Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25063 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 08/10/2019), n.25063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7098-2017 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in PALERMO, VIALE REGINA

MARGHERITA 21, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE BONDI;

– ricorrente –

contro

Comune di Palermo, elettivamente domiciliato in PALERMO, PIAZZA

MARINA 39, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO SAETTA;

– controricorrente –

e

Riscossione Sicilia spa, elettivamente domiciliata in PALERMO, VIA

LUDOVICO ARIOSTO 12, rappresentata e difesa dall’avvocato ENZA

NOVARA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3081/30/16 della CTR di Palermo, depositata il

12 settembre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/05/2019 dal relatore Dott. CAVALLARI DARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avv. Corrado Sgroi, per delega, per Riscossione Sicilia spa,

il quale ha chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o,

in subordine, respinto;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.A. ha presentato il 22 ottobre 2010 presso il Comune di Palermo richiesta di iscrizione a ruolo delle somme non pagate a titolo di tassa smaltimento rifiuti solidi urbani non prescritte.

Con cartella notificata il 28 settembre 2011 il Comune di Palermo ha chiesto, tramite il suo agente della riscossione Serit Sicilia spa, il pagamento della TARSU dal 2005 al 2010, in particolare non applicando, per i periodi dal 2005 al 2008, l’istituto del ravvedimento operoso D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 13.

Il contribuente ha, quindi, proposto ricorso contro la cartella limitatamente all’importo di Euro 7.744,00, concernente l’imposta per il periodo dal 2005 al 2008, poichè la sanzione era stata determinata erroneamente nella misura di 1/4 del 200% e non, invece, come sarebbe dovuto avvenire ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, in quella di 1/10 del 100%.

Si è costituito il solo Comune di Palermo.

La CTP di Palermo, con sentenza n. 433/2012, ha accolto il ricorso. Il Comune di Palermo ha proposto appello.

La CTR di Palermo, con sentenza n. 3081/2016, ha accolto l’impugnazione.

S.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13. Il Comune di Palermo e Riscossione Sicilia spa (già Serit Sicilia spa) hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata da Riscossione Sicilia spa.

Infatti, l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, e contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto, come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, si applica ratione temporis ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 (giorno di entrata in vigore del menzionato decreto), e fino al 4 luglio 2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione della norma, disposta dalla L. n. 69 del 2009, art. 47 (Cass., Sez. 5, n. 24597 del 19 novembre 2014).

La sentenza qui impugnata è, invece, stata depositata il 12 settembre 2016.

2. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, nonchè il vizio di ultrapetizione e la violazione del principio di equità e ragionevolezza.

Sostiene il ricorrente che la CTR di Palermo avrebbe errato nel ritenere che la disposizione di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, comma 5, lett. c), non potesse trovare applicazione, in presenza di una dichiarazione resa il 22 ottobre 2010, alle annualità dal 2005 al 2008.

Infatti, doveva tenersi conto che, ai sensi del detto art. 13, comma 5, il ravvedimento operoso poteva essere esperito pure oltre il termine menzionato dall’art. 13 medesimo.

In particolare, non poteva affermarsi che, in materia di TARSU, l’omissione della denuncia rilevasse per ogni periodo di imposta considerato poichè, in realtà, non essendovi stata mai in passato una denuncia, quella presentata il 22 ottobre 2010 doveva essere reputata sufficiente per tutti gli anni interessati, non sussistendo l’obbligo di presentarne di nuove se non in presenza di variazioni, nel caso insussistenti.

In definitiva, l’obbligo di denunzia sussisterebbe una tantum.

Afferma, poi, il ricorrente che la CTR di Palermo avrebbe dovuto tenere conto del sopravvenuto disposto della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 637, che aveva ampliato le modalità ed i termini di applicazione del ravvedimento operoso.

Il motivo è infondato.

Ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, lett.c), norma applicata dalla CTR di Palermo e l’utilizzo della quale non è stato specificamente contestato, in ipotesi di omissione della presentazione della dichiarazione, la sanzione è ridotta, semprechè la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza, dal tempo della presentazione della dichiarazione stessa, se ciò avviene con ritardo non superiore a novanta giorni.

La tesi del ricorrente si fonda sull’assunto che la dichiarazione rilevante ai fini TARSU, una volta effettuata il 22 ottobre 2010, doveva valere anche per gli anni precedenti.

Ciò perchè non sussisteva un obbligo di redigere ogni anno tale dichiarazione e, pertanto, l’unica che era stata predisposta doveva valere per tutti i periodi di imposta rilevanti.

Questa ricostruzione non è condivisibile.

Infatti, in tema di tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il D.Lgs. n. 507 del 1993 consente al contribuente di limitarsi a denunciare le sole variazioni intervenute successivamente alla presentazione della dichiarazione originaria, senza dover rinnovare la propria dichiarazione anno per anno.

Peraltro, ad ogni anno solare corrisponde una obbligazione tributaria, qualora la denunzia sia stata incompleta, infedele oppure omessa, poichè l’obbligo di formularla si rinnova di anno in anno, con la conseguenza che l’inottemperanza a tale obbligo, sanzionata dall’art. 76 del citato decreto, comporta l’applicazione della sanzione pure per gli anni successivi al primo. Coerentemente, la protratta inottemperanza all’obbligo di presentare la denuncia non provoca la decadenza, per decorso del tempo, del potere del Comune di accertare le superfici non dichiarate che continuino ad essere occupate o detenute, ovvero gli altri elementi costituenti il presupposto della tassa (Cass., Sez. 5, n. 18122 del 7 agosto 2009).

Se ne ricava, quindi, che, in materia di TARSU, l’omessa dichiarazione integra una ulteriore violazione per ogni anno che si perpetua.

Il fatto, dedotto dal ricorrente, che la dichiarazione de qua vada inoltrata solo in presenza di variazioni non supporta la resti del ricorrente.

Infatti, questa circostanza avrebbe valore se vi fosse stata una dichiarazione in precedenza, ma, non vertendosi in questa ipotesi, i mancati versamenti correlati alle dichiarazioni non presentate per le annualità dal 2005 al 2008 (le uniche oggetto del contendere ed alle quali è possibile riferirsi) non potevano essere oggetto di ravvedimento operoso, essendo ormai decorso il termine del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, lett. c).

In pratica, tali mancati versamenti, riferendosi ad omesse dichiarazioni anteriori, potevano, al massimo, integrare dei ritardati pagamenti del tributo, situazione in cui non è invocabile l’istituto del ravvedimento operoso (Cass., Sez. 5, n. 31608 del 6 dicembre 2018).

Quanto, poi, all’affermazione del ricorrente che la CTR di Palermo avrebbe dovuto tenere conto del sopravvenuto disposto della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 637, che aveva ampliato le modalità ed i termini di applicazione del ravvedimento operoso, si osserva che questa è estremamente generica, non avendo il contribuente chiarito in che termini la modifica normativa citata inciderebbe sulla presente controversia.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell’obbligo, a carico del ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite in favore delle parti controricorrenti, che liquida in Euro 2.200,00 per il Comune di Palermo ed in Euro 2.900,00 per Riscossione Sicilia spa, oltre accessori ex lege e spese generali nella misura del 15%;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, il 9 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 8 ottobre 2019

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