Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24715 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. II, 03/10/2019, (ud. 23/01/2019, dep. 03/10/2019), n.24715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6947-2015 proposto da:

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, V. VETULONIA

64, presso lo studio dell’avvocato G.G., rappresentato

e difeso dall’avvocato FABIO REPICI;

– controricorrente –

e contro

PUBBLICO MINISTERO TRIBUNALE LOCRI;

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di LOCRI, depositata il 24/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato:

che il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost. per la cassazione della ordinanza con cui il tribunale di Locri si è pronunciato sulla opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 proposta dall’avvocato G.G. avverso il Decreto del Procuratore della Repubblica di Locri del 29 maggio 2008, avente ad oggetto la liquidazione del compenso spettante all’opponente per l’espletamento di un incarico concernente la acquisizione e l’elaborazione di dati di traffico telefonico;

che il tribunale, accogliendo le doglianze dell’avv. G., ha aumentato, rispetto a quanto stabilito nel decreto del Procuratore della Repubblica, l’importo del compenso riconosciuto al perito, liquidando al medesimo la somma di Euro 12.590,13 a titolo di onorari, nonchè l’ulteriore somma di Euro 4.510,61 per le residue spese documentate;

che il ricorso del Ministero si articola in due motivi;

che l’avv. G. ha depositato controricorso;

che la causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 23.1.2019, per la quale non sono state depositate memorie, mentre il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per la declaratoria di inammissibilità – o, in subordine, il rigetto – del ricorso;

che con il primo motivo di ricorso il Ministero denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 in cui tribunale sarebbe incorso pronunciandosi a contraddittorio non integro sull’opposizione proposta dall’avvocato G. avverso il decreto del Procuratore della Repubblica;

che, al riguardo, il Ministero riferisce che l’originario atto di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 era stato notificato dall’avv. G. solo al Procuratore della Repubblica di Locri e non anche al Ministero della Giustizia; che pertanto il tribunale aveva dichiarato l’opposizione inammissibile; che la statuizione di inammissibilità era stata cassata da questa Corte, che aveva rinviato la causa al tribunale per la celebrazione del giudizio di opposizione a contraddittorio integro; che l’atto di riassunzione del giudizio in sede di rinvio era stato notificato al Procuratore della Repubblica di Locri e al Ministero della Giustizia, ma non anche alle parti private del procedimento penale;

che il motivo va giudicato inammissibile, in quanto la eccezione di non integrità del contraddittorio – che nè dall’impugnata ordinanza, nè dalla narrativa del processo svolta nel ricorso per cassazione, risulta esser stata sollevata nel giudizio di rinvio – non è corredata dalla indicazione nominativa dei litisconsorti pretermessi; la formulazione del mezzo di gravame risulta dunque irrispettosa del principio che “L’eccezione di difetto del contraddittorio per violazione del litisconsorzio necessario può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità, a condizione che l’esistenza del litisconsorzio risulti dagli atti e dai documenti del giudizio di merito e la parte che la deduca ottemperi all’onere di indicare nominativamente le persone che devono partecipare al giudizio, di provare la loro esistenza e i presupposti di fatto e di diritto che giustifichino l’integrazione del contraddittorio” (Cass. 23634/18);

che con il secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, la difesa erariale denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 113 c.p.c., sostenendo che la motivazione dell’impugnata ordinanza sarebbe meramente apparente e, sotto altro aspetto, che non sussisterebbero i presupposti per una pronuncia secondo equità;

che la doglianza relativa all’inesistenza o mera apparenza della motivazione non può trovare accoglimento, in quanto la motivazione dell’impugnata ordinanza risulta idonea ad esprimere le ragioni della decisione; il tribunale ha infatti fondato la liquidazione del compenso dovuto al perito sulla base del numero delle vacazioni da quest’ultimo indicato, implicitamente giudicando tale numero attendibile; nè può ritenersi meramente apparente una motivazione che ometta di prendere analiticamente in considerazione tutte le argomentazioni delle parti, essendo fermo e risalente insegnamento di questa Corte che l’obbligo della motivazione non comporta una confutazione espressa ed analitica di tutte le argomentazioni delle parti, dovendosi per implicito ritenere disattese quelle non menzionate (cfr. Cass. 3847/77);

che parimenti va disattesa la censura relativa alla dedotta violazione dell’art. 113 c.p.c., giacchè la stessa si fonda su un travisamento del significato della parola “equo” che si legge nell’ordinanza reclamata;

che infatti, come puntualmente rilevato nella requisitoria del Procuratore Generale, dal contesto in cui è inserita l’espressione “appare equo” (pag. 2, quinto capoverso, dell’ordinanza) risulta palese che tale espressione non si riferisce al giudizio di equità (alternativo al giudizio di diritto), ma va correlata unicamente alla congruità del compenso, rapportata alle effettive vacazioni risultanti dalla documentazione versata in atti;

che quindi, in definitiva, il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza;

non ricorrono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente Ministero, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, giacchè tale disposizione non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il Ministero ricorrente a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA