Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31880 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. III, 06/12/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 06/12/2019), n.31880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi iscritti al numero 996 del ruolo generale dell’anno 2018,

proposti da:

C.C., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta

procura allegata al ricorso, dall’avvocato Sabrina Zappasodi (C.F.:

ZPP SRN 68H64 H769E) C.M. (C.F.: CHR MCS 72T17 Z602V)

rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso,

dall’avvocato Sergio Gabrielli (C.F.: GBR SRG 64D05 H769Q);

– ricorrenti –

nei confronti di:

DOBANK S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in rappresentanza di UNICREDIT

LEASING S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del rappresentante per

procura T.F. rappresentato e difeso, giusta procura in

calce al controricorso, dall’avvocato Marco Filesi (C.F.: FLS MRC

59C16 H501R);

– controricorrente –

nonchè

FALLIMENTO (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione (C.F.: non indicato), in

persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bologna n.

1239/2017, pubblicata in data 25 maggio 2017;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 17

settembre 2019 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Locat S.p.A. (nella titolarità delle cui posizioni giuridiche è subentrata oggi Unicredit Leasing S.p.A.) ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di C.M. e D.R.V. (alla quale è succeduto in corso di causa l’unico erede C.C.), quali fideiussori di (OMISSIS) S.r.l. (società dichiarata fallita), in virtù di crediti derivanti da due contratti di locazione finanziaria, per un complessivo importo di Euro 217.758,31.

Il Tribunale di Bologna ha accolto l’opposizione dei fideiussori ingiunti, revocando il decreto, ma li ha condannati al pagamento dell’importo residuo del credito, decurtato del prezzo ricavato dalla vendita dei beni oggetto della locazione.

La Corte di Appello di Bologna ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono, con distinti ricorsi, C.M. e C., ciascuno sulla base di tre motivi.

Resiste con distinti controricorsi Unicredit Leasing S.p.A. (rappresentata da DoBank S.p.A.).

Non ha svolto attività difensiva in questa sede la curatela intimata.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Ricorso di C.C..

1.1 Con il primo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., per aver omesso la sentenza impugnata di pronunciare sul terzo motivo di appello col quale era stata censurata la sentenza di primo grado: 1) – perchè aveva erroneamente ritenuto tardiva e non esaminata l’eccezione di difetto di rappresentanza in capo al sig. C.M., nonostante la procura non prevedesse il potere di garantire debiti contratti da soggetti diversi dalla mandante, e nullità derivata della sentenza; 2) – perchè aveva erroneamente ritenuto tardiva l’eccezione inerente l’assenza della volontà del sig. C.M. di spendere il nome della rappresentata sig.ra D.R.V. all’atto della sottoscrizione delle due fideiussioni, ed aveva invece erroneamente ritenuto che il rappresentante avesse manifestato la volontà di agire in nome e per conto della rappresentata pur apponendo puramente la sua sottoscrizione, in proprio quale garante, sulla fideiussione”.

Il motivo è fondato.

Le censure hanno ad oggetto due diverse questioni, già poste in sede di merito:

1) il dedotto difetto di rappresentanza di C.M. a stipulare la fideiussione per i debiti della (OMISSIS) S.r.l. in nome e per conto della madre D.R.V.;

2) la contestazione dell’avvenuta spendita del nome della rappresentata D.R.V., da parte di C.M., nel sottoscrivere l’atto di fideiussione.

Entrambe sono state sollevate dall’opponente D.R. solo nel corso del giudizio di primo grado, con le memorie di replica, e poste a fondamento della domanda riconvenzionale di annullamento della fideiussione, originariamente avanzata per altri motivi, oltre che quali eccezioni di invalidità della medesima.

Il Tribunale, in primo grado, ha in effetti valutato entrambe le questioni sotto tale ultimo profilo, ritenendo:

1) inammissibile, perchè tardiva, la prima eccezione (quella di difetto di rappresentanza);

2) infondata nel merito la seconda (quella relativa alla effettiva spendita del nome della rappresentata nella lettera di fideiussione), pur indicando anche questa come “tardivamente proposta”.

