Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 994 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 17/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 17/01/2011), n.994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6263-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

NOVACHEM SRL (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA VENEZIA 11, presso

ASSONIME, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PENNELLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato FREDA VALERIO, giusta procura

speciale a lite a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di NAPOLI – Sezione Staccata di SALERNO del 17.1.08, depositata il

21/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MERONE;

udito per la controricorrente l’avv. Valerio Freda che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio:

Letti gli atti del ricorso specificato in epigrafe;

Vista e condivisa la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. nella quale si legge:

“L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la Novachem srl per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso la società intimata.

Con la sentenza impugnata, la CTR ha confermato la decisione di primo grado, con la quale i primi giudici hanno accolto il ricorso della società avverso un avviso di recupero del credito di imposta (notificato il 16 luglio 2004) previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 8.

Con il primo motivo di ricorso, vengono denunciati contemporaneamente, e perciò contraddittoriamente, vizi di omessa, insufficiente ed illogica motivazione sulla ricostruzione dei fatti in base ai quali è riconosciuto il diritto al credito di imposta. In motivo è inammissibile perchè ipotizzando una pluralità di vizi di motivazione, per evitare l’eccezione della contraddittorietà della censura (motivazione omessa non può essere insufficiente e tanto meno contraddittoria), avrebbe dovuto specificare punto per punto i fatti sui quali la motivazione è stata omessa, è stata formulata in maniera insufficiente o addirittura contraddittoria. Per ciascun vizio avrebbe dovuto poi essere formulato uno specifico quesito sintesi (v. Cass. 2652/2008). Ma il motivo è ulteriormente inammissibile per carenza di autosufficienza: l’ufficio non chiarisce dove e come ha prospettato dinanzi ai giudici di appello gli argomenti in relazione ai quali i giudici di appello avrebbero redatto una motivazione carente o contraddittoria.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, in relazione al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67, 68, 74 e 75 TUIR (nel testo vigente ratione temporis), l’Agenzia ricorrente chiede alla Corte di sapere se anche l’esecuzione di opere incrementative su beni altrui che non siano rimuovibili ed asportabili possa fare nascere il diritto al credito d’imposta. Anche questo secondo motivo appare inammissibile perchè prescinde dalla ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale afferma in punto di fatto, contrariamente all’assunto della ricorrente, che l’opera in questione è costituita dalla realizzazione di un ammezzato, che non è incorporato ma solo assemblato in un immobile di terzi – essendo costituito da immobili in alluminio e travi di ferro rimuovibili – e che pertanto può essere agevolmente asportato ed essere ricollocato in altro e diverso immobile. Il quesito, dunque, pone il problema giuridico sulla base di un presupposto di fatto che non trova corrispondenza nella ricostruzione effettuata dai giudici di appello ed è quindi inammissibile perchè inidoneo a rimuovere la decisione impugnata”;

Considerato che la relazione è stata notificata ai sensi dell’art. 308 bis c.p.c., comma 3, che la discussione in camera di consiglio non ha apportato nuovi elementi di valutazione e che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con aggravio di spese a carico della ricorrente, liquidate come da dispositivo, per il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro milleseicento/00, di cui Euro millecinquecento/00 per onorario, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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