stessi motivi risulta corretta la valutazione di inammissibilità del corrispondente motivo di appello effettuata dal giudice del merito.

5. Il ricorso è rigettato.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1800 più 200 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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