Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9289 del 22/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/04/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 22/04/2011), n.9289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

MICHELANGELO 9, presso lo Studio dell’avvocato BAUZULLI FILIPPO,

rappresentato e difeso dall’avvocato CIANNELLA SERGIO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

V.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL

PARADISO 55, presso lo studio dell’avvocato FLAMINIA DELLA CHIESA

D’ISASCA, rappresentato e difeso dall’avvocato RIZZO NUNZIO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2 548/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/07/2006, R.G.N. 6218/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato CIANELLA SERGIO;

udito l’Avvocato RIZZO NUNZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato il 30 marzo 1998 presso il Tribunale in funzione di giudice del Lavoro di Napoli l’architetto R.R., esponeva in fatto che nel periodo 1-1-1984 – 31-12-1997 aveva lavorato alle dipendenze dell’ing. V.E. con mansioni di architetto e con inquadramento nel 3^ liv. retributivo fino al 31.12.1989, poi nel 1^ ed infine dall’1.4.1992 nel 1^ liv. Super.

Tanto premesso, chiedeva la condanna del V. al pagamento, in suo favore, di complessive L. 111.664.566 a titolo di differenze retributive.

Si costituiva V.E. che negava l’esistenza del dedotto rapporto di lavoro e, quindi, del diritto vantato dal ricorrente, titolare di un proprio studio, che, nel periodo di causa, aveva solo collaborato con lui come altri liberi professionisti.

Nel corso del giudizio interveniva l’INPS. A seguito dell’interrogatorio delle parti e della prova testimoniale, il giudice di primo grado, ritenuta la parziale fondatezza della domanda, dichiarava prescritti i crediti anteriori al 1992 e condannava il V. al pagamento di Euro 20.323,43 a titolo di differenze retributive, differenza 13 mensilita’ e differenza t.f.r., oltre accessori, con compensazione per meta’ delle spese legali.

2. Con ricorso depositato il 23 luglio 2004 V.E. impugnava tale decisione dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, eccependo nuovamente la nullita’ del ricorso di primo grado per indeterminatezza ed esponendo che il giudice non aveva tenuto conto della reale portata delle deposizioni, estrapolando soltanto alcune frasi; sottolineava, poi, l’inattendibilita’ del teste tardivamente indicato dall’INPS, intervenuto spontaneamente nel corso del giudizio. Evidenziava, inoltre, che il Tribunale di Napoli aveva riconosciuto le somme di cui al dispositivo riferendole al 3^ livello, mentre i calcoli recepiti in sentenza erano stati redatti con riferimento al 1^ liv. Concludeva, pertanto, chiedendo alla Corte d’appello di Napoli di riformare l’impugnata decisione e, conseguentemente, di negare l’esistenza del dedotto rapporto di lavoro subordinato con rigetto del ricorso di primo grado, il tutto con la condanna al pagamento delle spese legali del doppio grado di giudizio.

Nella sua memoria di costituzione, il R. evidenziava l’inammissibilita’ dell’appello, privo di censure analitiche alla impugnata sentenza. Nel merito, deduceva che erroneamente l’appellante aveva censurato la decisione di primo grado, basata, invece, su corretti principi giuridici, relativi all’individuazione degli elementi del rapporto di lavoro subordinato, e sulle prove testimoniali. Eccepiva, poi, la tardivita’ della produzione degli assegni che avrebbero dimostrato la percezione di somme per prestazioni autonomamente rese, dei quali chiedeva lo stralcio, e proponeva appello incidentale, che ritualmente notificava, per il riconoscimento del 1^ livello e non del 3^, come erroneamente indicato dal primo giudice con un probabile refuso di stampa.

L’INPS, benche’ ritualmente citato in giudizio, non si costituiva.

La Corte d’appello di Napoli con sentenza del 6 aprile – 26 luglio 2006 accoglieva l’appello e, per l’effetto, in totale riforma della impugnata sentenza, rigettava il ricorso di primo grado; compensava integralmente le spese del doppio grado.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il R. con tre motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, articolato in tre motivi, il ricorrente lamenta essenzialmente l’insufficienza di motivazione, sotto piu’ profili, nella valutazione delle prove quanto alla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato negato dalla Corte d’appello.

2. Il ricorso i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – e’ infondato.

La Corte d’appello, con motivazione ampiamente sufficiente e nient’affatto contraddittoria, ha apprezzato, con tipica valutazione di merito, le risultanze probatorie di causa pervenendo al convincimento del mancato raggiungimento della prova della sussistenza del dedotto rapporto di lavoro subordinato. Deve infatti ribadirsi quanto ritenuto, ex plurimis, da Cass., sez. lav., 17 aprile 2009, n. 9256, che ha affermato che, in tema di distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, l’esistenza del vincolo di subordinazione va valutata dal giudice di merito – il cui accertamento e’ censurabile in sede di legittimita’ quanto all’individuazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre si sottrae al sindacato, se sorretta da motivazione adeguata e immune da vizi logici, la valutazione delle risultanze processuali – avuto riguardo alla specificita’ dell’incarico conferito al lavoratore ed al modo della sua attuazione, fermo restando che, ove l’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarita’ delle mansioni, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiali – come quelli della collaborazione, della continuita’ delle prestazioni, dell’osservanza di un orario predeterminato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attivita’ lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale – che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione.

Nella specie la Corte distrettuale – muovendo dai principi ripetutamele affermati da questa Corte in tema di distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo (cfr. ex plurimis Cass., sez. lav., 8 febbraio 2010, n. 2728., secondo cui costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato – ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo – il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attivita’ di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative) – ha considerato che dalle prove assunte non era emerso che nell’espletamento dei suoi incarichi per conto dello studio V. il R. fosse stato sottoposto a controlli puntuali e concreti sul suo operato per cui, se pure vi erano stati dei controlli – ma non puntuali e concreti – questi erano intervenuti da parte datoriale nell’ambito della etero-organizzazione della prestazione e, quindi, essi erano limitati al coordinamento della attivita’ del professionista con quella dello studio professionale.

Pertanto ha ritenuto la Corte d’appello con valutazione di merito non censurabile in sede di legittimita’ – che non era stata fornita la prova della sussistenza del vincolo di subordinazione.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’alterno esito del giudizio di merito) per compensare tra le parti costituite le spese di questo giudizio di cassazione; non occorre invece provvedere sulle spese per l’INPS che non ha svolto difesa alcuna.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso; compensa tra le parti costituite le spese di questo giudizio di cassazione; nulla sulle spese per l’INPS. Cosi’ deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2011

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