Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7230 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. III, 30/03/2011, (ud. 17/01/2011, dep. 30/03/2011), n.7230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12163/2009 proposto da:

I.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VAL D’OSSOLA 100, presso lo studio dell’avvocato PETTORINO

MARIO, rappresentato e difeso dagli avvocati BUONO Gianpaolo, giusta

delega a margine della comparsa di costituzione, COTTONE RICCARDO con

studio in 80077 ISCHIA (NA), VIA DELLE TERME 40 (c/o Avv. GIUSEPPE

MORGERA), giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DI PORTA PINCIANA 4, presso lo studio dell’avvocato SANTARONI

MARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato DI MEGLIO Giuseppe giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 167/2008 del TRIBUNALE DI NAPOLI – SEZIONE

DISTACCATA di ISCHIA, emessa il 7/5/2008, depositata il 07/05/2008,

R.G.N. 561/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/01/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato GIANPAOLO BUONO; udito l’Avvocato GIUSEPPE DI

MEGLIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 17.12.2001 I.A. si opponeva all’esecuzione, nei suoi confronti intrapresa da I.I., ai sensi dell’art. 612 c.p.c., in forza della sentenza del tribunale di Napoli del 14.10.1987.

Si costituiva la convenuta che contestava i motivi di opposizione.

Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. del 7.5.2008, il tribunale rigettava l’opposizione.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi illustrati da memoria I.A..

Resiste con controricorso I.I..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va dato atto della correttezza del mezzo di impugnazione proposto, trattandosi di sentenza emessa, a seguito di opposizione esecutiva nel regime previsto dall’art. 616 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis (sentenza del 7.5.2008), a seguito della modifica intervenuta con la L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14, comma 1, impugnabile, quindi, con il solo ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7.

Inoltre, trattasi di ricorso proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002).

Il quesito (o il momento di sintesi), al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo).

Nella specie, il ricorrente propone tre motivi di ricorso di violazione di norme di diritto (artt. 474, 479, 480, 612, 615 e 617 c.p.c.).

I motivi rispettano i requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., e possono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione delle censure con gli stessi proposte.

Essi sono fondati.

Invero, l’attuale ricorrente ha proposto un’opposizione agli atti esecutivi sulle modalità con le quali l’opposizione doveva essere eseguita, con riferimento al titolo esecutivo; vale a dire se queste erano rappresentate dalle statuizioni contenute nella i sentenza di primo grado o, viceversa, in quella di appello, di riforma della precedente.

In questo caso, la sentenza di primo grado è stata posta nel nulla da quella di appello, di riforma, ed il titolo esecutivo non poteva più essere rappresentato dalla sentenza di primo grado, ma doveva necessariamente essere riferito alla sentenza di appello.

Le modalità con le quali doveva essere eseguito l’obbligo di fare, ai sensi dell’art. 612 c.p.c., dovevano essere, quindi, quelle contenute nella sentenza di appello.

Erra, pertanto, il giudice dell’opposizione, sia quando afferma che la sentenza di secondo grado sarebbe di conferma della prima, sia quando pretende di individuare il titolo esecutivo nella prima, affermando che la sentenza di primo grado sarebbe stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Napoli, “rigettandosi l’atto di appello”; concludendo che “il dictum cui occorre fare riferimento per l’esecuzione è quello indicato dal giudice di prime cure”.

Vale sul punto obiettare che il dispositivo della sentenza della Corte di Appello, allegata correttamente al ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, è del seguente tenore “accoglie l’appello limitatamente alla rettifica del dispositivo e per l’effetto condanna I.A., e per esso i suoi eredi in epigrafe indicati, ad arretrare le proprie fabbriche fino a portarle all’originario allineamento sul confine comune, rappresentato oggi dalle fabbriche dell’attore,….”; laddove la sentenza di primo grado impugnata condannava lo I. “a demolire il corpo di fabbrica realizzato, giusta c.e. del 9.6.1977 del Comune di Serrara Fontana, sul suolo del cortile comune dell’edificio in quel tenimento alla (OMISSIS) in avanzamento dell’antica fabbrica, consistente in …….”.

E’, quindi, evidente che la sentenza di appello non è di conferma, ma di riforma della sentenza impugnata; con la conseguenza che le modalità attuative dell’obbligo erano rappresentate da quelle contenute nella sentenza di riforma.

L’esecuzione intrapresa viene, pertanto, a mancare del presupposto sulla quale era stata originariamente fondata, posto che l’attuale resistente l’aveva intrapresa sulla base del titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza emessa dal tribunale di Napoli, riformata, però, come si è visto, da quella di appello.

Conclusivamente il ricorso è accolto.

Non essendo, poi, necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte di legittimità può, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, decidere nel merito la controversia, ed accogliere, per le ragioni già dette, l’opposizione proposta da I.A..

Le; spese seguono la soccombenza e liquidate come in dispositivo, sia per il giudizio di merito, sia per quello di cassazione, vanno poste a carico della soccombente.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione proposta da I.A.. Condanna la resistente al pagamento delle spese che liquida, per il giudizio di merito in complessivi Euro 1.300,00, di cui Euro 200,00 per spese, Euro 700,00 per diritti ed Euro 400,00 per onorari, e per quello di Cassazione in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 1.600,00 per onorari; il tutto oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 17 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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