Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27710 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. II, 29/10/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 29/10/2019), n.27710

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20816/2015 proposto da:

L.R.E., e M.C., rappresentate e difese

dall’Avvocato RUGGERO FREGNI, dall’Avvocato MARCO VEZZANI e

dall’Avvocato ROBERTO COEN, presso il cui studio in Roma, vicolo

dell’Oro 24, elettivamente domiciliano, per procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

V.W., rappresentato e difeso dall’Avvocato TIZIANA LEONI e

dall’Avvocato FULVIO ZARDO, presso il cui studio in Roma, via C.

Mirabello 17, elettivamente domicilia, per procura speciale in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 341/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/2/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/9/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.R.E. e M.C. hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Modena, V.W., proprietario del fondo confinante, perchè sia dichiarata, quanto alla servitù di passaggio coattiva sul proprio fondo, l’inopponibilità della stessa per la mancata trascrizione del contratto costitutivo (del 21/11/1922) o, comunque, la sua estinzione per cessata interclusione.

Il tribunale, con sentenza del 3/11/2007, ha rigettato le domande.

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello proposto dagli attori ed ha, quindi, confermato la sentenza impugnata.

La corte, in particolare, ha dichiaratamente condiviso la sentenza del tribunale che, in ragione della ritenuta fondatezza dell’eccezione di usucapione, ha omesso ogni statuizione: “quale che sia la situazione del titolo (sua inopponibilità) o la natura della servitù (coattiva), il riconoscimento della fondatezza dell’eccezione di usucapione proposta dal convenuto vale a paralizzare, con conseguente rigetto delle relative domande, ogni ragione addotta dagli attuali appellanti”.

La corte, quanto al resto, ha ritenuto: – l’infondatezza delle censure svolte dagli appellanti in ordine alla corretta valutazione delle testimonianze raccolte; – la sussistenza, ai sensi dell’art. 1061 c.c., del requisito dell’apparenza, posto che, a tal fine, è sufficiente l’esistenza di un sentiero formatosi naturalmente in conseguenza di un uso non sporadico del passaggio purchè dal suo tracciato o anche da altra opera o segno di raccordo su di esso esistente si possa desumere, senza incertezze, la sua funzione di accesso al fondo dominante attraverso il fondo servente; – quanto, poi, alla dedotta inesistenza di segni rivelatori della funzione, l’esame del materiale fotografico non ha evidenziato la situazione di incuria e di erba alta addotta dagli appellanti; – dalle mappe catastali, infine, emerge un tracciato che, partendo dalla strada (OMISSIS), attraversa la proprietà degli attori (mappali (OMISSIS)) ed arriva, quindi, al fondo del convenuto (mappali (OMISSIS)).

La corte, quindi, ha condannato gli appellanti al rimborso delle spese di lite, che ha liquidato a norma del D.M. n. 55 del 2014, avendo dichiaratamente riguardo al valore effettivo della controversia.

L.R.E. e M.C., con ricorso notificato il 18/8/2015, hanno chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente non notificata.

Ha resistito, con controricorso notificato il 25/9/2015, V.W..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell’art. 1032 c.c., in ordine ai modi di costituzione delle servitù coattive, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto la correttezza dell’omessa statuizione, da parte del tribunale, sulle domande proposte dagli attori – a partire dalla domanda volta a far dichiarare l’inopponibilità agli attori della servitù coattiva costituita per contratto perchè non trascritto – in ragione della ritenuta fondatezza dell’eccezione di usucapione sollevata dalla parte convenuta.

1.2. In tal modo, però, hanno proseguito i ricorrenti, la sentenza ha violato l’art. 1032 c.c., lì dove tale norma stabilisce che la servitù coattiva si costituisce solo per contratto o per sentenza ma non anche per usucapione. Nel caso di specie, la sentenza era stata costituita per contratto, non trascritto, e, quindi, inopponibile agli attori: e poichè la servitù coattiva non può essere costituita per usucapione, l’eccezione della convenuta era inidonea a paralizzare la domanda proposta degli attori.

2.1. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, e cioè la natura coattiva dell’asseta servitù di passaggio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto la correttezza dell’omessa statuizione, da parte del tribunale, sulle domande proposte dagli attori in ragione della ritenuta fondatezza dell’eccezione di usucapione sollevata dalla parte convenuta in quanto idonea a paralizzare ogni ragione addotta dagli appellanti.

2.2. Così facendo, però, hanno proseguito i ricorrenti, la sentenza ha omesso di considerare la natura coattiva della servitù di passaggio, la quale, come detto, non consente che il relativo acquisto possa essere effettuato per usucapione, con la conseguenza che, ove il giudice ne avesse accertato la natura coattiva, avrebbe senz’altro concluso per l’accoglimento della domanda proposta dagli attori, posto che la servitù coattiva, pur se costituita per contratto, rimane assoggettata alle relative norme, tra cui l’art. 1055 c.c., e, quindi, all’estinzione per cessazione dell’interclusione.

