Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29374 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 13/11/2019), n.29374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14859-2013 proposto da:

R.E., attivamente domiciliato in ROMA V. OSLAVIA 28, presso lo

studio dell’avvocato ROBERTO BOTTACCHIARI, che rappresenta e

difende, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE III DI ROMA;

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 67/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 24/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

-11/09/20l9 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO;

udito il P.M. ih persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato CURCIO per delega dell’Avvocato

BOTTACCHIARI che si riporta al ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2000, l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione, nei confronti di R.D.F., l’importo di (originarie) £ 65.379.000 quale plusvalenza (non dichiarata e) realizzata dietro cessione di terreno edificabile, oggetto di compravendita conclusa il 9 novembre 2000.

Su ricorso del contribuente, la CTP di Roma rideterminava l’importo della plusvalenza in Euro 41.935.000, – tenuto conto della quota parte spettante al ricorrente (per il 23,14%, piuttosto che per il 33,33% ritenuto dall’Ufficio) sulla proprietà del bene (rinveniente da successione ereditaria in comunione col genitore ed un fratello), rigettando nel resto il ricorso, mentre la CTR del Lazio, con sentenza n. 67/3/12, depositata il 24 aprile 2012, nel correggere a sua volta l’importo della plusvalenza in (originarie) lire 41.935.000, rigettava il gravame.

A fondamento del decisum il giudice del gravame ha rilevato che:

– ai sensi del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, conv. in L. 4 agosto 2006, n. 248, per come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, ed ai fini della disciplina posta dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), doveva ritenersi edificabile l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo;

– a fronte della prova documentale offerta dal contribuente in relazione all’effettiva edificabilità dell’area, – dell’estensione di mq. 8560, in quanto tale inferiore al lotto minimo edificabile pari a mq. 12000, – l’Agenzia delle Entrate aveva, a sua volta, prodotto “altro certificato urbanistico rilasciato dall’ex Ufficio locale di Frascati il 30/12/2005” dal quale emergeva Che “il terreno ceduto era inserito nella Zona E/2 del nuovo piano regolatore generale del Comune di Marino, approvato dalla giunta Regionale del Lazio con deliberazione n. 994 del 29/10/2004, nel quale erano assenti i limiti del lotto minimo”.

Per la cassazione della sentenza ricorre R.E., erede di R.D.F., articolando quattro motivi di ricorso.

L’agenzia delle Entrate si è tardivamente costituita al solo fine di partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 81, comma 1, lett. b), deducendo, in sintesi, che la suscettibilità edificatoria di un terreno deve essere “effettiva, concreta ed attuale” così che non può prescindersi nè dall’inclusione dell’area nel piano regolatore generale, ed in quelli attuativi, nè dall’approvazione da parte della Regione.

Si assume, altresì, che il fondamento normativo individuato dalla gravata sentenza (D.L. n. 223 del 2006 cit., art. 36, comma 2) si risolve in una (illegittima) applicazione retroattiva di norma sopravvenuta (al perfezionarsi, nell’anno 2000, della fattispecie impositiva), disposizione, questa, così esposta ad illegittimità costituzionale, – e che lo stesso precetto legale di fattispecie (art. 81 cit., comma 1, lett. b)) non può che essere riferito al terreno oggetto di cessione, – con conseguente irrilevanza della possibilità edificatoria legata ad accorpamenti con altre aree edificabili (chè esse sole, allora, rimarrebbero sottoposte a tassazione), – e senz’alcuna implicazione in ordine al quantum del prezzo di vendita o alle attività (in tesi edilizie) svolte dall’acquirente.

Col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, viene denunciata la nullità della sentenza perchè “in contrasto con il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.”, in relazione (anche qui) alle circostanze valorizzate dalla gravata pronuncia quanto all’entità del prezzo della vendita ed all’attività edile svolta dalla società acquirente.

Il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, denuncia violazione e falsa applicazione di legge, nonchè difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in relazione, ancora una volta, alle due circostanze appena dianzi esposte.

Col quarto motivo, che denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il ricorrente si duole del rilievo svolto dalla gravata sentenza quanto alla “sufficienza della potenzialità edificatoria che potrebbe aggiungersi anche attraverso più acquisti”, deducendo, per un verso, che il richiamato certificato di destinazione urbanistica si limitava “ad attestare il ricadere del terreno nella Zona E/2 e gli stessi indici di edificabilità in questione”, – così che la motivazione risultava, sul punto, contraddittoria (implicando che il terreno ceduto ex se avrebbe dovuto ritenersi non edificabile), – e, per il restante, che era mancato ogni accertamento quanto alla “possibilità di acquistare terreni nella Zona con superficie non ancora completamente edificata in base alla cubatura ivi consentita.”.

2. – I motivi di ricorso non possono trovare accoglimento perchè per più versi inammissibili per mancata attinenza alla ratio decisoria e genericità; quand’anche riguardati nel fondo, essi sarebbero comunque inaccoglibili.

