Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3616 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/02/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 14/02/2011), n.3616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso

la DIREZIONE AFFARI LEGALI POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa dal

l’avvocato URSINO ANNA MARIA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 50,

presso lo studio dell’avvocato COSSU BRUNO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SORDA GIUSEPPE SAVERIO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 131/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/02/2006 r.g.n. 194/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato URSINC ANNA MARIA;

udito l’Avvocato COSSU BRUNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per la questione di legittimita’

costituzionale si rimette; accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 349/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Genova, in accoglimento della domanda proposta da R.R. nei confronti della s.p.a. Poste italiane dichiarava la nullita’ del termine apposto al (primo) contratto di lavoro intercorso tra le parti, per “necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie” e condannava la societa’ a riammettere in servizio la R. e a pagarle il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni non corrisposte, dalla data della costituzione in mora (23-12-2002) fino al 30-1-2003 (data nella quale la ricorrente aveva trovato altra occupazione) e successivamente dalla data della sentenza.

Il Giudice, infine, rigettava la domanda con riferimento ai successivi contratti a termine.

La societa’ proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

La R. si costituiva resistendo al gravame e proponendo appello incidentale contro il rigetto della domanda relativamente ai contratti successivi al primo.

La Corte d’Appello di Genova, con sentenza depositata il 17-2-2006, respingeva l’appello principale e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, dichiarava assorbite le domande subordinate di declaratoria di nullita’ dei contratti successivi.

Per la cassazione di tale sentenza la societa’ ha proposto ricorso con due motivi.

La R. ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione della L. n. 230 del 1962, art. 3 della L. n. 56 del 1987, art. 23, dell’art. 1362 c.c. nonche’ vizio di motivazione, la ricorrente in sostanza deduce che la Corte di merito, violando il principio della “delega in bianco” contenuta nell’art. 23 citato, “implicitamente richiamandosi all’elaborazione giurisprudenziale sviluppatasi sulla portata della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. b,” ha interpretato la fattispecie contrattuale in esame pretendendo che i lavoratori assunti a termine in base ad essa fossero “necessariamente impiegati in sostituzione dei colleghi a tempo indeterminato assenti per ferie”.

Pertanto, erroneamente, secondo la ricorrente, la Corte territoriale ha ritenuto necessaria “la prova del nesso causale in relazione ad una fattispecie di termine di fonte contrattuale”, laddove, in virtu’ di tale fonte, non era richiesta la “diretta adibizione del lavoratore assunto per ferie ne, tanto meno, l’indicazione del nominativo di quest’ultimo”, essendo sufficiente che l’assunzione fosse avvenuta ne periodo giugno – settembre.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1372 c.c., comma 1, art. 1362 c.c., comma 2, art. 1427 c.c. e segg., art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c. nonche’ vizio di motivazione, lamenta che la Corte d’Appello erroneamente ha disatteso l’eccezione di risoluzione per mutuo consenso, nonostante la prolungala inerzia della resistente, che non puo’ che essere interpretata come espressione di un definitivo disinteresse alla prosecuzione del rapporto di lavoro.

Il secondo motivo, che in ordine logico va esaminato per primo, risulta infondato.

In base al principio piu’ volte dettato da questa Corte, che il Collegio intende qui riaffermare, “nel giudizio instaurato ai lini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinche’ possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, e’ necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’”ultimo contratto a termine, nonche’ del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volonta’ delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimita’ se non sussistono vizi logici o errori di diritto” (v. Cass. 10-11-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, Cass. 11/12/2001 n. 15621).

Peraltro, come pure e’ stato precisato, “grava sul datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per mutuo consenso, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volonta’ chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (v. Cass. 2-12-2002 n. 17070).

Orbene sul punto la Corte d’Appello, dopo aver premesso che “se in via generale l’inerzia di per se’ costituisce un comportamento non significativo, nondimeno e’ ravvisabile un mutuo dissenso tacito quando la cessazione della funzionalita’ di fatto del rapporto avvenga con durata e modalita’ tali da essere rivelatrici di un sostanziale disinteresse delle parti alla sua prosecuzione…..Nella fattispecie che ci occupa, l’ultimo contratto a termine con Poste e’ scaduto il 30-9-1999 e con raccomandata del 23-12-2002 la R. ha lamentato l’illegittimita’ del termine offrendo le proprie prestazioni….Nel caso, e’ presumibile che sia occorso un certo tempo alla ricorrente, come a qualunque persona che non abbia una specifica competenza giuridica, per avvedersi dei possibili vizi che inficiavano il rapporto di lavoro. A fronte dell’incertezza dell’esito di un’impugnativa, ella rischiava del resto di mettere a repentaglio una possibile nuova assunzione….Per tutti i motivi esposti attesa la durata e non univocita’ della condotta…non puo’ che respingersi la tesi” della societa’.

Tale accertamento di fatto, compiuto dalla Corte di merito in aderenza al principio sopra richiamato, risulta altresi’ congruamente motivato e resiste alle censure della societa’ ricorrente.

Fondato e’, invece, il primo motivo.

Osserva il Collegio che questa Corte Suprema, decidendo in tema di contratti a termine stipulati ex art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994. in relazione alla necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre), oltre a ritenere non necessaria la indicazione del nominativo del lavoratore sostituito (v. fra le altre. Cass. 2 marzo 2007 n. 4933), in base a principio della “delega in bianco” conferita dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 ha anche piu’ volte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678, Cass. 7-3-2008 n. 6204) confermato le sentenze di merito che avevano ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del lutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operativita’ fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Peraltro e’ stato anche affermato (v. fra le altre Cass. 28-3-2008 n. 8122) che l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 CCNL 26-11-1994) e’ quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operativita’ l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonche’ la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unita’ organizzativa alla quale lo stesso e’ stato destinato”.

Il sopra citato orientamento, ormai costante, di questa Corte va qui confermato cosi’ accogliendosi il primo motivo.

La impugnata sentenza va, pertanto, cassala, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Torino, la quale, statuendo anche sulle spese, provvedera’ attenendosi al principio sopra richiamato ed esaminera’ anche le questioni, riguardanti le “domande relative ai successivi contratti a termine” ritenute espressamente assorbite nella sentenza impugnata.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il secondo motivo, accoglie il primo, cassa la impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Torino.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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