Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25115 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. I, 08/10/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 08/10/2019), n.25115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3510/2018 proposto da:

B.L.S.B., elettivamente domiciliato in Roma, via dei

Gracchi 130, presso lo studio dell’avv. Teresina Macrì che lo

rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

Fatto

RILEVATO

che:

B.L.S.B., egiziano di religione cristiana copta, ricorre per cassazione con quattro motivi avverso la sentenza con la quale la corte d’appello di Roma ne ha rigettato il gravame teso a ottenere la protezione internazionale o umanitaria;

il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso; il ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra per avere la corte d’appello valutato erroneamente i fatti narrati, integrati dall’avvenuta sottoposizione a violenza, sia fisica che psichica, da parte di facinorosi musulmani a cagione della propria distinta fede cristiana;

col secondo motivo (violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3 e 7) il ricorrente lamenta che le lacune probatorie del racconto non potevano comportare una valutazione mera di inottemperanza al regime dell’onere della prova, potendo essere superate dalla valutazione officiosa del giudice del merito;

col terzo motivo (violazione dell’art. 5 del t.u. imm. nonchè degli artt. 2 e 10 Cost. e degli artt. 1,5 e 8 della Cedu) ulteriormente lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria, in ragione del carattere atipico e residuale di questa;

infine col quarto mezzo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, non avendo nè il tribunale nè la corte d’appello tenuto conto dei fatti accaduti e del rischio correlato alla situazione politica e sociale esistente in Egitto;

il primo motivo è inammissibile, avendo la corte d’appello affermato che il richiedente non aveva affatto imputato a motivi religiosi gli atti di minaccia e violenza asseritamente subiti, ma li aveva riferiti a un diverbio di strada per attriti con la famiglia della sua ragazza;

la doglianza in ordine a un presunto errore di valutazione in tal senso da parte del giudice a quo è, in prospettiva di autosufficienza, del tutto generica;

il secondo e il quarto motivo, connessi, sono inammissibili poichè incentrati su una critica di merito;

la corte d’appello ha infatti svolto l’accertamento che era richiesto dall’allegazione del richiedente; semplicemente ne ha ritenuto l’infondatezza poichè non potevasi affermare, in base alle informazioni desumibili dalle indicate fonti internazionali, che l’Egitto si trovasse in condizioni di violenza generalizzata da conflitto armato, di qualunque genere e natura;

il terzo motivo è inammissibile poichè eccentrico rispetto alla ratio decisionale, avendo la corte d’appello disatteso il gravame in tema di protezione umanitaria perchè questa forma di protezione era stata “richiesta del tutto genericamente e senza la benchè minima allegazione dell’eventuale esistenza di seri motivi di carattere umanitario”; tale ratio implica una valutazione pregiudiziale di inammissibilità della domanda, che non è stata censurata mediante indicazione di ciò che in effetti era stato allegato; il che consente al collegio di decidere il ricorso senza condizionamenti derivanti dall’attuale pendenza alle sezioni unite della questione afferente l’ambito di applicazione temporale del D.L. n. 113 del 2018 (come convertito);

le spese seguono la soccombenza;

la declaratoria di inammissibilità implica doversi dare atto dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato anche in presenza dell’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato (Cass. n. 9660-19 e molte altre).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 2.100,00 EUR oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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