In appello, la decisione di primo grado è stata censurata sotto entrambi i profili da C.C. (coniuge ed unico erede della D.R., che ha proseguito il giudizio dopo il decesso di questa), il quale ha sostenuto:

1) che non fossero tardive nè l’eccezione di difetto di rappresentanza nè quella di mancata spedita del nome della rappresentata, in quanto esse miravano ad illustrare i motivi di fondatezza della domanda di annullamento della fideiussione, tempestivamente avanzata, e costituivano meri argomenti di difesa che non ampliavano l’oggetto del giudizio, con la conseguenza che entrambe avrebbero dovuto essere esaminate;

2) che l’eccezione di mancata spedita del nome della rappresentata era fondata nel merito, diversamente da quanto affermato dal tribunale.

La corte di appello, in relazione alla questione del difetto di rappresentanza, ha confermato nella sostanza quanto deciso dal tribunale: non la ha cioè affrontata nel merito perchè ha ritenuto trattarsi di una domanda nuova.

Tale decisione non risulta però conforme all’indirizzo di questa Corte (che il ricorso non contiene ragioni per rivedere e al quale va data certamente continuità) secondo cui “la deduzione del difetto o del superamento del potere rappresentativo e della conseguente inefficacia del contratto, da parte dello pseudo rappresentato, integra una mera difesa, atteso che la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è un elemento costitutivo della pretesa del terzo nei confronti del rappresentato, come tale rilevabile anche d’ufficio” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11377 del 03/06/2015, Rv. 635537 – 01, decisione che ha definitivamente sancito l’indirizzo in esame, superando il precedente contrario orientamento che riteneva trattarsi di eccezione riservata alla parte; successivamente, conformi al nuovo indirizzo, cfr.: Sez. 1, Sentenza n. 20564 del 13/10/2015, Rv. 637344 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 1751 del 24/01/2018, Rv. 647153 – 01).

In ordine alla questione della mancata spedita del nome della rappresentata, oggetto di specifico motivo di gravame del C., la corte di appello ha effettivamente omesso ogni pronuncia, senza indicarne le ragioni.

La decisione impugnata va di conseguenza cassata, affinchè in sede di rinvio la fattispecie sia rivalutata, in base ai principi sopra esposti, e quindi siano decise nel merito le seguenti questioni: 1) se C.M. aveva il potere rappresentativo necessario per stipulare la fideiussione posta a fondamento delle pretese della banca opposta, in nome e per conto della madre D.R.V.; 2) se lo abbia fatto in concreto, sottoscrivendo cioè la lettera fideiussoria anche in nome e per conto di quest’ultima (oltre che in nome proprio).

2.2 Con il secondo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 1394,1395 e 1708 c.c. e art. 183 c.p.c.. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per omissione della motivazione in relazione alla denunciata mancanza di mutamento della domanda ed alla denunciata irrilevanza della diversa qualificazione giuridica del medesimo fatto già dedotto in giudizio”.

Il secondo motivo resta assorbito.

In conseguenza dell’accoglimento del primo motivo e della conseguente cassazione della pronuncia impugnata sul punto, in sede di rinvio dovrà infatti accertarsi se C.M. era dotato di sufficienti poteri rappresentativi e se ha effettivamente speso il nome della rappresentata nella lettera di fideiussione.

