Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22781 del 12/09/2019

Cassazione civile sez. II, 12/09/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 12/09/2019), n.22781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21962/2015 proposto da:

F.G., rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE

PAGANO;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA SCROFA,

64, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CELLAMARE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENATO LA ROSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 847/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/05/2015.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.G. propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria – fuori termine – contro P.G. e S.G., che resistono con distinti controricorsi, il primo dei quali illustrato da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 19.5.2015, che, in accoglimento dell’appello di questi ultimi, ha rigettato la domanda di risoluzione del preliminare del 27.4.2007 avanzata dal F. e, in accoglimento delle riconvenzionali degli appellanti, ha trasferito da costoro al F. la proprietà dell’immobile in (OMISSIS) in catasto al f. (OMISSIS) p.lla (OMISSIS), ordinando la trascrizione e condannando il F. a pagare Euro 55.000 oltre interessi e spese.

Il Tribunale aveva accolto la domanda di risoluzione condannando i promittenti venditori al doppio della caparra pari ad Euro 20.000 oltre interessi ed ai danni in Euro 1500 mentre la Corte di appello ha valorizzato la circostanza che le trascrizioni esistenti non erano pregiudizievoli in quanto a favore di P.G., donde l’accoglimento della riconvenzionale ex art. 2932 c.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Parte ricorrente denunzia: 1) violazione degli artt. 189,352,101 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., per la trattazione della causa in orario antecedente l’ora calendata delle 11, come riconosciuto anche dal procuratore dell’appellante; 2) nullità della sentenza per difetto di costituzione del collegio e violazione degli artt. 158 e 161 c.p.c., perchè l’udienza del 30.6.2014 era stata rinviata per assenza del relatore (Presidente), nella successiva del 15.12.2014 il relatore era diverso dal Presidente, il difensore era assente e l’espressione “sulle conclusioni delle parti precisate come in atti”, contenuta in sentenza si riferisce a quelle precisate in precedenza davanti alla Corte in composizione diversa; 3) violazione degli artt. 1366,1489,1455 c.c., omessa applicazione del principio di diritto di affidamento nell’altrui dichiarazione di garanzia non rispondente al vero, omessa motivazione, lamentando che la Corte di appello ha posto a fondamento della decisione l’omessa indagine del promissario acquirente circa la natura delle trascrizioni, sintomo della insussistenza della sua buona fede; 4) violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, dell’art. 1457 c.c., stante la avvenuta scadenza del termine essenziale, omessa motivazione; 5) violazione degli artt. 91 c.p.c. e segg. e contraddittorietà della sentenza per aver affermato la solidarietà attiva degli appellanti e la liquidazione delle spese per ciascuno.

Ciò premesso, si osserva:

I profili processuali trattati nel primo e secondo motivo consentono la trattazione congiunta.

E’ pacifico che le parti hanno precisato le conclusioni, che l’udienza è stata rinviata per impedimento del relatore ed introitata ad una successiva udienza con un diverso collegio, con scambio di conclusionali e repliche.

Stando così le cose, non si comprende nè si indica quale concreto pregiudizio o violazione del diritto di difesa si siano verificati, tanto più che per la udienza successiva non è dimostrata una anticipazione dell’ora calendata che, in astratto, avrebbe potuto comportare la nullità (Cass. n. 17847/2017). Di certo sulla valenza probatoria degli atti processuali, non può far premio, come sembra ritenere il ricorrente, in contenuto di una memoria presentata nel giudizio di merito da altro difensore, anch’egli evidentemente interessato a giustificare la mancata partecipazione all’udienza.

Deve poi rilevarsi che la giurisprudenza invocata dal ricorrente si riferisce all’ipotesi che il verbale indichi la precisazione delle conclusioni davanti al un Collegio e, nella stessa udienza, la causa sia decisa da un Collegio diverso, mentre, come prospettato, nella fattispecie, la causa è stata rinviata ad altra udienza ed introitata sulle conclusioni della parte presente.

La terza censura non attinge la ratio decidendi decisiva ed assorbente della inesistenza di trascrizioni pregiudizievoli in quanto a favore dell’appellante, nè vi è omessa motivazione.

A seguito della riformulazione della norma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è denunciabile in cassazione solo l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257, Rv. 632914).

Il vizio motivazionale previsto dell’art. 360 c.p.c., n. 5), pertanto, presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico.

Sotto altro profilo, come precisato dalle Sezioni Unite, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione (S.U. n. 8053/2014).

Può essere pertanto denunciata in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Nel caso di specie non si ravvisano nè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nè un’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.

La Corte d’appello, infatti, ha deciso la controversia sulla base delle risultanze, congruamente delibate.

Il quarto motivo, che sembra prospettare una questione nuova, non tiene conto, comunque, della giurisprudenza sulla essenzialità del termine e della tempestività della riconvenzionale. Normalmente il termine non è essenziale tranne che non risulti inequivocabilmente dalla volontà delle parti (Cass. 12.6.2007 n. 3645, Cass. 3.3.1995 n. 2347 ex multis).

Il quinto motivo sulle spese è infondato attesa la soccombenza e non vi è contraddittorietà tra l’affermata solidarietà attiva che attiene al profilo sostanziale e la liquidazione per ciascuna parte stanti le distinte posizioni processuali.

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna parte ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4.500,00 per S. ed Euro 6.000,00 per P., oltre 200 per esborsi in favore di ciascun controricorrente, oltre accessori e spese forfettarie nel 15%, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019

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