Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23036 del 16/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/09/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 16/09/2019), n.23036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26513-2017 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI TRINCI

63, presso lo studio dell’avvocato IZZO CHIARA, rappresentato e

difeso dall’avvocato DI TELLA RAFFAELE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, MASSA MANUELA, CAPANNOLO EMANUELA, VALENTE NICOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 751/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO

LUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 15.6.2017, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la pronuncia di primo grado che, nell’accogliere la domanda di C.G. volta alla pensione d’inabilità civile, aveva compensato interamente le spese di lite sul presupposto della sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni individuate nell’assenza di un orientamento univoco e consolidato all’epoca dell’insorgenza della controversia;

che avverso tale pronuncia C.G. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 92 c.p.c., comma 1, e art. 91 c.p.c., per avere la Corte di merito confermato la pronuncia sulle spese resa in prime cure pur avendo riconosciuto che la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, che aveva risolto il contrasto insorto circa il requisito reddituale utile a conseguire la pensione, risaliva al luglio 2005, ossia ben quattro anni prima dell’instaurazione della presente controversia;

che è consolidato il principio di diritto secondo cui, in tema di spese di lite, le “gravi ed eccezionali ragioni” richieste dall’art. 92 c.p.c., comma 2, (nella formulazione vigente ratione tempotis), non sono determinabili a priori, ma devono essere specificate in via interpretativa dal giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (cfr. da ult. Cass. n. 23059 del 2018);

che, nel caso di specie, la Corte di merito, nel compensare le spese di lite, ha dichiarato di voler prestare ossequio al principio di diritto secondo cui ricorrono gravi ed eccezionali ragioni quando la decisione sia stata assunta in base ad atti o argomentazioni esposti solo in sede contenziosa, a fronte della novità o dell’oggettiva incertezza delle questioni di fatto o di diritto rilevanti nel caso specifico, ovvero dell’assenza di un orientamento univoco o consolidato all’epoca della insorgenza della controversia (Cass. n. 24234 del 2016, cit. a pag. 2 della sentenza impugnata);

che, nondimeno, essendo sorta l’odierna controversia in data 2.11.2009, a seguito del diniego dell’INPS di corrispondere all’odierno ricorrente la pensione d’inabilità relativa a quell’anno per avere egli riscosso nell’anno precedente arretrati a seguito di sentenza, risulta palese la falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, atteso che, come pure riconosciuto dalla sentenza impugnata, le Sezioni Unite di questa Corte avevano composto già con la sentenza n. 12796 del 2005 il contrasto esistente circa la misura della computabilità degli arretrati nel novero del reddito posseduto dagli aventi diritto a prestazioni di assistenza, onde non poteva sostenersi che, all’epoca della proposizione della domanda giudiziale, non vi fosse un orientamento giurisprudenziale univoco e consolidato;

che, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;

che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà sussistenza atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2019

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