Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1442 del 21/01/2011
Cassazione civile sez. trib., 21/01/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 21/01/2011), n.1442
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 9220 – 2009 proposto da:
T.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA FRANCESCO DE SUPPE’ 24, presso lo studio dell’avvocato
LAZZARA ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DI PEDE
GIUSEPPE FAUSTO, giusta mandato ad litem a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) (Direzione Centrale) in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
nonchè contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 179/2007 della Commissione Tributaria
Regionale di POTENZA del 18.12.07, depositata il 19/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO
ATTILIO SEPE.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Nella causa indicata in premessa, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
“La sentenza impugnata ha ritenuto sussistenti i presupposti dell’accertamento induttivo, sul presupposto dell’impossibilità di conoscere le singole quantità dei prodotti giacenti per omessa istituzione della distinta delle giacenze iniziali e delle rimanenze finali (D.P.R. n. 600 del 1974, art. 15), con conseguente determinazione dei ricavi effettivi sulla base dei quantitativi di materie prime semilavorati e/o prodotti finiti utilizzati.
Ricorre per cassazione il contribuente con un motivo plurimo (art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5); resiste la parte erariale con controricorso.
La censura formulata dal contribuente, avverso la predetta statuizione, si rivela manifestamente infondata, dovendosi confermare il consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui, in tema d’imposte sui redditi d’impresa, deve ritenersi legittimo il recupero a tassazione dei ricavi, induttivamente ricostruiti, per la vendita di merci indicate come rimanenze di magazzino, qualora il contribuente si sia limitato ad enunciare il valore globale di esse, non ottemperando all’onere della loro specificazione distinta per categorie omogenee di beni (Cass. sez. trib. 14.12.2001 n. 15863;
23.6.2003 n. 9946; 16.10.2006 n. 22174, conformi alle precedenti Cass. n. 11515/97 e 1511/00). La decisione impugnata è in linea con il consolidato orientamento secondo cui la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico – induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza e del comune buon senso. In tali casi è, pertanto, consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici – purchè gravi, precise e concordanti -, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass. 6337/02, 1711/07, 26130/07) Essa peraltro ha tenuto in debito conto il valore indiziante del consumo di materie prime: secondo Cass. n. 11093 del 2008, questo costituisce un fatto certo e noto da cui è legittimo dedurre per presunzione con accertamento analitico sintetico l’esistenza di un proporzionale giro d’affari.
Senza contare che il quesito formulato è generico, tautologico e non contiene alcun accenno alla fattispecie concreta all’esame della Corte; si riferisce,inoltre, solo alla parte della censura coinvolgente l’asserita violazione del regime dell’onere probatorio e manca del momento di sintesi rispetto a pretesi e non meglio specificati vizi motivazionali”.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.
Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermati i principi di diritto sopra richiamati, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.100= di cui Euro 1.000= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011