Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24463 del 01/10/2019
Cassazione civile sez. II, 01/10/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 01/10/2019), n.24463
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25613-2017 proposto da:
L.G.M.A., L.G.M.G., L.G.G.,
L.G.F., rappresentati e difesi dall’avvocato CLAUDIO DEFILIPPI;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il
07/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/02/2019 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO.
Fatto
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Rilevato:
che i signori L.G.M.A., L.G.M.G., L.G.F. e L.G.G. hanno proposto ricorso, sulla scorta di un unico motivo, per la cassazione del decreto con cui la corte d’appello di Salerno ha dichiarato inammissibile, perchè tardiva, l’opposizione dai medesimi proposta L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter avverso il decreto ex art. 3 della stessa legge che aveva dichiarato improponibile la loro domanda di equa riparazione;
che nell’impugnato decreto la corte territoriale – dopo aver dato atto che il ricorso in opposizione era stato depositato in data 3.6.2015 (“Con ricorso depositato in data 3.6.2015 i ricorrenti hanno proposto opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter”, pag. 1 del decreto impugnato) e aver esposto che “i ricorrenti hanno evidenziato che il decreto di improponibilità era stato loro comunicato “a mezzo PEC” in data 1.4.2015″ – ha affermato che “l’opposizione avverso il decreto di improponibilità del ricorso è stata proposta ben oltre il termine perentorio fissato dalla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter”;
che nell’unico motivo del ricorso per cassazione i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 5 nonchè del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 7, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa affermando che il ricorso in opposizione era stato depositato in data 3.6.2015; al riguardo nel mezzo di gravame si deduce che il ricorso sarebbe stato depositato telematicamente in data 22.4.2015 alle ore 18:28, come rilevabile dalla ricevuta di accettazione, dalla ricevuta di consegna e dalla ricevuta di esito dei controlli automatici, generate automaticamente dal gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia;
che il Ministero della giustizia ha depositato controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso in quanto denunciante un errore revocatorio;
che la causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 14 febbraio 2019, per la quale non sono state presentate memorie.
considerato:
che l’unico mezzo di ricorso va giudicato inammissibile, perchè lamenta l’errore in cui la corte territoriale sarebbe incorsa affermando che il ricorso in opposizione era stato depositato in data 3.6.2015, in contrasto con le evidenze documentali attestanti l’avvenuta esecuzione del deposito del ricorso tramite PEC in data 22.4.15;
che il suddetto errore va ricondotto nell’ambito dell’errore revocatorio, il quale, come è noto, presuppone il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto emergenti, una, dalla pronuncia, l’altra, dai documenti ed atti processuali, con assoluta immediatezza e senza necessità di particolari indagini ermeneutiche o di argomentazioni induttive (in termini, Cass. 21199/11 e, più di recente, Cass. 25489/18);
che, infatti, l’errore denunciato dai ricorrenti si risolve, appunto, nel contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto – il deposito del ricorso in opposizione – emergenti, una, dal decreto, che l’ha collocata cronologicamente al 3.6.2015, e, l’altra, dai documenti ed atti processuali, che, secondo i ricorrenti, la collocherebbero cronologicamente, con assoluta immediatezza, al 22.4.15;
che, quindi, il suddetto errore andava fatto valere con il ricorso per revocazione per errore di fatto (art. 395 c.p.c., n. 4) e non costituisce motivo di ricorso per cassazione; donde l’inammissibilità della doglianza;
che, in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza;
che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 risultando dagli atti che il processo è esente dal pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido tra loro a rifondere al Ministero contro ricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019