Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9923 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. III, 05/05/2011, (ud. 08/04/2011, dep. 05/05/2011), n.9923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BONATTI S.P.A. (OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale

rappresentante pro tempore Ing. G.P., elettivamente

domiciliata in Via Caposile 2, presso lo studio dell’avvocato ANZALDI

ANTONINA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

STANGHELLINI LORENZO giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA INTESA S.P.A. (OMISSIS) ora denominata INTESA SANPAOLO

S.P.A., in persona del Dott. M.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio

dell’avvocato GARGANI BENEDETTO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CATTANI GIOVANNI giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1541/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

emessa il 17/5/2005, depositata il 03/11/2005 R.G.N. 1856/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/04/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato ANZALDI ANTONINA;

udito l’Avvocato CATALANO ROBERTO (per delega dell’Avv. GARGANI

BENEDETTO);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1541, depositata il 3 novembre 2005, la Corte di appello di Firenze – confermando la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Lucca – ha respinto la domanda della s.p.a. Bonatti diretta ad ottenere la condanna della s.p.a. Banca Intesa (subentrata all’originaria convenuta, s.p.a. Banca Commerciale Italiana) a pagarle la somma di USD 392.980,00, od il controvalore in L., oltre rivalutazione monetaria ed interessi, quale importo accreditato in suo favore da una sua filiale in (OMISSIS), Bonatti Lybian Branch, presso la filiale di (OMISSIS) della Banca Commerciale.

L’importo era stato invece riversato in favore di certo A.A. H., cittadino (OMISSIS), titolare di altro conto corrente presso la banca.

La Bonatti propone quattro motivi di ricorso per cassazione.

Resiste Banca Intesa con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Va premesso in fatto che l’erroneo pagamento al cittadino (OMISSIS) della somma di USD 392.980,00, spettante alla Bonatti, si è verificato per il fatto che il bonifico proveniente dalla Libia – pur indicando come destinataria la Bonatti s.p.a. (erroneamente designata come Bonati) indicava come conto di destinazione il conto corrente n. (OMISSIS), facente capo non alla società, ma all’ A.A. H..

Il trasferimento è partito il 3 gennaio 1990 tramite la Jamahirya Bank of (OMISSIS), la quale si è rivolta alla UBAE Arab Bank di (OMISSIS), che a sua volta ha trasmesso l’ordine alla filiale di (OMISSIS) della Banca Commerciale. (La Bonatti era cliente di quest’ultima banca, ma presso la filiale di (OMISSIS), ed era sconosciuta a (OMISSIS)). La Banca commerciale – considerata la non corrispondenza fra il nome del destinatario del bonifico e l’intestatario del conto – ha tenuto in sospeso il bonifico su di un conto di attesa, finchè l’ H., che aveva più volte sollecitato il pagamento, non le ha presentato la fotocopia di un telex trasmesso dalla Jamahirya Bank alla UBAE, che confermava l’ordine di accredito “sul c.c. n. (OMISSIS) A. H.”.

Il (OMISSIS), pertanto, la BCI ha eseguito l’ordine di accredito in favore dell’ A.H., il quale ha prelevato l’intero importo nei dieci giorni successivi.

2.- La Corte di appello, come già il Tribunale, ha escluso che l’erroneo pagamento sia addebitabile a responsabilità della Banca, con la motivazione che essa aveva effettuato tutte le opportune verifiche, prima di procedere all’accredito, e che l’esattezza del numero di conto corrente su cui effettuare il bonifico le era stata confermata dalle banche mittenti anche dopo una visita dei rappresentanti della Bonatti; tanto più che al numero di conto erano abbinate le due lettere A.H., che richiamavano il cognome dell’ H.; e che mentre quest’ultimo si era più volte attivato perchè la somma gli fosse accreditata, mostrando così di essere a conoscenza del bonifico, la Bonatti era rimasta silente e passiva.