3. – Come si è anticipato, la gravata sentenza, – che si articola, pertanto, su due rationes decidendi, – ha evidenziato, innanzitutto, che l’edificabilità dei terreni oggetto di cessione (determinativa della accertata plusvalenza), secondo i dati normativi e la conseguente interpretazione giurisprudenziale (anche delle Sezioni Unite di questa Corte: Cass. Sez. U., 30 novembre 2006, n. 25506), conseguiva dalla loro inclusione nel piano regolatore generale, indipendentemente dall’approvazione regionale e dall’adozione di strumenti attuativi (in quanto “già l’avvio della procedura per la formazione del PRG determina una irnpennata di valore, pur con tutti i necessari distinguo riferiti alle zone e alla necessità di ulteriori passaggi procedurali”); e, nel contesto di siffatte condizioni (integranti “la sufficienza della potenzialità edificatoria” dei terreni ceduti), ha soggiunto che detta “potenzialità edificatoria”, – avuto riguardo alla dedotta esistenza di un lotto minimo edificabile (12000 mq.) a fronte della cessione di terreni per complessivi mq. 8560, – avrebbe potuto “aggiungersi anche attraverso più acquisti”.

E’, quindi, del tutto evidente che quest’ultimo riferimento non ha integrato un accertamento autonomo, – rispetto all’affermata rilevanza (ex se) dell’inclusione dell’area nello strumento urbanistico generale, – nè, tampoco, l’indicazione di un (ulteriore) requisito legale di fattispecie, e si è risolto in un argomento (svolto ad abundatiam) che, in tesi, esplicitava (recte rafforzava) una (tra le altre) ragioni di maggiorazione del valore dell’area (così edificabile) qual conseguente allo “… avvio della procedura per la formazione del PRG…”.

La gravata sentenza, peraltro, ha (anche) accertato che v’era riscontro probatorio di quella che l’odierno ricorrente assume come suscettibilità edificatoria “effettiva, concreta ed attuale” in quanto il (nuovo) certificato di destinazione urbanistica, qual prodotto dall’Agenzia delle Entrate, dava conto (oltrechè dell’approvazione regionale del piano regolatore generale del Comune di Marino) della circostanza che “… nella Zona E/2… erano assenti i limiti del lotto minimo”; ed ha soggiunto (anche qui) che, – in un siffatto contesto dimostrativo, – risultava “superfluo prendere in considerazione i pur giusti rilievi dell’Ufficio…concernenti: l’assoluta incompatibilità tra prezzo versato per l’acquisto e estensione dell’area, se considerata unicamente come terreno agricolo; la qualità del promissario acquirente, che era anche uno dei due soci della società acquirente poi nominata, risultata essere la Word 2000 s.r.l. che svolgeva attività edilizia.”.

Laddove, allora, anche le ragioni da ultimo appena ripercorse (involgenti circostanze il cui esame risultava “superfluo”) si pongono in termini di argomenti svolti ad abundantiam, argomenti ulteriori alla (ed eccedenti la portata dirimente della) ratio decidendi incentrata sull’edificabilità dell’area (senza necessità, secondo le prescrizioni di piano regolatore, di conseguire un lotto minimo).

3.1 – Mentre, allora, la prima ratio decidendi trova conforto nel principio di diritto enunciato da questa Corte in tema di plusvalenze rilevanti ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, comma 1, lett. b) (ora art. 67, comma 1, lett. b)), – principio, questo, secondo il quale “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, che concorrono a formare il reddito imponibile secondo il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, vanno individuate sulla base dell’interpretazione fornita dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, secondo cui un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.” (v., con riferimento a Cass. Sez. U., 30 novembre 2006, nn. 25505 e 25506, ex plurimis, Cass., 30 ottobre 2018, n. 27604; Cass., 10 agosto 2016, n. 16936; Cass., 20 febbraio 2014, n. 4116; Cass., 7 novembre 2012, n. 19225; Cass., 10 dicembre 2010, n. 24982; Cass., 10 giugno 2008, n. 15282), tutte le censure incentrate su argomenti utilizzati a titolo (meramente) rafforzativo (di detto principio) o ad abundatiam debbono ritenersi inammissibili per difetto di interesse (in quanto non hanno svolto alcuna influenza sulla statuizione di rigetto; cfr., ex plurimis, Cass., 10 aprile 2018, n. 8755; Cass., 18 dicembre 2017, n. 30354; Cass., 22 ottobre 2014, n. 22380; Cass., 22 novembre 2010, n. 23635; Cass., 5 giugno 2007, n. 13068; Cass., 23 novembre 2005, n. 24591; Cass., 4 agosto 2000, n. 10241; Cass., 16 gennaio 1996, n. 301).

3.2 – Per di più, va rilevato, il ricorrente non contrasta in alcun modo l’accertamento che, come si è detto, integra la seconda ratio decidendi della gravata sentenza; il rilievo concernente l’inesistenza (“… nella Zona E/2… “) di “… limiti del lotto minimo” risultando, difatti, preso in (diretta) considerazione solo nel contesto del quarto motivo ove si rileva (solo) che “il riferimento alla esistenza di un altro certificato non ha alcuna forza argomentativa, posto che quel certificato si limita ad attestare il ricadere del terreno nella Zona E/2 e gli stessi indici di edificabilità in questione”.

E detto motivo di ricorso, – che nemmeno assolve al principio di autosufficienza con riferimento al contenuto (effettivo) del certificato di destinazione urbanistica qual valorizzato dalla gravata sentenza, non è, giustappunto, idoneo ad intaccare l’accertamento compiuto dal giudice del gravame quanto alla concreta edificabilità dei terreni venduti.

4. – Alcunchè va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, in difetto di attività difensiva di parte intimata.

Trattandosi di ricorso notificato in data successiva al 30 gennaio 2013 (Cass., 10 luglio 2015, n. 14515; Cass. Sez. U., 18 febbraio 2014, n. 3774; Cass. Sez. U., 4 febbraio 2014, n. 2395), ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte

– rigetta il ricorso;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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