3.1. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, e cioè la cessazione dello stato di interclusione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso di esaminare i fatti che gli attori avevano allegato circa la cessazione dell’interclusione.

3.2. In effetti, hanno proseguito i ricorrenti, deve ritenersi dimostrato, a seguito della consulenza tecnica d’ufficio, che lo stato di interclusione assoluta del fondo al momento della costituzione della servitù è successivamente cessato.

4. Il primo motivo è infondato, con assorbimento del secondo e del terzo. I ricorrenti, in effetti, hanno dimostrato di non aver compreso la ratio della decisione che hanno impugnato: la quale, invero, lì dove ha affermato che “il riconoscimento della fondatezza dell’eccezione di usucapione proposta dal convenuto vale a paralizzare, con conseguente rigetto delle relative domande, ogni ragione addotta dagli attuali appellanti”, non ha affatto ritenuto che tale servitù avesse natura coattiva. Del resto, nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto e non con il titolo che ne costituisce la fonte (Cass. n. 11211 del 2013), con la conseguenza che, a fronte di una domanda di accertamento negativo di una servitù di passaggio coattiva (sebbene costituita per contratto), per l’inopponibilità conseguente alla mancata trascrizione di tale contratto ovvero per l’estinzione derivante dalla cessazione dell’interclusione, il giudice può senz’altro rigettare la domanda sul presupposto della ritenuta fondatezza dell’eccezione di acquisto del medesimo diritto di servitù per effetto di usucapione.

5.1. Con il quarto motivo, i ricorrenti, lamentando l’errata valutazione delle prove in ordine al fondamento dell’eccezione di usucapione, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto corretta la lettura data dal tribunale del materiale testimoniale, il quale, al contrario, nulla prova in ordine all’eccezione di usucapione sollevata dal convenuto, che ne aveva l’onere. Le testimonianze raccolte, piuttosto, hanno dimostrato la non abitualità del transito, esercitato una tantum per mera tolleranza.

5.2. Nè è corretta, hanno proseguito i ricorrenti, l’affermazione della corte d’appello secondo cui, in tema di servitù di passaggio, per integrare il requisito dell’apparenza ai sensi dell’art. 1061 c.c., è sufficiente l’esistenza di un sentiero formatosi naturalmente in conseguenza di un uso non sporadico del passaggio, purchè dal suo tracciato o anche da altra opera o segno di raccordo su di esso esistente si possa desumere, senza incertezze, la sua funzione di accesso al fondo dominante attraverso il fondo servente. Le fotografie allegate alla consulenza tecnica d’ufficio evidenziano, al contrario, l’assenza di segni di raccordo tra la carraia utilizzata dagli esponenti per transitare sul proprio fondo e la proprietà del convenuto, trattandosi, piuttosto, della carraia utilizzata dall’affittuario del fondo degli attori per accedere ad alcuni lotti di proprietà degli stessi.

5. Il motivo è infondato. La valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.). Nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), in effetti, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti ed il relativo apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità salvo che, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nella specie neppure invocato, per omesso esame di un fatto decisivo. Del resto, non è compito di questa Corte quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008). Per il resto non può che ribadirsi che, in tema di servitù di passaggio,per integrare il requisito dell’apparenza di cui all’art. 1061 c.c., è sufficiente l’esistenza di un sentiero formatosi naturalmente in conseguenza di un uso non sporadico del passaggio, purchè dal suo tracciato o anche da altra opera o segno di raccordo su di esso esistente si possa desumere, senza incertezze o ambiguità, la funzione di accesso al fondo dominante attraverso il fondo servente ed altresì che l’opera esiste anche, se non esclusivamente, in funzione dell’utilità del fondo dominante (Cass. n. 15869 del 2006).

6. Con il quinto motivo, i ricorrenti, lamentando la contrarietà alle norme di diritto della statuizione di condanna alle spese giudiziali, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha pronunciato sul motivo d’appello con il quale gli stessi, come appellanti, avevano contestato alla sentenza di primo grado di averli condannati, in violazione dell’art. 91 c.p.c., al pagamento delle spese processuali, laddove, al contrario, era stato il comportamento processuale del convenuto a dar causa al giudizio di primo grado, avendo prodotto un titolo (e cioè il rogito del 1922) del quale gli attori fino a quel momento erano ignari, e che sussistevano, quindi, giusti motivi quanto meno per compensare le spese di giudizio a norma dell’art. 92 c.p.c..

7. Il motivo è infondato. Non ricorre, infatti, il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass. n. 20718 del 2018). Nel caso di specie, la corte d’appello, pur non pronunciandosi espressamente sul motivo d’appello che i ricorrenti hanno invocato, l’ha nondimeno inequivocamente rigettata quando ha dichiaratamente condiviso la decisione del tribunale per aver omesso ogni statuizione sulle domande proposte dagli attori (di accertamento negativo della servitù coattiva costituita dal predetto rogito) in ragione della accertata fondatezza dell’eccezione di usucapione sollevata dal convenuto.

8. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

9. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

10. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

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