3.- Con il primo motivo la ricorrente assume che la Corte di appello ha erroneamente applicato l’art. 1189 cod. civ. sull’efficacia del pagamento al creditore apparente, sebbene la legittimazione apparente dell’ H. non fosse desumibile da circostanze univoche, come prescritto dalla norma, poichè il nome del destinatario dell’accredito non corrispondeva al numero di conto corrente ad essa facente capo.

Il motivo va esaminato congiuntamente al quarto, che denuncia violazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 1, comma 2, lett. e), ed insufficiente e contraddittoria motivazione, sul rilievo che anche il telex trasmesso da UBAE a seguito della richiesta di informazioni da parte di BCI del marzo 1990, pur confermando il numero di conto corrente errato, precisava che il bonifico era destinato alla s.p.a.

Bonatti, come già la prima comunicazione; che pertanto permaneva l’ambiguità circa il destinatario del pagamento, ambiguità che avrebbe dovuto indurre la banca a compiere ulteriori accertamenti.

Soggiunge che erroneamente la motivazione menziona il fatto che la Bonatti non era cliente della Banca Commerciale. La società infatti operava su di una diversa filiale della medesima banca.

Rileva ancora che l’indicazione del numero di conto corrente, del cod. ABI e del CIN non esonera l’istituto bancario dal compiere tutti gli accertamenti del caso circa la corrispondenza fra il destinatario del bonifico e l’intestatario del conto, prima di procedere al pagamento, come disposto dalla Circolare ABI 1 giugno 1993 in tema di Normalizzazione delle coordinate bancarie.

4.- Le censure sono fondate sotto il solo profilo del vizio di motivazione.

4.1.- La Corte di appello si è uniformata al disposto dell’art. 1189 cod. civ., quanto alle affermazioni di principio: cioè nella parte in cui ha individuato le condizioni che giustificano il pagamento al creditore apparente in uno stato di fatto non corrispondente alla situazione di diritto e nel convincimento, derivante da errore scusabile, che tale stato di fatto rispecchi la realtà giuridica.

Ciò comporta che il primo motivo, proposto esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, deve essere rigettato.

Per l’applicazione del principio di cui sopra, tuttavia, occorre procedere all’indagine, da compiersi caso per caso, non solo sull’effettiva sussistenza della buona fede del terzo, ma anche sulla ragionevolezza dell’affidamento, il quale affidamento non può essere invocato da chi versi in una situazione di colpa (riconducibile alla negligenza) per aver trascurato l’obbligo, derivante dalla stessa legge oltre che dall’osservanza delle norme di comune prudenza, di accertare quale fosse la realtà delle cose, soprattutto ove si tratti di circostanze di fatto agevolmente controllabili (cfr. Cass. civ. Sez. 3, 30 ottobre 2008 n. 26052; Idem Sez. 2, 3 dicembre 2010 n. 24639).

Il riferimento dell’art. 1189 cod. civ. alla necessità che l’errore del debitore nel pagare al creditore apparente sia giustificato da circostanze univoche – norma che il ricorrente addebita alla Corte di appello di avere disatteso – pone quindi un problema di accertamento dei fatti e di congruenza e logicità della motivazione, in relazione al quale la sentenza impugnata risulta carente. Essa non da conto, in particolare, delle ragioni per cui ha ritenuto che le informative pervenute alla BCI dall’UBAE nel marzo 1990, poco prima dell’accredito in favore dell’ A.H., fossero pienamente chiarificatrici del buon diritto di quest’ultimo, sebbene esse riproducessero l’errore già contenuto nell’ordine iniziale, cioè la non corrispondenza fra il numero di conto corrente su cui doveva essere effettuato il bonifico ed il nome del titolare del conto e destinatario del pagamento. In entrambi i casi il numero di conto corrente corrispondeva all’ A.H., mentre l’ordine di bonifico era inequivocabilmente destinato alla s.p.a. Bonatti (pur se erroneamente indicata, solo la prima volta, come s.p.a. Bonati).

