Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9336 del 26/04/2011
Cassazione civile sez. II, 26/04/2011, (ud. 21/03/2011, dep. 26/04/2011), n.9336
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. PROTO Cesare – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Avv. C.F.G., rappresentata e difesa da se medesima,
domiciliata in Roma, presso la Cancelleria civile della Corte di
cassazione, piazza Cavour;
– ricorrente –
avverso l’ordinanza del Tribunale penale di Brindisi depositata il 19
gennaio 2009;
Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 21
marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per
l’improcedibilita’ del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che l’Avv. C.F.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Brindisi in data 19 gennaio 2009, con cui e’ stata rigettata l’opposizione dalla medesima proposta, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), avverso il decreto di liquidazione dei compensi richiesti per l’attivita’ professionale svolta quale difensore di E.A., imputato nell’ambito di un procedimento penale ed ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato;
che il ricorso per cassazione e’ stato depositato nella cancelleria del giudice a quo il 28 gennaio 2009;
che il ricorso e’ affidato a un motivo, il quale -privo del conclusivo quesito di diritto ex art. 366-bis cod. proc. civ. (ratione temporis applicabile) – denuncia violazione e falsa applicazione di legge.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, successivamente alla proposizione della presente impugnazione, le Sezioni unite civili di questa Corte (sentenza 3 settembre 2009, n. 19161), chiamate a risolvere un contrasto di giurisprudenza in ordine alla qualificazione del vizio derivante dal mancato rispetto della sede civile della decisione dell’opposizione, hanno stabilito che qualora l’ordinanza che decide l’opposizione sia stata adottata da un giudice addetto al servizio penale, si configura una violazione delle regole di composizione dei collegi e di assegnazione degli affari, che non determina ne’ una questione di competenza ne’ una nullita’, ma puo’ giustificare esclusivamente conseguenze di natura amministrativa o disciplinare; ed hanno inoltre affermato, innovando il precedente orientamento, che (a) spetta sempre al giudice civile la competenza a decidere sulle opposizioni nei confronti dei provvedimenti di liquidazione dell’onorario del difensore del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato (o di persone ammesse al programma di protezione), dei compensi agli ausiliari dei giudici e delle indennita’ ai custodi, anche quando emessi nel corso di un procedimento penale, e che (b) l’eventuale ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide sull’opposizione va proposto, nel rispetto dei termini e delle forme del codice di rito civile, dinanzi alle sezioni civili della Corte;
che l’applicazione del nuovo indirizzo giurisprudenziale impone di effettuare il controllo di ammissibilita’ e di procedibilita’ dell’impugnazione secondo le regole del ricorso per cassazione in sede civile, laddove il presente ricorso, con cui viene impugnata una ordinanza resa in sede di opposizione da un giudice penale, e’ stato proposto in base alle regole procedurali proprie del rito penale, in conformita’ dell’orientamento allora dominante nella giurisprudenza di questa Corte;
che, con ordinanza interlocutoria n. 19373 del 2010, regolarmente comunicata, alla parte ricorrente e’ stato assegnato il termine perentorio di giorni sessanta per proporre e notificare ricorso per cassazione secondo le forme del codice di procedura civile, nonche’ l’ulteriore termine perentorio di giorni venti dalla notificazione per il deposito del ricorso nella cancelleria della Corte;
che, come risulta dalla pertinente certificazione della Cancelleria, la parte ricorrente non vi ha provveduto;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto non notificato a cura della ricorrente ad alcuno e privo del prescritto quesito;
che, in difetto di instaurazione del contraddittorio, nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata.
P.Q.M.
LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2011