Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1124 del 21/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 1124 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 10233-2008 proposto da:
I CASTELLARI DI BRIZZI LUIGI & C. S.A.S. , in persona
del legale rappresentante pro-tempore Signor LUIGI
BRIZZI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G.
MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato GRASSO
4

2013

ROSA ALBA,

rappresentata

e difesa dall’avvocato DEL

BENE PATRIZIA giusta d819ga in atti;
– ricorrente –

2317

contro

BERARDI ITALO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato CARDINALI

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Data pubblicazione: 21/01/2014

MARCO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato RAMALLI ROLANDO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 344/2007 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 28/02/2007 R.G.N. 979/03;

udienza

del

06/12/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato ROSA ALBA GRASSO per delega;
udito l’Avvocato MARCO CARDINALI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 28 febbraio

2007, la Corte d’Appello di Firenze ha accolto solo parzialmente
l’appello proposto dalla società I Castellari di Brizzi Luigi &
C. s.a.s. nei confronti del dott. Italo Berardi avverso la

Il Tribunale era stato adito dalla predetta società, la quale
aveva citato il dottor Berardi con opposizione ex art. 645 cod.
proc. civ. avverso il decreto ingiuntivo con cui quest’ultimo
aveva intimato il pagamento della somma complessiva di lire
20.814.261, oltre interessi e spese, quale corrispettivo per
prestazioni professionali di commercialista svolte in favore
della società. L’opponente aveva dedotto di avere corrisposto,
in adempimento dell’obbligazione vantata dal Berardi nei
confronti della società, la maggiore somma di lire 33.440.000;
aveva contestato le voci per sessioni e trasferte fuori sede
indicate nelle notule; aveva quindi svolto una domanda di
condanna dell’opposto al pagamento della somma di lire
150.000.000 a titolo di risarcimento danni per responsabilità
per inadempimento quale consulente contabile, essendo state
irrogate alla società delle sanzioni a causa di irregolarità
emerse in sede di verifica da parte dell’Ufficio IVA.
1.1.- L’opposto si era costituito in giudizio ed aveva sostenuto

che i pagamenti dedotti dalla società erano invece riferibili a
prestazioni da lui effettuate in favore dei singoli soci; che le
somme esposte nelle notule erano dovute anche per sessioni e

3

sentenza del Tribunale di Firenze del 14 marzo 2002.

trasferte fuori sede; che nessuna responsabilità poteva essergli
ascritta per le sanzioni irrogate dall’ufficio IVA posto che la
contabilità era stata redatta sulla base dei documenti forniti
dalla società.
1.2.- Il Tribunale aveva accolto solo parzialmente l’opposizione

motivo di opposizione relativo alle voci esposte per trasferte
fuori sede, che aveva ridotto della metà; aveva rigettato
l’altro motivo di opposizione e la domanda di risarcimento danni
avanzata dall’opponente; aveva perciò revocato il decreto
ingiuntivo e condannato la società al pagamento della somma di C
10.341,15, oltre interessi, e dei tre quarti delle spese di
lite, con compensazione del quarto restante.
2.- Proposto appello da parte della società e costituitosi anche
in appello il dottor Berardi, la Corte d’Appello ha accolto
l’appello limitatamente al motivo concernente la non debenza
delle voci per sessioni e trasferte fuori sede, nemmeno nella
misura della metà riconosciuta dal primo giudice, ha confermato
nel resto la sentenza impugnata ed ha condannato la società
appellante al pagamento della somma di C 9.513,17, oltre
interessi dalla domanda al saldo, e dei tre quarti delle spese
dei due gradi di giudizio, con compensazione del quarto
restante.
3.- Avverso la sentenza la società I Castellari di Brizzi Luigi
& C. s.a.s. propone ricorso affidato a due motivi.
L’intimato si difende con controricorso, illustrato da memoria.

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a decreto ingiuntivo, ritenendo parzialmente fondato soltanto il

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorso è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi,

al regime dell’art. 366 bis cod. proc. civ. (inserito dall’art.
6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, ed abrogato
dall’art. 47, comma l, lett. d, della legge 18 giugno 2009 n.

della sentenza impugnata

(28 febbraio 2007).

