Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24954 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 07/10/2019), n.24954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18509-2017 proposto da:

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PO 22, presso

lo studio dell’avvocato FEDERICO PERNAZZA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO PROIETTI;

– ricorrente –

contro

FUNIVIE FOLGARIDA MARILLEVA SPA, in persona dell’Amministratore

Delegato pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BATTISTA

MARTELLI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MAURIZIO WEGHER, BONIFACIO GIUDICEANDREA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 118/2017 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 03/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 19 settembre 20104 V.A. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Trento,- sezione distaccata di Cles, la Società Funivie Folgarida Marilleva S.p.A. per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente sciistico avvenuto nel comprensorio di (OMISSIS), sulla pista denominata “(OMISSIS)” ove, in prossimità di un incrocio, era entrato in collisione con altro sciatore, di nazionalità polacca, finendo poi contro un cartello segnaletico metallico e riportando gravi lesioni. Riteneva responsabile la società convenuta, per responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ai sensi degli artt. 2051 o 2043 c.c., in quanto il cartello costituiva un ostacolo solo parzialmente coperto da protezioni in gommapiuma;

si costituiva la Società Funivie Folgarida Marilleva S.p.A. rilevando che la responsabilità era da addebitare allo sciatore polacco e che il cartello era adeguatamente protetto e, comunque, collocato fuori dalla pista;

il Tribunale di Trento, con sentenza del 6 agosto 2015, rigettava la domanda rilevando di non condividere la giurisprudenza che individuava in capo al gestore della pista una responsabilità contrattuale ovvero ai sensi dell’art. 2050 c.c., dovendosi la domanda esaminare ai sensi dell’art. 2043 c.c.. In tale ambito, le risultanze istruttorie avevano evidenziato che V.A. non procedeva a velocità moderata, che, al contrario, avrebbe permesso di evitare l’impatto e che il cartello era visibile sin dall’inizio della pista ed era protetto da gommapiuma, sicchè la convenuta aveva adottato tutti gli accorgimenti opportuni;

con atto di citazione del 10 febbraio 2016 V. proponeva appello lamentando l’omessa valutazione della responsabilità sotto il profilo contrattuale o extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2051; riproponeva l’eccezione di nullità del mandato difensivo per assenza di autorizzazione da parte del giudice delegato e contestava la condanna al pagamento delle spese in presenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali. Si costituiva la società convenuta chiedendo il rigetto della impugnazione;

la Corte d’Appello di Trento con sentenza del 3 maggio 2017 riteneva infondata l’impugnazione condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione V.A. affidandosi a due motivi che illustra con memoria ex art. 380 bis c.p.c.. Resiste con controricorso Società Funivie Folgarida Marilleva S.p.A. che deposita, oltre il termine, memoria ex art. 380 bis c.p.c., in data 18 febbraio 2019.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta la violazione della L. n. 263 del 2003, art. 3, e degli obblighi del titolare dell’autorizzazione oggetto del provvedimento n. 509 del Dirigente del servizio turismo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;

parte ricorrente deduce di avere sostenuto in appello che, per fatti concludenti, le parti avrebbero concluso un contratto per la fruizione delle aree sciabili (cosiddetto contratto di skipass) che obbligherebbe il gestore alla predisposizione di piste per lo svolgimento di attività sportiva in sicurezza, al fine di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste. La L. n. 263 del 2003, art. 3, individuerebbe un obbligo di attivazione, incombente sul gestore, e specifici obblighi di protezione sarebbero contenuti nel provvedimento del 20 dicembre 2002, n. 509 del Dirigente del servizio turismo della Provincia Autonoma di (OMISSIS), relativo all’autorizzazione all’esercizio della pista “(OMISSIS)”;

alla medesima conclusione si giungerebbe, secondo il ricorrente, anche riconoscendo in capo alla società convenuta la qualità di custode della pista ai sensi dell’art. 2051 c.c., e ciò in quanto la tabella segnaletica contro cui aveva impattato violentemente V., unitamente all’accentuata pendenza trasversale che connota la pista in oggetto, avrebbero avuto un’efficacia causale nella produzione delle lesioni subite. Sotto tale profilo l’insegna costituirebbe un ostacolo artificiale e non naturale;

