Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32003 del 09/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/12/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 09/12/2019), n.32003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.E., domiciliato in Roma, presso la Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso, per delega in calce al ricorso per

cassazione, dall’avv. Gianluca Vitale che indica per le

comunicazioni relative al processo presso la p.e.c.

gianlucavitale.pec.ordineavvocatitorino.it e il fax n. (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 544/2018 della Corte di appello di Torino

emessa il 16.2.2018 e depositata il 26.3.2018 R.G. n. 1114/2017;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Giacinto Bisogni.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il richiedente asilo, C.E., cittadino nigeriano, nato a (OMISSIS) in Edo State, l'(OMISSIS) di religione cristiana, ha chiesto alla Commissione territoriale di (OMISSIS) il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria esponendo di aver lasciato il proprio paese perchè perseguitato da una setta che voleva fargli sacrificare la figlia, nata in un giorno sacro ai loro idoli. Aveva quindi salvato la bambina dal sacrificio tribale imponendo alla moglie di fuggire e di portarla via con sè. Come reazione a questo comportamento alcuni appartenenti alla setta avevano iniziato a malmenarlo. Era sopraggiunta la polizia che lo aveva messo in salvo chiedendo dei soldi per liberarlo. Era rimasto in carcere per un anno circa sino a quando era riuscito ad evadere con l’aiuto di una guardia carceraria accomunata dalla sua stessa fede cristiana.

2. La Commissione territoriale ha respinto la domanda.

3. Il Tribunale di Torino ha ritenuto la storia non credibile e priva di riscontri. Quanto alla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ha rilevato che la regione di provenienza del richiedente asilo (l’Edo State) non è caratterizzata da una situazione di violenza generalizzata valutabile ai fini della concessione della protezione sussidiaria. Inoltre, ai fini della valutazione della domanda di protezione umanitaria, il Tribunale ha rilevato che il r.a. oltre ad aver fornito una narrazione non credibile non ha neanche dimostrato un rilevante percorso di integrazione in Italia dove peraltro non ha neanche dei legami familiari.

4. Ha proposto appello il sig. C.E. relativamente al rigetto della domanda di protezione umanitaria. Il sig. C. ha lamentato la mancata considerazione della situazione di diffusa violenza presente in Nigeria e delle sue condizioni di salute connesse al diniego di protezione, cui era seguito un episodio di crisi a carattere psicotico con atti di autolesionismo.

5. La Corte d’appello di Torino ha dichiarato l’appello inammissibile perchè sostanzialmente diretto a riproporre le argomentazioni difensive portate a sostegno del ricorso di primo grado già respinte con riguardo alla situazione sociopolitica nigeriana. Ha ritenuto non gravi le condizioni di salute del sig. C.E.. Ha revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in considerazione della avvenuta prospettazione di una vicenda non veritiera al fine di ottenere l’accoglimento della sua domanda di protezione.

6. Ricorre per cassazione il sig. C.E. che deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, – violazione dei criteri legali per la concessione della protezione umanitaria.

7. Non svolge difese il Ministero dell’Interno.

Diritto

RITENUTO

CHE:

8. Il ricorso è inammissibile perchè consiste nella sostanziale riproposizione delle difese già svolte nel giudizio di merito e attinenti alla valutazione fattuale dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria. Valutazione che la Corte di appello ha compiuto con motivazione articolata e esaustiva rilevando, sulla base delle informazioni fornite dai siti di organizzazioni come Human Rights Watch e U.N.H.C.R., che la situazione dell’area di provenienza del richiedente non costituisce, neanche ai fini dell’accertamento di una eventuale condizione di vulnerabilità soggettiva, un elemento idoneo di per sè a concretizzare una esposizione a un rischio, per la propria incolumità, rilevante, anche se inferiore a quello richiesto per la concessione della protezione sussidiaria, protezione quest’ultima rispetto alla quale il richiedente asilo ha accettato la pronuncia negativa del Tribunale, limitando il proprio appello alla domanda di protezione per gravi ragioni umanitarie. Sotto il profilo della valutazione delle condizioni di salute, che si sarebbero manifestate dopo il rigetto della domanda di protezione, va rilevato che la Corte di appello ha esaminato la documentazione medica e ha ritenuto la occasionalità e la transitorietà del disturbo psichiatrico, oltre che la sua curabilità senza che siano necessari trattamenti indifferibili e condizionanti la presenza del sig. C.E. in Italia. Deve ritenersi pertanto che il ricorso consista in una mera contestazione della decisione di merito, contrariamente alla rubrica del motivo su cui si fonda, che si riferisce all’art. 360 c.p.c., n. 3, e che esso non sia pertanto conforme ai requisiti di ammissibilità richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per la proposizione del ricorso per cassazione che deduca una violazione di legge (cfr. Cass. civ. sez. ordinanze nn. 3340 del 5.2.2019 e 24155 del 13.10.2017).

9. Alla dichiarazione di inammissibilità senza statuizioni sulle spese processuali, consegue la presa d’atto, in dispositivo, dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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