Nel caso in cui si accertasse che i poteri rappresentativi sussistevano e che essi erano stati effettivamente esercitati, con la spendita del nome della rappresentata da parte del rappresentante (e solo in questo caso) dovrà, di conseguenza, essere nuovamente presa in considerazione dalla corte di appello anche la questione della validità della fideiussione, sotto tutti i profili fatti valere, ivi incluso quello della sua dedotta annullabilità per conflitto di interessi e, in proposito, dovrà ovviamente tenersi conto anche del più recente indirizzo di questa Corte in ordine ai limiti in cui può essere modificata o addirittura mutata la domanda, ai sensi dell’art. 183 c.p.c. (Cass., Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015, Rv. 635536 – 01; conf.: Sez. 1, Sentenza n. 26782 del 22/12/2016 (Rv. 642877 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 18956 del 31/07/2017, Rv. 645380 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 28385 del 28/11/2017, Rv. 646529 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13091 del 25/05/2018, Rv. 649542 – 01; Sez. U, Sentenza n. 22404 del 13/09/2018, Rv. 650451 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 22540 del 25/09/2018, Rv. 650853 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 4322 del 14/02/2019, Rv. 652667 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 11369 del 29/04/2019, Rv. 653713 – 01).

2.3 Con il terzo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 77 c.p.c.. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per aver ritenuto provata l’esistenza in capo al responsabile dell’ufficio legale di Locat SpA dei poteri di rappresentanza sostanziale in forza della procura generale rilasciata invece da D.R.V. a C.M.”.

Il motivo è inammissibile.

Nel giudizio di opposizione era stato eccepito il difetto della costituzione in giudizio, già dalla fase monitoria, della Locat S.p.A., essendosi questa costituita non a mezzo del legale rappresentante, ma a mezzo di un rappresentante volontario (il responsabile dell’ufficio legale), senza produrre in atti la relativa procura notarile (solo indicata nell’epigrafe del ricorso), come necessario, anche al fine di consentire la verifica della effettiva sussistenza dei poteri di rappresentanza sostanziale e processuale, ai sensi dell’art. 77 c.p.c..

Il tribunale aveva respinto l’eccezione e la decisione aveva costituito motivo di appello (da parte di entrambi i fideiussori).

La corte di appello, nel decidere in ordine a tale motivo di appello, ha affermato che in realtà la procura in questione era stata regolarmente prodotta in giudizio, richiamandola specificamente.

Il ricorrente fa presente che il richiamo operato dalla corte territoriale è però riferito ad una diversa procura, che non ha nulla a che vedere con quella indicata quale fonte dei poteri rappresentativi del soggetto costituito in giudizio per la Locat S.p.A. nell’epigrafe del ricorso monitorio. I giudici di secondo grado hanno in realtà richiamato la procura conferita dalla madre D.R.V. al figlio C.M. (atto per notaio Ci.Bi. dell’11 settembre 2002; doc. 57 produzione Locat del giudizio di primo grado), avente oggetto del tutto diverso, mentre la procura cui facevano riferimento gli atti di costituzione nel giudizio di primo grado della Locat S.p.A. era un’altra e, sebbene indicata, essa non era mai stata prodotta (si tratta dell’atto per notaio A.A. dell’8 marzo 2002).

I ricorrenti affermano che la sentenza sarebbe priva di una motivazione reale ed effettiva sulla questione.

Ritiene peraltro la Corte che, nella sostanza, con la censura in esame, si lamenti un errore di percezione e non di valutazione di un fatto processuale da parte della corte di appello, errore che ha quindi natura di vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4. Ne consegue l’inammissibilità del motivo, perchè la censura avrebbe dovuto farsi valere con il mezzo della revocazione (cfr. in tal senso: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 30850 del 29/11/2018, Rv. 651939 – 01; Sez. L, Sentenza n. 19174 del 28/09/2016, Rv. 641388 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4893 del 14/03/2016, Rv. 639444 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 27555 del 20/12/2011, Rv. 621063 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12958 del 14/06/2011, Rv. 618307 – 01; Sez. L, Sentenza n. 8180 del 03/04/2009, Rv. 607980 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25556 del 21/10/2008, Rv. 605475 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11196 del 15/05/2007, Rv. 596459 – 01).