con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 167 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento all’affermazione della Corte d’Appello relativa alla “mancanza di prova dello spostamento della tabella”. In particolare, nell’ordinanza del 7 giugno 2011 il giudice istruttore avrebbe affermato che “la parte convenuta non ha contestato in sede di comparsa di risposta la modifica della posizione della tabella, dedotta da parte attrice”. Sotto altro profilo la Corte territoriale non avrebbe tenuto in considerazione la ricostruzione fotografica attestante lo spostamento dell’insegna e ciò sulla base della differente distanza esistente tra tale cartello e un punto di riferimento costituito da un alberello ubicato nel tratto di pista in oggetto. Pertanto, sarebbe errata l’affermazione della Corte territoriale secondo cui V., scontrandosi con altro sciatore di nazionalità polacca e in conseguenza di tale urto, addebitabile -secondo la Corte territoriale – alla esclusiva responsabilità di quest’ultimo, avrebbe perso il controllo degli sci urtando violentemente il capo contro una segnalazione metallica presente lungo la pista. Al contrario, la documentazione fotografica consentirebbe di accertare l’esistenza di una forte pendenza e la posizione inadeguata della “tabella”. Gli elementi istruttori a fondamento di tale ricostruzione sarebbero costituiti dall’ammissione, contenuta nella comparsa di costituzione della società convenuta, in ordine alla pendenza della pista, che costringerebbe gli sciatori ad acquistare velocità nel tratto iniziale per evitare di dover spingere con i bastoncini nel tratto successivo. In secondo luogo, tale elemento emergerebbe dalla documentazione fotografica, attestante l’esistenza di una pendenza trasversale della pista, oltre che la collocazione del cartello “esattamente sul bordo della pista”. Inoltre, dopo l’impatto con la tabella, quest’ultima sarebbe stata spostata. Infine, lo stato dei luoghi evidenzierebbe la presenza di dossi artificiali da livellare, per i quali la società resistente non avrebbe posto in essere alcun intervento;

il primo motivo non si confronta con la decisione impugnata, che ha argomentato nel senso che il fatto colposo del danneggiante e del terzo integrano gli estremi del caso fortuito, che esclude la responsabilità del gestore, indipendentemente dal titolo posto a fondamento della pretesa (contrattuale, illustrato sino a pagina 16 eex art. 2051 c.c., dedotto successivamente).

Ed anzi, tale esclusiva rilevanza è ribadita dal ricorrente (pagina 18 del ricorso);

in ogni caso, l’attribuzione dell’evento al fatto del danneggiato o del terzo, con elisione del nesso causale con le prestazioni contrattuali anche come imposte dalle autorizzazioni ed altre normative richiamate, attiene ad una valutazione di fatto, incensurabile in Cassazione;

il secondo motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 perchè il ricorrente non allega ritualmente di avere sottoposto al giudice di appello la questione relativa al contenuto nell’ordinanza del 7 giugno 2011 del Giudice istruttore e di cui la Corte d’Appello non si occupa;

opera il principio che impone al ricorrente che proponga una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione (Sez. 3 -, Ordinanza n. 27568 del 21/11/2017, Rv. 646645 – 01);

inoltre, il riferimento alla ordinanza del 7 giugno 2011 non è decisivo, poichè la parte del provvedimento trascritta si riferisce semplicemente ad una presunta mancata contestazione da parte della società convenuta riguardo alla modifica della posizione della tabella;

contrariamente a quanto dedotto con la memoria, lo spostamento della tabella, non rappresentava, nella motivazione della Corte territoriale, la decisiva circostanza per l’esclusione del nesso causale;

inoltre, la presunta non contestazione, da un lato, non consente di dimostrare che la precedente posizione fosse inadeguata o pericolosa, e dall’altro, non si accompagna ad una contestazione della motivazione della Corte territoriale nella parte in cui espressamente evidenzia la corretta posizione del cartello e la circostanza che lo stesso fosse adeguatamente protetto dalla gommapiuma. Infine, i rilievi relativi al posizionamento della tabella in oggetto, oltre che riguardare valutazioni in fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, fondate su una valutazione dei mezzi istruttori non sindacabile in questa sede, risultano assolutamente generici (pagina 20 e 21 del ricorso). Il ricorrente si limita a dedurre che “in relazione all’inclinazione del pendio, all’andamento della pista e alle condizioni di innevamento della stessa (il luogo di posizionamento della tabella) è risultato, al momento del sinistro, inadeguato rispetto agli obblighi di protezione”;

in definitiva, il profilo dello spostamento successivo del cartello e del nuovo posizionamento è irrilevante, se prospettato come riconoscimento di un precedente posizionamento irregolare. Mentre, riguardo alla sua collocazione, la censura consiste in una richiesta di valutazione del materiale probatorio, inibita in sede di legittimità (pagine 22-23), introducendo elementi fattuali nuovi (pagina 23);

parte ricorrente, inoltre, pur denunciando, formalmente, ipotetiche violazioni di legge che vizierebbero la sentenza di secondo grado, (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità), sollecita a questa Corte una nuova inammissibile valutazione di risultanze di fatto (ormai definitivamente cristallizzate sul piano processuale) sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così strutturando il giudizio di cassazione in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai consolidatosi, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione probatoria, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata – quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo, riferita a due voci – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 21 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2019

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