Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2637 del 03/02/2011
Cassazione civile sez. I, 03/02/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 03/02/2011), n.2637
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28414-2008 proposto da:
C.P. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente
domiciliato in ROMA, V. GIULIA DI COLLOREDO 46, presso l’avvocato DE
PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce
al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il
18/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
03/12/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
FATTO E MOTIVI
Ritenuto che la Corte di appello di Venezia, con decreto del 18 ottobre 2007, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere a C.P. un indennizzo di Euro 2580 per l’irragionevole durata di un procedimento in materia di assegno pensionistico, iniziato davanti alla Corte dei Conti con citazione del 18 gennaio 1998, e concluso con sentenza del 14 marzo 2006, osservando: a) che il giudizio avrebbe dovuto avere durata complessiva di 3 anni, laddove si era protratto, per un periodo di 8 anni, 2 mesi; b) che tale durata eccedeva di anni 5, mesi 2 quella ritenuta ragionevole dalla CEDU; per cui doveva essere liquidato il danno non patrimoniale in misura di Euro 500 per anno.
Che il C., per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso affidato a 2 motivi, con i quali,deducendo violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e degli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU, degli artt. 1223 e 1226 cod. civ. nonchè insufficienza e contraddittorietà della motivazione,ha censurato la decisione nella liquidazione del quantum,non conforme ai parametri indicati dalla Corte europea; e che il Ministero ha resistito con controricorso, osserva:
Le censure che si appuntano sulla insufficienza del ristoro del danno non patrimoniale sono parzialmente fondate.
E’ ben vero, infatti, che il giudice nazionale deve in linea di principio uniformarsi ai parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per i casi simili, salvo il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto.
E nel caso la Corte di appello li ha puntualmente indicati nella modestia della posta in gioco, avendo posto in rilievo che il giudizio presupposto aveva per oggetto modeste differenze nel trattamento pensionistico, nel carattere collettivo del procedimento,nonchè nell’inerzia dimostrata dal ricorrente che non risulta avere sollecitato la trattazione del giudizio: senza alcuna censura al riguardo dello stesso che non ha addebitato alcun errore logico-giuridico al decreto impugnato,lamentando soltanto la modestia dell’indennizzo liquidato nella misura di Euro 500 per ogni anno di durata eccedente quella ragionevole.
D’altra,parte, la Corte CEDU in numerosi giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative,in cui gli interessati non hanno sollecitato in alcun modo la trattazione e/o definizione del processo mostrando sostanzialmente di non avervi interesserà liquidato un indennizzo forfettario per l’intera durata del giudizio che suddiviso per il numero di anni ha oscillato tra gli importi di L. 350,00 e quello di Euro 550,pur se in qualche caso non è mancata una liquidazione superiore (cfr. procedimenti 675, 688 e 691/03;
11965/03). Per cui il collegio,recependo tale indirizzo della Corte di Starsburgo ritiene che l’importo complessivo debba essere fissato in modo da non scendere al di sotto della soglia di Euro 500 annue.
Il decreto impugnato va, pertanto, cassato in relazione alle censure accolte; e poichè non necessitano ulteriori accertamenti il Collegio deve decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. liquidando al C. un indennizzo che tuttavia dati gli elementi avanti evidenziati dalla Corte di appello, viene determinato nella misura complessiva di Euro 4.080 con gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale; nonchè a rifondere al ricorrente le spese processuali. Attesa la sproporzione tra la somma richiesta e quella effettivamente liquidata,il Collegio ritiene di compensare tra le parti la metà di quelle del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte,accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione,cassa il decreto impugnato e,decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.,condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere a C.P. la somma di Euro 4.080,00 con gli interessi dalla data della domanda; lo condanna inoltre al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito in complessivi Euro 875,00, di cui Euro 380,00 per diritti e 445,00 per onorari, e di metà delle spese del giudizio di cassazione liquidate nell’intero in Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari, unitamente al rimborso forfetario delle spese generali ed agli accessori di legge. Dichiara interamente compensata tra le parti la restante metà.
Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2011