Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7764 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/04/2011, (ud. 18/03/2011, dep. 05/04/2011), n.7764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

T.M. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dagli Avv.ti Bossi Claudio ed Enrico Dante in virtu’ di procura

speciale a margine del ricorso ed elettivamente domiciliato presso lo

studio de secondo, in Roma, v. Tacito, n. 10;

– ricorrente –

contro

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO della Provincia di Novara, in

persona del Prefetto pro tempore, rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata “ex lege” presso i

suoi Uffici in Roma, v. dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per a cassazione dell’ordinanza L. n. 689 del 1981, ex art. 23, comma

5, del Giudice di pace di Novara adottata all’udienza del 14 dicembre

2009 nella causa iscritta al N.R.G. 2029/09.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

Sentite le conclusioni dell’Avv. Enrico Dante per il ricorrente;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso: “nulla osserva”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 10 febbraio 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Il sig. T.M., con ricorso depositato il 9 settembre 2009 presso la cancelleria del Giudice di pace di Novara, proponeva, ex art. 204 bis C.d.S., opposizione avverso alcuni verbali relativi a violazioni al suddetto C.d.S., in conseguenza della quale il giudice adito fissava, provvedendo ai necessari adempimenti, la prescritta udienza di comparizione e di discussione per il giorno 14 dicembre 2009, ore 9,00. All’udienza tenuta in tale giorno, il menzionato Giudice di pace, verificato che il ricorrente non era comparso e che non sussistevano i presupposti, sulla scorta dei documenti prodotti, per pervenire all’accoglimento del ricorso, convalidava, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 5, i provvedimenti impugnati, chiudendo il relativo verbale alle ore 9,10.

Avverso l’indicata ordinanza di convalida ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 26 febbraio 2010 e depositato il 12 marzo successivo) la difesa del T., denunciando l’errata applicazione di legge con riferimento alla citata L. n. 689 del 1981, art. 23, nonche’ agli artt. 290, 171, 165 c.p.c. e all’art. 59 disp. att. c.p.c., oltre che l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio. la L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c. – prima della sua abrogazione per effetto del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26, comma 1, lett. b) (recante “Modifiche al c.p.c. in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma della L. 14 maggio 2005, n. 80, art. 1, comma 2) ed applicabile alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006 – dichiarava inappellabili le sentenze emesse in sede di opposizione ad ordinanza – ingiunzione: il carattere di specialita’ che connotava fortemente l’intero procedimento giustificava – nell’impostazione originaria della stessa legge depenalizzatrice – che tali sentenze non potevano essere appellate, ma solo impugnate direttamente dinanzi alla Corte di cassazione, in quanto si considerava che, rispetto al procedimento in questione, il codice di rito si poneva come lex generalis, ad eccezione del caso in cui l’oggetto della sanzione amministrativa impugnata fosse riconducibile a prestazioni previdenziali od assistenziali, nella quale ipotesi, prima dell’esercizio del diritto di ricorrere in cassazione, era ritenuta esperibile l’altra impugnazione ordinaria dell’appello.

A seguito dell’evidenziata soppressione della L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c. (e, percio’, della previsione del regime speciale di impugnabilita’ delle sentenze emesse nella materia delle sanzioni amministrative, ad eccezione di quelle ricadenti nell’ambito di applicabilita’ del disposto di cui all’art. 35 della stessa legge), il legislatore, dunque, ha inteso estendere alle sentenze – senza individuare alcun’altra peculiare disciplina (nemmeno con la successiva L. 18 giugno 2009, n. 69) – il regime impugnatorio ordinariamente applicabile, ai sensi della norma generale di cui all’art. 339 c.p.c., comma 1, alle sentenze di primo grado e, percio’, stabilire che le stesse – sia se emesse dal giudice di pace che da tribunale in composizione monocratica (in dipendenza delle rispettive competenze fissate nella stessa L. n. 689 del 1981, art. 22 bis) – rimangono assoggettabili fisiologicamente all’appello, il quale dovra’ essere proposto dinanzi allo stesso tribunale in composizione monocratica (non ricadendosi in una delle ipotesi di rimessione alla decisione collegiale previste dall’art. 50 bis c.p.c.) nel caso in cui venga impugnata una sentenza del giudice di pace e davanti alla Corte di appello per l’eventualita’ in cui ad essere impugnata sia una sentenza di primo grado emanata dal tribunale.

