Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1498 del 21/01/2011
Cassazione civile sez. II, 21/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 21/01/2011), n.1498
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 12206/2005 proposto da:
I.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA LUIGI RIZZO 41, presso lo studio dell’avvocato OLIVIERI
VITTORIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANNITTO Antonino;
– ricorrente –
contro
G.D. (OMISSIS), N.S.
(OMISSIS), G.M.L. (OMISSIS),
G.G. DECEDUTO E PER ESSO N.S. E G.
D., G.A. (OMISSIS), elettivamente
domiciliati in POMA, VIA DEI GRACCHI 187, presso lo studio
dell’avvocato MAGNANO DI SAN LIO GIOVANNI, rappresentati e difesi
dall’avvocato MAUCERI Salvatore;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 118/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 04/02/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
23/11/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito l’Avvocato OLIVIERI Vittorio con delega depositata in udienza
dell’Avvocato GIANNITTO Antonino difensore del ricorrente che ha
chiesto accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato MAUCERI Salvatore difensore del resistenti che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 15.4.1996 G.G. esponeva che, con preliminare del 16.12.1985, I.C. gli aveva promesso in vendita, per il prezzo di L. 80.000.000 interamente pagato, l’appartamento in corso di rifinitura della palazzina 16 del realizzando complesso turistico denominato (OMISSIS), sito al secondo piano fuori terra e con altra successiva scrittura del (OMISSIS), altro appartamento al piano seminterrato per il prezzo interamente pagato di L. 70.000.000:
aggiungeva che l’ I. si era impegnato alla consegna degli appartamenti liberi da pesi, rifiniti come in progetto, mentre le fabbriche non erano state realizzate compiutamente ed erano difformi dal progetto. Gli immobili erano gravati da pignoramento immobiliare e sequestro conservativo.
Chiedeva la risoluzione per inadempimento con condanna alla restituzione delle somme versate ed ai danni.
L’ I. contestava la domanda.
Espletata ctu, il Giudice unico del Tribunale di Catania, con sentenza 28.6.2000. dichiarava la risoluzione con condanna al pagamento di L. 150.000.000 oltre interessi e spese, decisione confermata dalla Corte di appello di Catania, con sentenza 118/2005, che escludeva la proposizione di nuove domande e di nuove eccezioni in appello nel c.d. nuovo rito e ribadiva la risoluzione per inadempimento e la liquidazione degli interessi.
Ricorre I. con tre motivi, resistono N.S., G.D., A., M.L., rispettivamente coniuge, figli ed unici eredi di G.G., deceduto il (OMISSIS), che hanno anche presentato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si denunzia violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè il mutamento improponibile della domanda si determina solo quando la diversa causa petendi dedotta in appello, essendo improntata su presupposti di fatto e situazioni non prospettate in primo grado, comporta il mutamento dei fatti costitutivi del diritto fatto valere e già in primo grado l’ I. aveva dedotto che non poteva parlarsi di suo inadempimento per vicende giudiziarie della IMCO (fallimento).
Col secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 1218 c.c., perchè l’inadempimento deve essere ritenuto incolpevole se ricorrono circostanze obiettivamente apprezzabili, tali da escludere la colpa.
Col terzo motivo si deduce violazione dell’art. 1282 c.c., perchè la Corte di appello non poteva condannare alla corresponsione degli interessi, dato che l’utilizzo della somma si compensava con la disponibilità degli appartamenti, le censure non meritano accoglimento.
In ordine alla prima la Corte di appello, esaminando il primo motivo di impugnazione, ha rilevato che l’appellante, anche a voler convenire sul punto che non ricorresse una ipotesi di formale cessione ex art. 1406 c.c. (pronuncia sul punto passata in giudicato), aveva sostenuto che il suo adempimento dipendeva da quello dell’appaltatore, tesi denunziata come nuova dall’appellato, perchè in primo grado si era sostenuta la cessione del contratto, rigettata sotto il profilo della mancata adesione dell’appaltatore.
La stessa impostazione del ricorso nella sua premessa in fatto, pagina due, non esclude, anzi conferma, tale prospettazione (riferendosi che “lo I. resisteva alla domanda sostenendo che con i cennati preliminari egli aveva trasferito al G., in relazione ai due cespiti in oggetto, i diritti, le modalità, le condizioni ed i termini contrattualmente pattuiti con la impresa costruttrice soc. IMCO…” che, il G….si era sostituito integralmente a lui, con conseguente suo esonero da ogni responsabilità che non fosse quella relativa alla stipulazione del rogito notarile nel termine convenuto, cioè dopo il rilascio del certificato di abitabilità”).
Donde l’infondatezza della censura, peraltro non autosufficiente non riportando compiutamente l’atto di appello, oltre che contestualmente rivolta ad invocare i vizi di cui all’art. 360, nn. 3 e 5, in violazione della necessaria specificità dell’impugnazione (Cass. 25.11.2008 n. 28066).
Comunque, la Corte di appello, alle pagine nove e dieci, ha dedotto che l’art. 345 c.p.c., nella nuova formulazione vieta la proposizione non solo di nuove domande, già prevista dalla normativa precedente, ma anche l’introduzione di nuove eccezioni, e tale è certamente quella sollevata dalla parte interessata a giustificare il proprio inadempimento nell’addurre l’esistenza di un termine, non ancora scaduto o di una condizione, non verificatasi per fatto addebitabile a terzi, che immette nel giudizio di appello un nuovo ambito di valutazione, ben diverso da quello esaminato dal giudice di primo grado, di cessione del contratto.
Il secondo motivo, a prescindere dalla genericità dell’esposizione che fa carico alla Corte di appello di non aver esaminato tutte le circostanze dedotte, nemmeno indicale, resta assorbito dal rigetto del precedente.
Va rigettato anche il terzo motivo perchè la Corte di appello ha escluso l’utilizzabilità degli immobili, privi del certificato di abitabilità, del sistema di depurazione delle acque e dell’allaccio alla rete elettrica (pagina undici della sentenza).
Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4000,00, di cui Euro 3800,00 per onorari, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011
Sommario
IntestazioneFattoDirittoP.Q.M.
Copia negli appunti