Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27439 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 28/10/2019), n.27439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Mario – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19867-2018 proposto da:

COOPERATIVA EDILIZIA LAMPEDUSA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

STIMIGLIANO 5, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO CONTI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI SALESIANI

4, presso lo studio dell’avvocato LUIGI ISOLA, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 7930/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENTI

ENZO.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a due motivi, la Cooperativa Edilizia Lampedusa s.r.l. in liquidazione ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Roma, in data 14 dicembre 2017, che ne dichiarava inammissibile il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città che, a sua volta, aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere nel giudizio di opposizione a precetto promosso dalla medesima Cooperativa contro T.B., condannando l’opponente al pagamento delle spese di lite in applicazione del principio di soccombenza virtuale;

che la Corte territoriale riteneva inammissibile l’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c., non avendo la Cooperativa impugnante contrapposto alla sentenza di primo grado “argomenti idonei ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle motivazioni, limitandosi in definitiva ad affermarne l’ingiustizia”; inoltre, il giudice di appello condannava l’appellante per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., per aver proposto “un appello totalmente privo di sostegno argomentativo”;

che T.B. resiste con controricorso, altresì proponendo ricorso incidentale condizionato in base ad un unico motivo;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo mezzo è contestata la declaratoria di inammissibilità dell’appello, in quanto la “sentenza pecca di illogicità”, avendo essa Cooperativa appellante espressamente indicato nell’atto di gravame il riferimento all’art. 306 c.p.c., quale ipotesi estinzione del giudizio, con spese a carico del rinunciante;

che il motivo (al di là dell’inammissibile formulazione in ragione della dedotta “illogicità” della sentenza, quale vizio non più deducibile in base all’art. 360 c.p.c., n. 5, comunque) è manifestamente infondato, giacchè la Corte territoriale – a fronte di una censura risolventesi nel mero asserto della non corretta applicazione dell’art. 306 c.p.c., in luogo della declaratoria di cessazione della materia del contendere da parte del primo giudice, senza ulteriori precisazioni sia di carattere ricostruttivo della vicenda processuale (con specifico riguardo alla portata della sentenza di primo grado), che di natura argomentativa (cfr. sentenza impugnata terza pagine; ricorso p. 4) – ha correttamente reputato il gravame non rispondente al paradigma dell’art. 342 c.p.c., che (alla luce di Cass., S.U., n. 27199/2017) deve contenere, a pena di inammissibilità, “una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice”, pur senza l’utilizzo di formule sacramentali;

con il secondo mezzo è contestata la condanna per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., assumendo che l’appello fosse basato sull’argomento giuridico costituito dal tenore letterale dell’art. 306 c.p.c.;

che il motivo è inammissibile, giacchè, oltre a mancare di specificità quanto alle ragioni giuridiche che, in questa sede, si sarebbero dovuto contrapporre ad un ipotetico errore di violazione/falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., riproponendo l’argomento a sostegno dell’appello ritenuto dal secondo giudice inidoneo a sorreggere l’impugnazione, neppure intercetta appieno la ratio decidendi, la quale risiede nel ritenuto confezionamento del gravame in difetto dei requisiti di cui all’art. 342 c.p.c.;

che la memoria della società ricorrente, là dove non inammissibile per non essere solo illustrativa delle originarie ragioni di impugnazione (tra le molte, Cass. n. 30760/2018), non fornisce argomenti tali da scalfire i rilievi che precedono;

che il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato;

che il ricorrente principale va condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato;

condanna la parte ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 30 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 28 ottobre 2019

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