Il soggetto in favore del quale la somma è stata pagata non appariva quindi univocamente come creditore, e ciò nonostante la BCI ha effettuato il pagamento senza compiere alcun accertamento ulteriore, come sarebbe stato richiesto dall’atteggiamento di particolare diligenza che deve caratterizzare il comportamento professionale degli istituti di credito, soprattutto a fronte di importi rilevanti, di pagamenti provenienti dall’estero e di imprecisioni particolarmente gravi, qual è quella che riguarda l’identità del destinatario.

La circostanza richiamata dalla Corte di appello che l’ A.H. avesse ripetutamente sollecitato il pagamento, mentre la Bonatti era rimasta silente, è di per sè irrilevante, potendo essere spiegata in senso opposto a quello del buon diritto del primo (il comportamento dell’autore o del partecipe di un raggiro è normalmente più che solerte). Trattasi comunque di circostanza che non autorizzava la Banca ad omettere di chiedere chiarimenti sulle ragioni per cui il bonifico fosse intestato alla s.p.a. Bonatti, pur menzionando un diverso numero di conto corrente.

Ciò comporta l’accoglimento del quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

5.- Fondato è anche il secondo motivo, con cui la ricorrente denuncia ancora violazione dell’art. 1189 cod. civ., poichè la Corte di appello ha attribuito rilievo – per giustificare l’assenza di colpa della Banca – a circostanze successive alla data del pagamento, cioè al fatto che nel luglio 1990 (quattro mesi dopo il versamento della somma all’ A.H.) due incaricati della Bonatti si sono recati presso la BCI e che, effettuato da quest’ultima un ulteriore controllo presso l’UBAE, questa ha confermato con telex le precedenti disposizioni. Ed invero, agli effetti dell’accertamento della diligenza per giustificare il pagamento al creditore apparente sono rilevanti le circostanze anteriori e contestuali al pagamento medesimo. Le circostanze successive possono venire in considerazione solo quando siano idonee a dimostrare o a giustificare un comportamento anteriore. Nella specie la visita presso la Banca del personale della Bonatti – che chiedeva informazioni sulla mancata ricezione del bonifico – è avvenuta nel luglio 1990, quattro mesi dopo l’avvenuto pagamento all’ A.H., e nulla ha potuto confermare o smentire circa il precedente comportamento ella Banca.

Manca poi ogni motivazione circa l’asserita rilevanza della circostanza in ordine all’equivocità o meno dei dati in possesso della Banca, nel momento in cui ha pagato al soggetto non legittimato.

6. – Deve essere invece rigettato il terzo motivo, che denuncia violazione dell’art. 1189 cod. civ ed insufficienza della motivazione, poichè la Corte di appello non ha dimostrato la colpa della creditrice Bonatti, che sarebbe altro requisito essenziale per ritenere giustificato il pagamento al creditore apparente. Al fine dì rendere opponibile al creditore effettivo il pagamento effettuato in buona fede al creditore apparente non è necessario, infatti, che concorra la colpa del creditore effettivo.

Solo nel caso in cui il pagamento sia effettuato all’apparente rappresentante del creditore il debitore può addurre a sua giustificazione il fatto che il suo erroneo convincimento sia stato determinato da un comportamento colposo del creditore, il quale abbia indotto nel “solvens” in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell'”accipiens” (Cass. civ. 3 settembre 2005 n. 17742). Ma il caso in esame non pone problemi del genere.

7. – In accoglimento del secondo e del quarto motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, affinchè accerti – con adeguata e specifica motivazione – se il pagamento effettuato dalla BCI in favore di soggetto non legittimato possa dirsi giustificato da circostanze univoche e possa considerarsi caratterizzato da completa mancanza di colpa da parte del “solvens”, uniformandosi al principio di diritto di cui al punto 5.

8.- Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il secondo e il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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