Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7559 del 01/04/2011

Cassazione civile sez. III, 01/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 01/04/2011), n.7559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23911-2006 proposto da:

P.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, LARGO DI TORRE ARGENTINA 11, presso lo studio dell’avvocato

MARTELLA DARIO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE ENASARCO (OMISSIS) in persona del suo Presidente

Vicario e legale rappresentante pro tempore Dott. S.E.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEULADA 38-A, presso lo studio

dell’avvocato LOCATELLI GIOVANNI MARIA, che la rappresenta e difende

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 769/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA, 3^

SEZIONE CIVILE, emessa il 10/2/2006, depositata il 04/04/2006, R.G.N.

7686/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato GIOVANNI MECHELLI per delega dell’Avvocato GIOVANNI

MARIA LOCATELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 29.5.2006, e regolarmente notificato, la Fondazione Enasarco, conveniva innanzi al Tribunale Civile di Roma P.D., che occupava l’appartamento sito in (OMISSIS), di proprietà della Fondazione per riottenere il rilascio a motivo di occupazione abusiva.

Nell’atto introduttivo del giudizio, la Fondazione Enasarco spiegava che l’appartamento oggetto di causa era stato concesso in locazione alla C.G., nonna di P.D., che residente coi genitori nello stesso stabile, ma in un altro appartamento ubicato al piano inferiore, alla morte della nonna avvenuta il (OMISSIS), continuava a pagare il canone a nome della defunta e dopo il matrimonio si trasferiva nell’appartamento oggetto di causa, senza il consenso della proprietà.

Successivamente il 7.2.1995 con una richiesta scritta denominata “Domanda di regolarizzazione di rapporto di locazione” P. D., tra l’altro così testualmente si esprimeva: “Premesso che la sottoscritta, già residente, unitamente alla madre D. D. e ai propri fratelli, nell’appartamento di vostra proprietà in (OMISSIS), si è dal (OMISSIS) trasferita per ragioni familiari e per dare assistenza alla nonna molto anziana presso l’appartamento int. (OMISSIS) sito nello stesso stabile che la nonna materna, C.G. conduceva in locazione giusto contratto del 1.11.1977 che è rimasta nell’appartamento locato alla nonna anche dopo il suo decesso, avvenuto in data (OMISSIS)”.

La Fondazione Enasarco accettava la domanda sanatoria e le parti arrivavano ad una transazione che prevedeva la conclusione di un contratto di locazione, al quale poi P.D. rifiutava di aderire.

Per questi motivi esposti nell’atto introduttivo del giudizio, la Fondazione Enasarco chiedeva al Tribunale la declaratoria di inefficacia degli accordi transattivi per grave inadempimento della P. e il rilascio dell’immobile a motivo della sua occupazione senza titolo, emergente da confessione della stessa su scritture private (richiesta di sanatoria e atto di transazione) mai disconosciute.

Costituitasi la convenuta, con sentenza n. 2187 del 22.1.2004 il Tribunale di Roma rigettava la domanda.

A seguito dell’appello da parte della fondazione Enasarco, costituitasi, la P., la Corte d’Appello di Roma, con la decisione in esame depositata in data 4.4.2006, in parziale accoglimento dell’appello, condannava la P. al rilascio dell’appartamento; affermavano, in particolare, i giudici di secondo grado che “gli elementi valutati nella sentenza impugnata per ritenere operante la successione della P. nell’originario contratto di locazione non assumono rilevanza significativa”.

Ricorre per cassazione la P. con tre motivi (primo e terzo con quesiti ex art. 366 bis c.p.c.); resiste con controricorso la Fondazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce difetto di motivazione con riferimento agli artt. 342, 434, 447 bis c.p.c., in quanto “la sentenza oggetto di impugnazione ha laconicamente liquidato l’eccezione sollevata dalla difesa della P., relativamente alla mancata specificazione dei motivi di appello, con particolare riferimento all’intervenuto accertamento della successione locativa della ricorrente alla posizione della propria nonna, che in realtà non è stata fatta oggetto del ricorso in appello … il ricorso in appello non reca neppure una riga a confutazione di tale assunto centrando tutta la difesa sulla natura del contratto di transazione dell’1.12.1997 come contratto preliminare di locazione”.

Con il secondo motivo si deduce ancora difetto di motivazione sur punto della intervenuta successione del contratto di locazione con riferimento alla scrittura privata in questione.

Con il terzo motivo si deduce sempre difetto di motivazione con riferimento all’art. 257 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 2 e art. 447 bis c.p.c. riguardo alla non ritenuta attendibilità della testimonianza espletata e alla ritenuta impossibilità di esercitare il potere di ufficio di ammettere mezzi di prova “nel regime processuale specifico”.

Nel controricorso si rileva “che il primo e il terzo motivo di ricorso terminano con la formulazione di quesiti di diritto non attinenti”.

Il ricorso è infondato e non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte doglianze.

Preliminarmente si rileva l’inammissibilità del secondo motivo perchè privo della formulazione del quesito ex art. 366 bis c.p.c. (sulla necessità del quesito a pena di inammissibilità anche in caso di deduzione di difetto di motivazione, tra le altre, Cass. n. 8897/2008) nonchè del terzo motivo perchè riguardante il discrezionale potere valutativo del giudice del merito in ordine alla valutazione delle prove e in particolare alla attendibilità di una testimonianza.

Da rigettare è anche il primo motivo: la doglianza svolta dall’appellata P., in ordine all’inammissibilità dell’atto di appello per mancata specificazione dei motivi e non esaminata da giudici di secondo grado, è priva di fondamento: la Corte territoriale ha compiutamente valutato detta eccezione, rigettandola e statuendo in proposito che “deve essere in primo luogo rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla difesa della P. in quanto, pur risultando evidente nel ricorso, in sede di esposizione del fatto, una cesura logica verosimilmente dovuta a errore materiale tra la conclusione della prima pagina e l’inizio della successiva, è indubbio che da una globale analisi dell’atto emergano compiutamente l’esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell’impugnazione, secondo la previsione degli artt. 434 e 4 47 bis c.p.c.”.

In relazione alla natura della controversia sussistono giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2011

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