2. Ricorso di C.M..

2.1 Con il primo motivo del ricorso di C.M. si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, in relazione agli artt. 24 e 93 e segg. L.F., per violazione delle norme sulla competenza per territorio in relazione alla pendenza di procedura concorsuale nei confronti della debitrice principale. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per omissione della motivazione in relazione alla denunciata violazione del litisconsorzio necessario di natura processuale in relazione alla competenza del tribunale fallimentare con riguardo all’unica domanda monitoria proposta unitariamente contro la società fallita e contro i fideiussori”.

Il motivo è infondato.

Secondo il ricorrente, la competenza sull’azione contro i fideiussori spetterebbe al tribunale fallimentare davanti al quale è pendente la procedura concorsuale contro la (OMISSIS) S.r.l. (cioè il Tribunale di Ascoli Piceno), essendo stata la domanda monitoria proposta unitariamente, contro la società fallita e contro i fideiussori, il che avrebbe determinato un litisconsorzio necessario di natura processuale.

La corte di appello ha ritenuto invece che il tribunale aveva correttamente dichiarato improcedibile la domanda contro la società fallita ed esaminato quelle contro i fideiussori, trattandosi di cause scindibili e affermando che quella contro i fideiussori non era compresa nella cd. vis attractiva di cui all’art. 24 L.F., non avendo alcuna incidenza sul patrimonio del fallito e non essendo soggetta a speciale disciplina in virtù del fallimento, con conseguente applicabilità, in relazione ad essa, delle regole ordinarie di competenza (che nella specie, sulla base di una clausola contrattuale, individuavano il foro concorrente del Tribunale di Bologna, effettivamente adito in primo grado).

La decisione impugnata è sul punto pienamente conforme ai principi di diritto affermati in materia da questa Corte, secondo i quali il fallimento del debitore principale non comporta l’attrazione nella competenza del tribunale fallimentare anche della causa promossa dal creditore nei confronti del fideiussore del fallito, stante il carattere solidale della responsabilità di quest’ultimo e l’autonomia dell’azione di pagamento proposta nei suoi confronti rispetto a quella proponibile nei confronti del predetto debitore (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4464 del 24/02/2011, Rv. 616757 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 18770 del 26/09/2005, Rv. 583637 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25403 del 03/12/2009, Rv. 611073 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 16535 del 28/09/2012, Rv. 623754 – 01), non avendo del resto la domanda del creditore contro il fideiussore ad oggetto crediti concorsuali, dato che riguarda rapporti intercorrenti tra soggetti terzi rispetto al fallito e l’accertamento di un credito che non è destinato ad essere soddisfatto sul patrimonio fallimentare, restando altresì esclusa la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra creditore, debitore principale e fideiussore (in tal senso: Cass., Sez. 1, Sentenza n. 14468 del 09/07/2005, Rv. 582680 – 01; nel medesimo senso, per l’esclusione del litisconsorzio necessario tra creditore, debitore principale e fideiussore, in ragione della reciproca autonomia delle due obbligazioni: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10400 del 17/07/2002, Rv. 555868 – 01; si vedano in proposito anche: Sez. 1, Sentenza n. 3028 del 15/02/2005, Rv. 579005 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 23016 del 12/11/2010, Rv. 614819 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 24425 del 16/11/2006, Rv. 593134 – 01; confermano la scindibilità delle cause in primo grado, ammettendo il litisconsorzio processuale, che diventa necessario nei gradi d’impugnazione solo se siano riproposti temi comuni al debitore principale e al fideiussore, il che nella specie deve escludersi: Sez. 3, Ordinanza n. 20313 del 26/07/2019, Rv. 654870 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 14829 del 20/07/2016, Rv. 641275 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 16669 del 01/10/2012, Rv. 624186 – 01).

E’ infine irrilevante la circostanza che la società, prima del fallimento, fosse stata ammessa al concordato preventivo, in quanto ciò non può costituire un impedimento per i creditori della società alla proposizione delle azioni contro i fideiussori.