Col primo motivo di ricorso si denuncia << violazione dell'art. 1193 cc in relazione all'art. 2697 cc. Omessa e/o errata motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 cpc)>>.
Il motivo è assistito dal seguente quesito di diritto:
«dica la Corte se il capo della sentenza che ha confermato
l’importo del credito per prestazioni professionali richiesto
dal dott. Berardi nei confronti della Società I Castellari di
Brizzi Luigi e C. s.a.s., senza procedere alla imputazione degli
assegni emessi personalmente dal Sig. Luigi Brizzi a favore
dello stesso Berardi, ritenendolo persona diversa dal debitore,
abbia violato il disposto dell’art. 1193 cc>>.
1.1.-

Col secondo motivo di ricorso si denuncia << violazione dei principi che regolano l'onere della prova e di quelli in materia di responsabilità contrattuale. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1453 cc in relazione agli artt. 1218 e 2697 cc. Nonché errata e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 n. 5 cpc)>>.
Il motivo è assistito dal seguente quesito di diritto:

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69), applicabile in considerazione della data di pubblicazione

«dica la Corte se sia stato violato 11 principio della
ripartizione dell’onere della prova in materia di inadempimento
contrattuale nella parte della sentenza che ha respinto la
domanda risarcitoria della Società I Castellari nei confronti
del Dott. Italo Berardi per l’inesatto adempimento del contratto

2.

Entrambi i quesiti di diritto risultano

formulati in

violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., con riferimento ai
denunciati vizi di violazione di legge.
Essi, infatti, sono espressi in modo tale da non precisare le
questioni di diritto sottoposte all’esame della Corte, poiché
assolutamente generici e senza alcun concreto riferimento a
quanto affermato nella sentenza impugnata, mancando la
giustapposizione -ritenuta necessaria da diversi precedenti (tra
cui Cass. n. 24339/08, n. 4044/09), che qui si ribadiscono- tra
la

ratio decidendi

della sentenza impugnata e le ragioni di

critica sollevate. Essi non consentono a questa Corte
l’individuazione degli errori di diritto che la ricorrente
intende denunciare con riferimento alla fattispecie concreta né
l’enunciazione di una

regula iuris

applicabile anche in casi

ulteriori rispetto a quello da decidere, poiché di tale caso e
delle questioni che esso pone non è fornita valida sintesi
logico-giuridica (cfr., per la funzione riservata ai quesiti di
diritto, tra le altre Cass. S.U. n. 26020/08 e n. 28536/08).

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di prestazione d’opera professionale>>.

3.

In realtà, l’inadeguata formulazione dei quesiti di diritto

è anche conseguenza del fatto che entrambi i motivi di ricorso,
per come si evince dalla relativa illustrazione, non
presuppongono tanto i denunciati vizi di violazione di legge,
quanto piuttosto lacune motivazionali in punto, rispettivamente,

dell’inadempimento (secondo motivo).
In sintesi, col primo motivo si lamenta che la Corte
territoriale avrebbe erroneamente valutato le risultanze
documentali in ragione delle quali i pagamenti effettuati da
Luigi Brizzi avrebbero dovuto essere imputati alle prestazioni
professionali tenute dal dott. Berardi in favore della società
oggi ricorrente, della quale il Brizzi era socio accomandatario,
e non alle prestazioni professionali tenute dallo stesso
commercialista in favore del Brizzi, quale persona fisica ed in
proprio, piuttosto che come rappresentante della società.
Col secondo motivo si lamenta che la Corte territoriale non
avrebbe tenuto nel debito conto le risultanze istruttorie in
favore della società appellante e comunque le richieste
istruttorie della medesima, onde provare l’inadempimento o
l’inesatto adempimento da parte del commercialista nella tenuta
della contabilità.
Si tratta all’evidenza di doglianze che, a prescindere o meno
dalla fondatezza nel merito, appaiono astrattamente
riconducibili al disposto dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
(nel testo applicabile ratione temporis).

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di imputazione dei pagamenti (primo motivo) e di prova

Orbene, malgrado la rubrica di entrambi i motivi contenga
espresso riferimento alla norma da ultimo citata ed al vizio di
omessa e/o errata motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, nessuno dei due contiene il momento
di sintesi richiesto dalla norma dell’art. 366

bis,

seconda

giurisprudenza di questa Corte, che qui si ribadisce (cfr. Cass.
S.U. n. 20603/07, secondo cui, in tema di formulazione dei
motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti
pubblicati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006,
n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, poiché secondo l’art. 366

bis

cod. proc. civ.,

introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5
cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun motivo deve
contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del
fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a
giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere,
un momento di sintesi -omologo del quesito di diritto- che ne
circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare
incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione
della sua ammissibilità; nello stesso senso, tra le altre, Cass.
n. 24255/11).
I motivi sono perciò inammissibili anche nella parte in cui
denunciano il vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.

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parte, cod. proc. civ., così come interpretata dalla

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.
Per questi motivi

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la società

che liquida, in favore di Italo Berardi, nell’importo
complessivo di C 3.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre
accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2013.

ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,

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