Nel nuovo quadro normativo, quindi, la regolamentazione delle impugnazioni delle sentenze in materia di sanzioni amministrative (ivi comprese, naturalmente, quelle in materia di codice della strada, che, infatti, sono integralmente assoggettate alla disciplina della L. n. 689 del 1981, come e’ desumibile dai richiami alla stessa contenuti nel D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, artt. 204 bis e 225) e’ stata sottratta al pregresso regime speciale e ricondotta nel solco della disciplina impugnatoria comune (ovvero ordinaria), con la conseguente possibilita’ di sottoporre dette sentenze ad un doppio gravame di controllo, il primo di merito (con l’appello) e il secondo di legittimita’ (mediante il ricorso per cassazione).

Peraltro, in virtu’ dell’intervento innovativo apportato dal citato D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26, comma 1, anche l’ordinanza di convalida del provvedimento opposto contemplata dalla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 5 e’ divenuta (in dipendenza della specificazione introdotta nello stesso comma 5) impugnabile con il rimedio dell’appello, mentre prima era soggetta al ricorso per cassazione, ancorche’ limitatamente ai presupposti in base ai quali era stata emessa e sulle questioni gia’ sottoposte all’esame del giudice.

Pertanto, nell’attuale sistema normativo, questa ordinanza, idonea a definire il giudizio di primo grado nella ricorrenza degli inerenti presupposti, e’ diventata assoggettabile ad appello (v. Cass. 24 novembre 2009, n. 24748, ord.) in seconda istanza, con l’attribuzione al giudice di secondo grado di tutti i poteri che gli sono propri, ragion per cui, qualora esso rilevi l’insussistenza delle condizioni per farvi luogo, potra’ procedere, previa revoca dell’ordinanza impugnata, ad un completo esame riguardante la fondatezza o meno dell’opposizione formulata in primo grado, decidendola nel merito (a meno che non si prospettino altri impedimenti pregiudiziali od ostacoli preliminari alla sua definizione in tal senso).

In definitiva, alla luce delle precedenti argomentazioni e ricadendo l’ordinanza in questione pacificamente nell’ambito temporale di applicabilita’ del modificato L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 5, (essendo stata adottata in data 14 dicembre 2009), il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di T.M. si prospetta manifestamente inammissibile, dovendo, invero, essere proposto avverso il suddetto provvedimento il rimedio impugnatorio dell’appello”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, nei riguardi della quale non sono state mosse critiche (essendosi limitato il difensore del T., comparso all’adunanza camerale, a riportarsi al ricorso), precisandosi, quanto all’instaurazione del contraddittorio nella presente sede di legittimita’ nei confronti del Prefetto di Novara anziche’ del Ministero dell’Interno (che sarebbe stato effettivamente legittimato trattandosi di un ricorso relativo all’ordinanza di convalida di un verbale di accertato elevato dalla Polizia stradale), che la giurisprudenza di questa Corte (cfr. SS.UU. n. 3117/2006 e Sez. 1^, n. 16458/2006) ha chiarito che, in tema di opposizione a sanzioni amministrative, al di fuori delle ipotesi in cui la legge prevede la specifica competenza di un organo periferico dell’Amministrazione, con la conseguente inapplicabilita’ del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11 l’errata identificazione dell’organo legittimato a resistere in giudizio non si traduce nella mancata instaurazione del rapporto processuale, ma costituisce una mera irregolarita’, sanabile, ai sensi della L. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4 attraverso la rinnovazione dell’atto nei confronti dell’organo indicato dal giudice, ovvero mediante la costituzione in giudizio dell’Amministrazione, che non abbia sollevato eccezioni ai riguardo, o ancora attraverso la mancata deduzione di uno specifico motivo d’impugnazione (ipotesi, quest’ultima, concretamente verificatasi nella fattispecie);

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento dei compensi del presente giudizio nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle competenze del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 600,00, oltre spese eventuali prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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