Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8931 del 19/04/2011
Cassazione civile sez. VI, 19/04/2011, (ud. 30/03/2011, dep. 19/04/2011), n.8931
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, PIAZZA BAINSIZZA 1, presso lo studio dell’avvocato ELIA
FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SABETTA MAURO, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
MARITATO LELIO, ANTONINO SGROI, LUIGI CALIULO, giusta mandato
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 9086/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
15/12/08, depositata il 29/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE MELIADO’;
udito l’Avvocato Paola Giardina, delega avvocati Sabetta ed Elia,
difensori della ricorrente che si riporta agli scritti;
udito l’Avvocato Maritato Lelio, difensore del controricorrente che
si riporta agli scritti; è presente il P.G. in persona del Dott.
ELISABETTA CESQUI che ha concluso per la manifesta infondatezza del
ricorso.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza in data 15.12.2008/29.9.2009 la Corte di appello di Roma rigettava l’appello proposto da P.A. avverso la sentenza resa dal Tribunale di Viterbo il 18.4.2005, che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione alla cartella esattoriale dalla stessa avanzata con ricorso depositato il 4.8.2004. Per la cassazione della sentenza propone ricorso P.A. con un unico motivo.
Resiste con controricorso l’INPS. Con un unico motivo la ricorrente prospetta violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) rilevando che, nel caso di riscossione coattiva ex D.Lgs. n. 46 del 1999, di crediti contributivi estinti per prescrizione, l’accertamento giurisdizionale della prescrizione costituisce questione pregiudiziale, in quanto afferente al potere amministrativo di emanare la cartella stessa, rispetto alla declaratoria di decadenza dell’opposizione, in quanto tardiva, perchè proposta oltre il termine di cui all’art. 24 del decreto medesimo.
Il motivo è manifestamente infondato.
Costituisce consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte che, in tema di iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine prescritto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, per proporre opposizione nel merito al fine di accertare la fondatezza della pretesa dell’ente deve ritenersi perentorio perchè diretto a rendere incontrovertibile il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione e a consentire una rapida riscossione del credito iscritto a ruolo e che alla perentorietà del termine non ostano nè l’inespressa indicazione in tal senso, dovendo il giudice pur sempre indagare se, a prescindere dal dettato normativo, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere osservato a pena di decadenza, nè che l’iscrizione a ruolo avvenga senza un preventivo accertamento giudiziale, non ignorando l’ordinamento titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo.
Tale ricostruzione è stata ritenuta da questa Corte (v. sentenza n. 14692/2007) immune da dubbi di legittimità costituzionale, perchè il diritto di difesa del debitore, garantito dall’art. 24 Cost., è tutelato dalle norme di legge in esame, mentre rientra nella discrezionalità del legislatore la regolamentazione dei termini di esercizio del diritto di impugnazione, ed è stata confermata anche dal giudice delle leggi (v. Corte Cost. ord. n. 111/2007), che ha ritenuto che la scelta del legislatore di consentire agli enti previdenziali di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo che si forma prima ed al di fuori del giudizio non è irragionevole, in considerazione della natura pubblicistica dell’ente creditore e dell’affidabilità del procedimento che ne governa l’attività ed è rispettosa, al tempo stesso, del diritto di difesa e dei principi del giusto processo, stante la possibilità, concessa al debitore, di promuovere entro un termine perentorio, ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far valere le proprie ragioni, e di richiedere, altresì, la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione.
Deve, pertanto, ritenersi che, trattandosi di decadenza di natura pubblicista, attinente alla proponibilità stessa della domanda (cfr.
Cass. n. 11274/2007), il suo avverarsi, che è onere del giudice rilevare anche d’ufficio, preclude, quindi, l’esame del merito della pretesa creditoria, qualunque sia la natura delle contestazioni mosse dal debitore.
Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 2500,00 per onorari di avvocato, oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011