2.2 Con il secondo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 77 c.p.c.. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per aver ritenuto provata l’esistenza in capo al responsabile dell’ufficio legale di Locat SpA dei poteri di rappresentanza sostanziale in forza della procura generale rilasciata invece da D.R.V. a C.M.”.

Con il motivo di ricorso in esame sono proposte le medesime censure di cui al terzo motivo del ricorso di C.C..

Per le medesime ragioni esposte in relazione a tale ultimo motivo di ricorso, cui si fa rinvio, dette censure devono quindi ritenersi inammissibili.

2.3 Con il terzo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., artt. 55 e 169 L.F., artt. 1186,1224 e 1945 c.c., per aver omesso la sentenza impugnata di pronunciare sul terzo con il quale era stata censurata la sentenza di primo grado perchè pur avendo negato la risoluzione del contratto di leasing aveva ritenuto legittimo il decreto ingiuntivo anche relativamente ai canoni di leasing futuri ancora da scadere, ed aveva ritenuto integrata la decadenza dal beneficio del termine nonostante per effetto del deposito della domanda di concordato preventivo fosse precluso al debitore di effettuare pagamenti preferenziali dei canoni di leasing, e per aver omesso di pronunciare sul quarto motivo di appello. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per omissione della motivazione in ordine alla censura di violazione degli artt. 55 e 169 L.F. relativamente alla non decorrenza degli interessi postfallimentari sul credito chirografario della Locat SpA”.

Il motivo di ricorso in esame ha ad oggetto due distinte questioni: 1) quella relativa all’esigibilità dei canoni futuri del contratto di leasing; 2) quella relativa agli interessi convenzionali di mora.

Con riguardo ad entrambe le questioni le censure risultano inammissibili, in quanto non sufficientemente chiare e specifiche.

Per quello che è possibile comprendere della prima censura in realtà non agevolmente intelligibile a causa di una esposizione poco chiara – sembra comunque che le argomentazioni del ricorrente siano fondate su un presupposto palesemente erroneo, e cioè che il decreto ingiuntivo opposto sia stato confermato dai giudici di merito, mentre risulta dagli atti che esso è stato invece revocato (sia pure con la condanna degli opponenti al pagamento di una minor somma).

L’esposizione contenuta nel ricorso non consente d’altronde di comprendere esattamente la questione posta in primo grado, la decisione sul punto del tribunale ed il preciso contenuto del relativo motivo di gravame; di conseguenza, non è possibile verificare la fondatezza nel merito delle censure di omissione di pronuncia e di violazione di legge, avanzate dal ricorrente. Anche la seconda censura non è sufficientemente chiara e specifica, per ragioni analoghe a quelle esposte in relazione alla prima, e non può, quindi, essere esaminata nel merito. Sulla questione della pretesa sospensione del corso degli interessi, peraltro, la corte di appello si è pronunciata espressamente, con motivazione adeguata (affermando che la sospensione del corso degli interessi prevista per il fallito non vale per il fideiussore).

La questione della pattuizione di interessi ultralegali successiva alla fideiussione non è invece oggetto della decisione impugnata, ma il ricorrente non indica se, ed eventualmente in quale fase del processo, in quali atti processuali ed in quali specifici termini essa era stata introdotta nel giudizio di merito di primo grado, in che modo si era pronunciato il tribunale sulla stessa e quale fosse il preciso contenuto del motivo di gravame sul punto.

3. Il ricorso di C.M. è rigettato. E’ accolto il primo motivo del ricorso di C.C., assorbito il secondo, dichiarato inammissibile il terzo.

La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità, nei rapporti tra C.C. e la società controricorrente.

Per le spese del giudizio di cassazione, nei rapporti tra C.M. e la società controricorrente, si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in relazione al ricorso di C.M..

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso di C.M.; dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso di C.C., di cui accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo;

– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità, nei rapporti tra C.C. e la società controricorrente;

– condanna il resistente C.M. a pagare le spese del presente giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 8.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento, da parte del ricorrente C.M., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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