Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8811 del 18/04/2011
Cassazione civile sez. un., 18/04/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 18/04/2011), n.8811
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –
Dott. DE LUCA Michele – Presidente sezione –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.
CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI ANDREA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato VOLPE FRANCESCO, per
delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso la decisione n. 7439/2009 del CONSIGLIO DI STATO, depositata
il 26/11/2009;
uditi gli avvocati Emanuele COGLITORE per delega degli avvocati
Andrea Manzi e Francesco Volpe, Ettore FIGLIOLIA dell’Avvocatura
Generale dello Stato.
Fatto
RILEVA IN FATTO
Il Collegio che il relatore designato ha depositato in data 7.2.2011 relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ivi articolando le considerazioni e proposte che appresso si trascrivono:
“Il magistrato in pensione I.G., all’esito del definitivo pronunziamento del giudice penale assolutorio nei suoi confronti (13.1.1997) chiese al Ministero di G.G. la liquidazione delle spese legali a lui spettanti in forza del sopravvenuto disposto del D.L. n. 67 del 1997, art. 18 conv. in L. n. 135 del 1997. Il TAR del Veneto adito accolse il ricorso disattendendo la tesi dell’Amministrazione – per la quale il beneficio non poteva applicarsi alle spese afferenti i giudizi conclusi con assoluzioni irrevocabili avvenute prima della entrata in vigore della legge istitutiva – ed affermando che sussisteva un immanente principio generale di rimborsabilità. Il Consiglio di Stato, adito con appello dall’Amministrazione, nel prendere atto della esistenza di contrasti interpretativi ha optato per la tesi della inesistenza di un principio latente ed ha affermato il carattere innovativo del beneficio ex Lege n. 135 del 1997, pertanto ritenendo non compresa nella nuova area di rimborsabilità l’attività processuale anteriore e definita con sentenza di proscioglimento pubblicata prima della entrata in vigore della novella. Avverso tale sentenza, depositata il 26.11.2009, ricorre l’interessato a questa Corte ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, denunziando sostanzialmente la commissione di un rifiuto della giurisdizione, al seguito di S.U. 30254.08, un rifiuto consistente nel fatto che la interpretazione restrittiva e vanificante data dal CdS – ed in contrasto con numerosi diversi precedenti – avrebbe integrato un indebito diniego di dare ai diritti soggettivi la tutela apprestata dalla legge e costituenti il proprium unitario ed inscindibile della giurisdizione esclusiva. (Eccepisce, in controricorso, per il Ministero della Giustizia, l’Avvocatura dello Stato la incongruità della pretesa di scorgere un rifiuto nella diversa lettura delle norme anche in dissenso da propri precedenti.
Sul dato preliminare che sia il giudice amministrativo quello attributario di giurisdizione in subjecta materia vi è da richiamare il recente pronunziato di S.U. 6966/10 la cui massima recita:
La controversia concernente il rimborso delle spese defensionali, disciplinato dal D.L. 25 marzo 1997, n. 67, art. 18, convertito nella L. 23 maggio 1997, n. 135 (come autenticamente interpretato dal D.L. n. 203 del 2005, art. 10 bis, convertito nella L. n. 248 del 2005, nonchè dal D.L. n. 78 del 2009, art. 17, convertito nella L. n. 102 del 2009), per i soggetti sottoposti a giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti e risultati prosciolti nel merito, esula dalla giurisdizione contabile ed appartiene a quella del giudice del rapporto di lavoro – da cui il diritto al rimborso promana – intercorrente tra la P.A. ed il suo dipendente, con la conseguenza che essa deve ritenersi attribuita, di norma, al giudice ordinario, salva l’assegnazione al giudice amministrativo nei casi in cui essa attenga ad ipotesi di impiego “non privatizzato”, come quello dei militari.
Il ricorso appare indubitabilmente inammissibile, non avendo alcuna plausibilità il tentativo di ricondurre a rifiuto della propria giurisdizione esclusiva la decisione del Consiglio di Stato impugnata che, andando di contrario avviso a propri orientamenti, abbia negato il rimborso sul rilievo della inapplicabilità ratione temporis della norma che ebbe ad istituirlo, contestualmente negando che detta norma fosse meramente ricognitiva di un principio “latente” nell’ordinamento (come opinato dal primo giudice e dai richiamati, disattesi, orientamenti). Questa Corte a Sezioni Unite ha infatti rammentato che il ricorso denunziante rifiuto della giurisdizione da parte del giudice amministrativo può essere ricondotto alla ipotesi di cui all’art. 362 c.p.c., comma 1, solo se il rifiuto sia fondato sulla ritenuta estraneità della domanda dalle attribuzioni giurisdizionali di quel giudice e non certo quando la decisione abbia consapevolmente disatteso precedenti pur consolidati orientamenti sulla interpretazione delle norme, in tali ipotesi configurandosi soltanto errores in judicando sottratti al sindacato delle Sezioni Unite (S.U. nn. 26812 e 1853 del 2009).
Sulla base di tale chiara e condivisibile linea di discrimine, emerge che il “rifiuto” contestato dal ricorso in disamina sia afferente non già alla scelta di negare astrattamente tutela al diritto, per ostacoli “di sistema”, bensì alla opinione di non più condividere un pregresso orientamento sulla interpretazione delle norme, opinione semmai qualificabile come erronea mancata applicazione della legge e non certo come rifiuto di esercitare nel concreto la propria “giurisdizione”.
Ove si condivida il teste formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e dichiarato inammissibile”.
Diritto
OSSERVA
I difensori hanno depositato memorie.
Nella memoria del ricorrente I.G. sono sollevate questioni che non si prestano alla definizione camerale e pertanto si dispone, a norma di legge, la remissione del ricorso alla trattazione in pubblica udienza e pertanto il rinvio dello stesso a nuovo ruolo.
P.Q.M.
Rimette il ricorso alla pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 5 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011